Ingegneri del suono staliniano: Boris Asaf’ev e l’eredità di Boleslav Javorskij

Autori

  • Carlo Bianchi

Abstract

Le teorie di Boris Asaf’ev esposte nel trattato La forma musicale come processo (due volumi editi rispettivamente nel 1930 e nel 1947) costituiscono la pietra angolare della musicologia sovietica. Asaf’ev offre mezzi teorici per una peculiare analisi delle forme musicali, presenti e passate, nell’ambito di una semiosi che si accorda con i principi del realismo socialista. Sfruttando il concetto di “intonazione”, desunto da Boleslav Yavorskij, egli definisce una processualità della forma musicale in quanto fenomeno socialmente determinato, basato sui principi del materialismo dialettico marxista-leninista, e quindi su una certa concezione psicologica del rapporto fra i suoni che all’inizio degli anni Trenta favoriva interpretazioni neo-romantiche in senso stalinianao/zdanoviano come quella di Viktor Gorodinskij [1933].

Asaf’ev concluse la prima fase della sua trattazione proprio quando il sistema sovietico della NEP anni Venti si stava trasformando in regime totalitario stalinista. Il secondo volume invece venne elaborato durante la seconda guerra mondiale. Il mio intervento intende mettere in rilievo da un lato il ruolo che l’ambiente resistenziale della Grande guerra patriottica ebbe nella seconda formulazione del trattato. D’altronde, anche grazie al prezioso volume italiano di Nicola Boicenco [1928], intendo chiarire il rapporto fra il primo volume e le precedenti teorie di Yavorskij, oggetto di un severa critica ideologica durante una conferenza a Mosca nel febbraio 1930.

Pubblicato

2017-12-31

Come citare

Bianchi, C. (2017). Ingegneri del suono staliniano: Boris Asaf’ev e l’eredità di Boleslav Javorskij. Analitica. Rivista Online Di Studi Musicali, 10(1). Recuperato da https://lnx.gatm.it/analiticaojs/index.php/analitica/article/view/99

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