Roma alla fine del '500, il madrigale, l'invenzione di nuovo diletto
Parole chiave:
madrigale, scuola romana, marenzio, giovannelli, contrappunto, armoniaAbstract
La ricerca è avviata da una memoria del marchese genovese Vincenzo Giustiniani: come noto, negli anni ’20 del Seicento, Giustiniani ricordava che a Roma, sul finire del secolo precedente, si affermò uno stile nuovo del madrigale, la cui «nuova aria et grata» si legava all’uso di alcune «fughe facili e senza straordinario artificio». Anthony Newcomb ha confermato la sostanziale correttezza del ricordo di Giustiniani e ha individuato alcune tecniche contrappuntistiche – nei madrigali soprattutto di de Macque, Marenzio e Giovannelli – che furono in grado di realizzare la semplificazione evocata da Giustiniani; tale semplificazione, secondo lo studioso americano, ebbe l’effetto di incrementare l’importanza dell’armonia, contribuendo all’evoluzione, in questa direzione, dello stile musicale di quel periodo.
Tramite l’analisi di un madrigale di Ruggero Giovannelli, il presente studio mette in luce come le connessioni sintattiche del tessuto imitativo potessero essere ottenute anche restando all’interno delle tecniche contrappuntistiche; in particolare, l’uso di suoni persistenti – in rilievo all’ascolto e rilevanti anche con riguardo alle proiezioni cadenzali – riusciva ad aggregare i disegni imitativi, riducendoli all’interno di un unico campo sonoro e favorendo la percezione sintattica del discorso musicale. Il concetto di aggregazione si realizzava quindi sia sul piano armonico (come ha notato Newcomb), che a prescindere da esso.
Estendendo lo sguardo al panorama degli autori attivi a Roma in quei decenni, è possibile notare come non tutti avessero aderito alle stesse tendenze. Questo, probabilmente, è da mettere in relazione con le differenti circostanze d’uso del madrigale, che le molte corti della Città pontificia ammettevano al suo interno.