Christopher Hasty, Meter as Rhythm [Metro come Ritmo], Oxford University Press, New York & Oxford, 1997.
Abstract
Quando, nell’undicesimo libro delle Confessioni, S. Agostino si interroga circa la natura del tempo, individua un problema linguistico in senso forte, dove il linguaggio non costituisce una semplice etichetta da attaccare agli eventi ma un modo di entrare in relazione con essi e conoscerli. Quando qualcuno gli domanda cosa sia il tempo, egli non lo sa, cioè non sa come spiegarlo e gli mancano le parole per esprimere qualcosa che, quando nessuno glielo chiede, egli conosce. Come possiamo esprimere il fluire del tempo? Come possiamo dire il tempo e dar voce a una profonda esperienza cognitiva del divenire e della relazione che noi stabiliamo con esso?
Queste domande costituiscono le basi del libro di Christopher Hasty. Il suo punto di partenza è la considerazione che, sopprimendo la creatività e la novità dell'effettiva esperienza musicale, l’astrazione dell’analisi tradisce la natura temporale della musica. Al contrario, Hasty vuole prendere in considerazione questa natura temporale e "cercare dei modi di parlare dell’aspetto evanescente della musica, sviluppando concetti che catturino tanto la determinatezza quanto l’indeterminatezza degli eventi al loro passaggio" (p. vii).