Revolution 9. John Lennon, Yoko Ono e l’avanguardia ad Abbey Road
Abstract
Revolution 9, incursione di John Lennon nel campo della musica concreta, è probabilmente l’opera musicale d’avanguardia più diffusa al mondo, non fosse altro che per il fatto di essere inserita nel celebre White Album dei Beatles. Il 1968 è un anno cruciale anche per la band di Liverpool: il viaggio in India, la nascita della Apple, le crisi spirituali e individuali, la meravigliosa frammentazione dell’Album Bianco. Il legame tra John Lennon e Yoko Ono diventa inscindibile, con conseguenze anche artistiche. Catalizzando uno slancio sperimentale già stimolato da Paul McCartney nel biennio precedente, l’artista giapponese fa da ponte tra Lennon e l’avanguardia della seconda metà degli anni Sessanta, inducendo inoltre il Beatle a rafforzare la sua idea di arte soggettiva.
Revolution 9 è chiaramente debitrice delle esperienze di Stockhausen, Cage e Berio, ma è la stessa opera sperimentale dei Beatles del periodo 1966-’68 a fungere da contesto. A dimostrazione di un innato senso della forma che caratterizza la band anche nelle sue digressioni più estreme, l’analisi di questo brano rivela una struttura musicale ben più definita di quanto si possa pensare al primo ascolto.
«Quadro sonoro della rivoluzione» nelle intenzioni del suo autore, Revolution 9 è una vibrante metafora degli eventi di quel periodo. Per tale ragione essa deve essere considerata, almeno socio-culturalmente, tra le opere più significative dei Beatles. Come molti dei loro brani, Revolution 9 reclama un giudizio fondato sui suoi termini peculiari, che riflettono stili e linguaggi tanto contemporanei quanto tradizionali, senza appartenere esclusivamente a nessuno dei due mondi.