Processo compositivo, improvvisazione collettiva e post-produzione musicale in Pharaoh's Dance di Miles Davis: una proposta di analisi
L'articolo ha come oggetto d'analisi “Pharaoh's Dance”, brano d'apertura di Bitches Brew (1970) di Miles Davis, album considerato come una sorta di manifesto di un nuovo genere musicale: il jazz-rock, o fusion. Si propone un sistema grafico di analisi parallelo alla trascrizione del dato sonoro in forma di partitura e all'analisi melodica, armonica e ritmica. Vengono presentati cinque grafici, tutti orientati secondo la linea temporale del brano, di cui due in particolare – “dinamica generale” e meccanismo di “tensione e rilascio” – prendono in esame i parametri che sono in grado di costituire un punto di riferimento uditivo e che definiscono maggiormente la musica di “Pharaoh's Dance”. Si tratta di una musica caratterizzata dall'assenza di una struttura formale e tematico/armonica convenzionale, e dalla presenza costante di un alto livello di interazione e improvvisazione tra i musicisti. È anche una musica costruita attraverso un processo complesso, e in più fasi, di ibridazione di stili musicali, recupero di elementi “tradizionali” e adozione delle più moderne tecniche di registrazione multitraccia e manipolazione del suono su nastro magnetico. I grafici sono stati realizzati con lo scopo di rendere “leggibile” la musica e permettere quindi una comparazione sinottica tra i diversi parametri e le componenti musicali e strutturali del brano.
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1. Premessa
Il 1969 è stato uno degli anni dello scorso secolo in cui si sono succedute con particolare intensità una quantità notevole di innovazioni ed esplorazioni, tecnologiche e scientifiche, avvenimenti sociali, politici e culturali come risultante dell'incontro e, inevitabilmente, dello scontro, tra differenti aspirazioni e visioni del mondo. Queste hanno contribuito, nei più diversi ambiti della conoscenza umana, alla definizione di nuove prospettive e concezioni, spesso in forma di fusione o ibridazione tra due o più precedenti eterogenei, come risultante o conseguente fase di “rilascio”, di un processo di accumulo, integrazione e sintesi. Eventi come l'allunaggio dell'Apollo 11 (20-21 luglio), il primo collegamento remoto tra computer (29 ottobre), gli scontri iniziati nel bar Stonewall Inn di New York tra polizia e avventori omosessuali e transessuali la notte tra il 27 e 28 giugno, e la storica marcia del 15 novembre contro la guerra in Vietnam, vanno considerati come espressione parallela, e di influenza, di quello che di rivoluzionario e archetipico stava succedendo anche in ambito prettamente musicale. Se il 30 gennaio del 1969, con i Beatles che si esibiscono dal vivo per l'ultima volta nel loro iconico e “imprevisto” roof top concert, si assiste a quella che sembra la chiusura di un ciclo, con l'uscita di Space oddity di David Bowie (11 luglio), In the court of the Crimson King dei King Krimson (5 ottobre) e Hot Rats di Frank Zappa (10 ottobre), ma se ne potrebbero aggiungere molti altri, si ha la testimonianza tangibile di quelle istanze di riforma, allargamento delle prospettive e dei confini, in un contesto di forte ibridazione tra differenti generi e tradizioni musicali. Ma l'evento musicale di gran lunga più noto e dirimente è stato il raduno di Woodstock del 15-17 agosto, che si conclude a soli due giorni dalla registrazione di Bitches Brew di Miles Davis, album che insieme al precedente In a Silent Way viene considerato come una sorta di manifesto di un nuovo genere musicale, il jazz-rock, o come verrà più tardi chiamato, fusion.
Il jazz-rock non fu un genere inventato dal nulla da Miles Davis,1 esistevano infatti già diverse realtà sperimentali,2 presenti soprattutto in Inghilterra ma anche negli Stati Uniti, dalle quali Davis attinse sia degli spunti musicali che alcuni dei musicisti pionieri nella fusione tra rock, jazz, rhythm and blues, funk e musica “etnica”. Tra questi figura circa metà della piccola orchestra che prese parte alla registrazione di Bitches Brew: il batterista Jack DeJohnette, i bassisti Harvey Brooks e Dave Holland, il chitarrista John McLaughlin e i tastieristi Joe Zawinul e Larry Young.
La ricezione di Bitches Brew non fu certo di marca univoca nel riconoscere il valore sia sperimentale che “storico” del disco e la sua comparsa causò non pochi trambusti. Ci furono infatti diversi detrattori, soprattutto tra critici musicali, appassionati di jazz ed esponenti dell'intelligentia afro-americana3 che, armati di un ardente spirito misoneistico, criticarono ferocemente le scelte di Davis, accusandolo di essersi venduto all'industria discografica e di aver tradito e svilito la musica jazz e la cultura afro-americana in genere (Grella Jr, 2019, 112). Ci furono però, allo stesso tempo, critici e commentatori (come Langodn Winner, Robert Christgau e Carman Moore) che, pur riconoscendo le difficoltà di ascolto e assimilazione della musica presente su Bitches Brew, dovute al fatto che si trattava di un qualcosa di inedito a cui nessuno, neanche gli stessi musicisti e tantomeno il pubblico, era abituato, riconobbero immediatamente la portata rivoluzionaria e l'altissimo livello musicale espresso nel disco, nonché le sue profonde connessioni con altri stili musicali (ivi, 113-115). Il pubblico, soprattutto quello giovane, più interessato alle novità musicali, orientato verso le sonorità rock e, spesso, verso la fruizione della musica con l'ausilio di sostanze stupefacenti, accolse con favore la novità davisiana, trasformando Bitches Brew in uno dei dischi “jazz” più venduti di tutti i tempi.
2. La Fusion di Miles Davis
La fusion di Miles Davis, come prodotto musicale, non può essere ridotta entro i confini stringenti di una denominazione di genere o stile, poiché rappresenta la sintesi di un nuovo modo di “comporre” la musica come processo che ingloba diversi fattori: la scelta dei musicisti, quella del materiale da registrare e il suo “trattamento” in fase di registrazione; la scelta di utilizzare l’improvvisazione collettiva come elemento generatore; l’adesione a un’idea di tempo circolare e non lineare, ormai lontana dai contesti musicali occidentali; e non da ultimo la tecnologia e la tecnica di registrazione e poi editing sonoro nella fase di post-produzione musicale.
Il brano Pharaoh's Dance, apertura di Bitches Brew e oggetto specifico di analisi di questo articolo, è stato realizzato attraverso questo nuovo modo di produrre e registrare musica, che rappresenta per Davis lo sviluppo di un percorso che ha avuto inizio già dal 1959 con Kind of Blue, ed è proseguito, soprattutto nella seconda metà degli anni Sessanta, parallelamente ad un'opera di “appropriazione”4 di elementi musicali non propriamente jazzistici, al fine di utilizzarli come innesti per rinnovare e ampliare i confini della propria musica. L'appropriazione, come già accennato, riguarderà diversi parametri musicali, strumentali e tecnologici, e arriverà alla piena realizzazione artistica e discografica con l'uscita di In a Silent Way (luglio 1969) e Bitches Brew (marzo 1970).
Negli album precedenti – registrati in studio nel periodo 1965-68: E.S.P., Miles Smiles, Sorcerer, Nefertiti, Miles in the Sky e Filles de Kilimanjaro, – Davis ha mostrato chiaramente la tendenza ad allontanarsi progressivamente da una concezione musicale più “tradizionale” del jazz, legata a una strutturazione armonico-formale vicina alla forma-canzone (Gluck, 2020, p. 32), e a spogliare gradualmente la sua musica dalla sintassi dell'armonia tonale, per spostarsi, attraverso l'utilizzo del pedale armonico (o di un'ostinato) e dell'armonia modale, verso un'espressività più legata al ritmo.5
È interessante notare, anche con fini analitici, come con le sessioni di registrazione dei due dischi del 1969 Miles Davis trasferisce in studio il modo in cui venivano affrontate le performance live dai suoi gruppi, dove i brani venivano eseguiti in un flusso continuo che aveva poche interruzioni e nessuna durata prestabilita e il materiale musicale veniva trattato “in continuo divenire”. In questo modo la ricerca melodica dell'improvvisatore risultava svincolata dalla costrittiva ripetizione del giro di accordi, e una parte importante dell'invenzione musicale veniva così affidata al gruppo nel suo insieme piuttosto che al singolo solista.
Con In a Silent Way e Bitches Brew, attraverso la pratica dell'improvvisazione collettiva, i processi concomitanti di composizione e improvvisazione diventano parte costitutiva di una visione artistica che non solo lascia spazio all'improvvisazione (solistica) dei musicisti, ma si prefigge di utilizzarla (collettivamente), sia come mezzo generatore di “originalità” che come strumento in grado di dare una struttura formale a un brano.
L'elaborazione in studio di diversi frammenti musicali per lo più sconosciuti ai musicisti, e che sarebbero stati poi assemblati con il contributo fondamentale di Teo Macero,6 poggiava sullo stesso principio di sviluppo estemporaneo della performance dal vivo ma con la sostanziale differenza che in studio c'era la possibilità di interrompere, ripetere e modificare alcuni momenti dell'esecuzione. Il tutto sotto la “direzione musicale di Miles Davis,”7 che guidava in questo modo le scelte e le intuizioni dei singoli musicisti.
Il lavoro di post-produzione del materiale registrato serviva poi per raffinare e assemblare l'insieme dei frammenti grezzi, e per ricavarne un prodotto discografico che manteneva intatta la carica emotiva generata in un contesto di improvvisazione collettiva.
3. Bitches Brew
Bitches Brew8 è stato registrato nello Studio B della Columbia Records nelle tre giornate del 19, 20 e 21 agosto 1969, da un ensemble composto da 13 elementi:9 Jack DeJohnette e Lenny White, batteria; Don Alias, congas; Juma Santos (Jim Riley), shaker e percussioni; Dave Holland, contrabbasso; Harvey Brooks, basso elettrico; Joe Zawinul, Larry Young e Chick Corea, piano elettrico; Bennie Maupin, clarinetto basso; John McLaughlin, chitarra elettrica; Miles Davis, tromba; Wayne Shorter, sax soprano.
La prima edizione del doppio album (marzo 1970) era così divisa:10
Disco 1:
- lato a: Pharaoh's Dance (20:04)
- lato b: Bitches Brew
Disco 2:
- lato a: Spanish Key (17:32), John McLaughlin (4:22)
- lato b: Miles Runs the Voodoo Down (14:01), Sanctuary (10:56)
Per tutti e tre i giorni di registrazione, escluse delle brevi pause, Miles Davis e Teo Macero fecero scorrere il nastro magnetico e accumularono il materiale da utilizzare poi per montare ciascun brano. Per Pharaoh's Dance, il più complesso dei sei brani, la registrazione – iniziata il primo giorno ma poi rimandata al terzo ed ultimo, proprio per cercare di venire a capo delle difficoltà e per dare tempo ai musicisti di costruire un più solido e sicuro interplay – fu condotta dall'autore delle parti scritte, Joe Zawinul, e da Davis (Merlin & Rizzardi, 2022, pp. 158-163 e 195, 205), attraverso la progressiva presentazione ed elaborazione della partitura, nel tentativo di cogliere, approfondire e guidare le intuizioni estemporanee dei musicisti.11
Così io dirigevo come un maestro, una volta cominciato a suonare, e buttavo giù un po' di musica o dicevo all'uno o all'altro di suonare le varie cose che cominciavo a sentire a mano a mano che la musica cresceva, che diventava un insieme. Era una cosa molto rigida e molto sciolta nello stesso tempo. Eravamo disinvolti ma attenti, tutti quanti erano concentrati sulle differenti possibilità che la musica offriva. Mentre si sviluppava, sentivo qualcosa che potevo estendere o tagliare. Insomma, questa registrazione fu uno sviluppo del processo creativo, una composizione vivente. (Davis & Troupe, 2001, pp. 387-88)
L'interesse di Davis era quindi rivolto, come spiega bene Salvatore (2007, p. 32), al processo stesso di ricerca musicale, alla possibilità di realizzare delle atmosfere sonore prodotte in quel momento e da quei musicisti (dal collettivo). Il suo obbiettivo era quello di raggiungere il massimo grado della spontaneità musicale, riuscire a catturare la prima reazione, e in generale l'espressione della componente più “istintiva” e allo stesso tempo intima (emotiva), di ciascun musicista, sia nella dimensione individuale che nell'interazione collettiva, anche a costo di sacrificare la perfetta esecuzione delle note.12
Quel che ascoltiamo nei suoi capolavori discografici non è tanto il risultato di una ricerca, quanto il processo messo in moto verso una meta ancora invisibile: è la ricerca in quanto tale. Ed è questa instabilità, “sperimentale” nel senso più pieno del termine, ambivalente e irrisolta, ad esserci presentata come opera. (Salvatore, 2007, p. 32)
4. Pharaoh's Dance: una proposta di analisi
Sull'analisi del disco Bitches Brew, e più in generale sul “periodo elettrico” di Miles Davis, esistono numerose pubblicazioni: dai lavori di Gianfranco Salvatore, Miles Davis. Lo sciamano elettrico (2007) e Paul Tingen, Miles Beyond: the electric explorations of Miles Davis (2001), molto attenti alla definizione del contesto musicale e culturale del periodo elettrico di Davis, e del percorso evolutivo, artistico e personale del trombettista; a Bitches Brew - Il capolavoro di Miles Davis che ha rivoluzionato il jazz di George Grella Jr. (2019), e alle ricerche di Jarno Kukkonen (2005) e Darren Shekailo (2018), che dedicano maggiore spazio all'analisi formale e armonica di Pharaoh's Dance; per arrivare al lavoro primariamente utilizzato nella stesura di questo articolo: Bitches Brew: la musica di Miles Davis 1967-1970 (2022) di Enrico Merlin e Veniero Rizzardi, che chiarisce in modo definitivo la strutturazione formale del brano, attraverso uno studio “al microscopio” del lavoro di editing e post-produzione musicale.
La mia proposta di analisi parte dall'esame degli esiti di queste ricerche e mira ad introdurre, come elemento di novità, una serie di grafici e diagrammi realizzati su diversi parametri musicali – come dinamica strumentale, meccanismo di tensione e rilascio, presenza dei pedali armonici e di ingresso e uscita degli strumenti – con lo scopo di creare dei supporti visivi per un'analisi integrata, permettere una “lettura” sia lineare che comparativa delle componenti musicali del brano, e per mettere in risalto gli aspetti dinamici e tensivi della musica come principali responsabili dell'articolazione del discorso musicale. Combinando e mettendo a confronto queste elaborazioni grafiche di analisi, emerge un quadro più chiaro della novità e originalità di Miles Davis tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta, della sua capacità di realizzare dei prodotti musicali come risultante di un processo complesso di ibridazione di stili musicali,13 recupero e appropriazione di elementi “tradizionali” e adozione delle più moderne tecniche di registrazione e manipolazione del suono.
L'assenza di una struttura formale e tematico/armonica convenzionale, la presenza costante di un alto livello di interazione e improvvisazione tra i musicisti, la sovrapposizione fra i numerosi strumenti, e l'intenso lavoro di editing e post-produzione, sono dei fattori che rendono la musica di Pharaoh's Dance particolarmente complessa da decodificare, e l'impresa di realizzarne una partitura fedele nel riportare le note effettivamente suonate praticamente irrealizzabile.
… non si potrebbe mai scrivere per un'orchestra quello che facemmo in Bitches Brew. È per questo che non misi tutto per iscritto, non perché non sapessi quello che volevo; sapevo che quello che desideravo non sarebbe mai venuto fuori dalla roba prearrangiata, ma da un processo creativo (Davis & Troupe, 2001, p. 388).
Le brevi trascrizioni che verranno presentate sono perciò incentrate sul materiale tematico e solistico/tematico, il canovaccio armonico e melodico del brano, e sulle parti suonate dal basso elettrico e dal contrabbasso, che servono a identificare i centri tonali (pedali armonici) di riferimento per l'improvvisazione collettiva. Tra le differenti versioni di Pharaoh's Dance ormai disponibili è stata scelta per l'analisi quella comparsa sulla prima edizione del disco Bitches Brew (marzo 1970), della durata di 20:04.
4.1. La partitura di Pharaoh's Dance.
Risulta piuttosto difficile attribuire una paternità univoca al brano Pharaoh's Dance, la cui realizzazione vede il susseguirsi di almeno tre interventi che, per l'impatto generato sul risultato finale, possono essere considerati tutti alla stregua di contributi compositivi. Scritto, proposto e in parte diretto da Joe Zawinul, il brano è stato rielaborato armonicamente e “ricomposto” in fase di registrazione da Miles Davis, e infine assemblato e costruito formalmente in fase di post-produzione da Teo Macero. Il primo elemento da tenere in considerazione per iniziare l'analisi del brano è proprio il rapporto tra la composizione originale di Zawinul e il risultato definitivo presentato nel disco. Come affermato da Merlin e Rizzardi, che hanno ascoltato tutto il materiale registrato conservato nei session reels presso gli archivi della Columbia:
Il brano nasce come composizione determinata, con tanto di sezioni e sottosezioni, ma finisce per trasformarsi in un'altra composizione, di genere diverso. Le ragioni sono piuttosto chiare se si segue il processo di registrazione in rapporto alla parte scritta. (2022, p. 245)
La partitura è un documento di importanza decisiva per comprendere le varie fasi del processo di registrazione, e naturalmente per rendersi conto della trasformazione successiva subita dal pezzo. (ivi, p. 196)
La partitura redatta da Zawinul14 si estende su tre fogli pentagrammati ed è divisa in due parti: Part I e Part II. La prima, leggermente più lunga della secon-da, è sicuramente quella più complessa perché composta da numerose sottosezioni, ricche di spunti armonici presenti nelle diverse successioni accordali, e da tre cambi metrici rispetto all'impianto regolare in 4/4. Si tratta di tre battute, una in 3/4, che verrà poi estesa a 4/4, e una battuta in 5/4 e una in 6/4 che verranno invece eliminate. Molto poco di quanto scritto e provato in sala, per quanto riguarda questa prima parte, riapparirà poi nel master finale editato da Teo Macero: appena sei battute sulle 22 totali, quattro che fanno parte del tema proposto come incipit (verrà analizzato in modo dettagliato più avanti) e le altre due costituite dall'espansione di due accordi, Si maggiore e La maggiore, tutti e due su basso si e in secondo rivolto (Esempio 1). Proposte in partitura sotto la didascalia “Play pattern for 8 bars”, queste due battute costituiscono la base armonica e lo spunto per due delle sezioni musicali (sez. B e C) (Merlin & Rizzardi, 2022, p. 248) che andranno a co-stituire il brano, e più in generale per l'elaborazione di variazioni e improvvisazioni da parte dei musicisti.
La Part II del pentagramma di Zawinul è stata invece mantenuta quasi nella sua interezza. È costituita dalla ripetizione pressoché identica degli accordi trascritti sopra, questa volta sotto la dicitura “keep developing”, e dalla presentazione di due “Statement”, I e II, che costituiranno la base per gli assoli, Statement I, e il materiale di improvvisazione per i musicisti e per un nuovo tema con variazioni, Statement II.
L'elaborazione in studio di registrazione della partitura originale di Zawinul è stata quindi affrontata per blocchi, divisa in segmenti che venivano ripetuti, variati, campiti ed “espansi” attraverso l'improvvisazione collettiva e gli interventi di Davis. Questi ultimi direzionati a trovare nuove e più agevoli soluzioni armoniche per “risolvere” i passaggi più complessi, ma soprattutto per lasciare la massima libertà ai musicisti di seguire il proprio estro armonico. Seppur faticosa e spesso interrotta, la sessione di registrazione di Pharaoh's Dance, nel terzo e ultimo giorno di lavoro, è diventata così il materiale “grezzo” che è stato poi selezionato, tagliato, effettato, e ricostruito nella versione finale del brano da Teo Macero.
Per avere un'idea più precisa di questa trasformazione e di cosa e come effettivamente è passato dalla notazione scritta della partitura al risultato sonoro della traccia musicale sul disco è a questo punto necessario tracciare il profilo morfologico del brano a partire dalla registrazione. A questo scopo ho realizzato (Figura 1) una time line dell'intero brano con la suddivisione formale presentata da Merlin e Rizzardi (2022, p. 254), che ho poi utilizzato in tutti i grafici di analisi come riferimento per facilitare la lettura e il confronto.
Considerato nella sua interezza (20:04) Pharaoh's Dance è un brano che può essere diviso in due macrosezioni, ognuna delle quali ripartita internamente dall'alternanza di diversi segmenti. La cesura formale più evidente è quella che divide il brano quasi a metà, a 9:00, subito dopo la sezione denominata (sempre da Merlin e Rizzardi) “Interludio” (8:30-9:00). Questa sezione opera da spartiacque tra una prima parte, caratterizzata da una costruzione del materiale molto elaborata, operata in post-produzione con i tagli di editing (ce ne sono 18 sui 19 totali); e una seconda, che presenta invece due sezioni più estese (un solo taglio a 15:18), una dedicata agli assoli (Statement I) e una alla presentazione e rielaborazione (otto volte in tutto) di un nuovo materiale tematico (Statement II).
Osservando la Figura 1, e considerando quanto detto su ciò che è stato mantenuto della partitura, sempre in forma più o meno elaborata, variata e improvvisata, è possibile rendersi conto della disposizione del materiale effettuata da Macero e del senso di coerenza interna, che ha quasi dell'incredibile all'ascolto, in un brano che sembra improvvisato dall'inizio alla fine. Macero ottiene questo risultato attraverso la ripetizione identica di alcune sezioni (A-B-C) e la disposizione strategica (in senso formale e in relazione alla memoria uditiva) di altre sezioni derivate dallo stesso materiale (segnate tra parentesi nel grafico). Le restanti, oltre al già menzionato “Interludio”, fanno riferimento ai due Statement presenti nella seconda parte della partitura di Zawinul.
Tutte le sezioni, così come il trattamento del materiale musicale nelle variazioni e nelle parti solistiche, verranno analizzate più nel dettaglio nella descrizione analitica lineare del brano che ci sarà più avanti.
Un ultimo particolare da segnalare presente in partitura è un'annotazione armonica, Bmaj (Si maggiore), scritta tra i due pentagrammi dell'ultima battuta della prima parte (Part I). Il primo accordo della Part II è proprio di Si maggiore, tonalità che costituisce la base armonica per lo Statement II (e in modo più ambiguo anche per lo Statement I), nonché il pedale armonico prevalente dell'intero brano.
La scelta di Joe Zawinul di presentare a Davis un brano in Si maggiore è sicuramente una scelta inusuale, si tratta infatti di una tonalità scomoda per la tromba, che complica notevolmente il lavoro tecnico sui pistoni e altera e rende più difficile la resa sonora dello strumento. Di conseguenza c'è anche un impatto sulla scelta delle note e delle frasi da suonare e improvvisare sullo strumento. La tonalità di Si maggiore, proprio in conseguenza del fatto che alcune armoniche risuonano meno, risulta così avere un timbro decisamente più scuro e tenebroso, in linea con l'atmosfera sonora di Pharaoh's Dance e con gli stilemi del rock e del funk, rispetto, ad esempio, a Si bemolle, tonalità squillante e dal suono decisamente più “bandistico”.15
5. L'apparato grafico di analisi
Come risulta evidente anche ad un primo ascolto integrale di Pharaoh's Dance, per uno studio approfondito di questa musica non è sufficiente realizzare delle trascrizioni in partitura e un resoconto dello sviluppo armonico, melodico e formale del brano. Questi metodi di analisi, per quanto efficaci e anche in questo caso necessari, non riescono infatti a rendere conto del nuovo processo compositivo adottato da Miles Davis, che si riproponeva di riuscire a catturare la spontaneità creativa ed emotiva di un collettivo.
La specificità della musica contenuta in Pharaoh's Dance e delle sue modalità di realizzazione mi hanno convinto della necessità di provare a rendere graficamente il profilo “emotivo”16 di questo brano attraverso la realizzazione di un apparato grafico integrativo dell'analisi lineare, che verrà presentata a breve. Si tratta di cinque grafici, di cui il II e il III (su dinamica generale e meccanismo di “tensione e rilascio”) sono focalizzati sui parametri che definiscono maggiormente la musica di Pharaoh's Dance, sia per quanto riguarda il contesto creativo – in cui l'improvvisazione collettiva in fase di registrazione è lo strumento sperimentale generativo – che per l'ascolto della traccia.
Grafico I: divisione formale (+ entrate strumentali)
Rispetto all'analisi della forma del brano di Merlin e Rizzardi (2022, pp. 245, 255) ho deciso (Figura 1) di suddividere ulteriormente in due sia la prima che la seconda macrosezione individuate, in tutti e due i casi in concomitanza dello stesso evento: al termine del ritorno del materiale melodico/tematico (A), che funziona da cesura/ponte per l'introduzione della parte solistica nel primo caso (03:30), e il passaggio a un nuovo preponderante materiale melodico (Statement II) nella seconda parte (15:18).
A questa ho aggiunto una griglia con gli strumenti per mostrare l'ingresso dei diversi musicisti, la loro compresenza (trama strumentale), e i momenti acusticamente più rilevanti, segnati con delle brevi annotazioni sulle rispettive “tracce”. Per maggiore chiarezza ed esigenze di spazio ho diviso questo grafico in quattro parti, in base alle quattro sezioni formali individuate. Ciascuna porzione di grafico precede un'analisi descrittiva discorsiva nella quale vengono evidenziati gli aspetti più rilevanti della costruzione e della realizzazione del discorso musicale.
Grafico II: dinamica generale
Si tratta di un diagramma (Figura 2) realizzato per analizzare il livello del volume sonoro, l'andamento dinamico dei crescendo e diminuendo, in relazione alla suddivisione formale del brano, e rappresentato con una scala di valori che va da 0 a 5, in cui lo 0 corrisponde alla totale assenza di suono (non si verifica mai), 1 piano, 2 mezzo piano, 3 mezzo forte, 4 forte e 5 fortissimo. Come supporto per la realizzazione del grafico ho utilizzato l'editor della forma d'onda presente sul software Sonic Visualizer.17
In Pharaoh's Dance la dinamica strumentale può essere considerata come uno degli elementi principali in grado di costituire un punto di riferimento uditivo per la comprensione delle cesure e più in generale del procedere del brano. Il grafico mostra infatti come le progressive “modulazioni” del livello dinamico seguono un disegno che rispecchia la divisione formale. I livelli più alti vengono raggiunti nelle lunghe porzioni dedicate agli assoli e nelle ripetizioni tematiche finali, e nei momenti di transizione e collegamento seguono dei movimenti in crescendo o in diminuendo.
Grafico III: tensione e rilascio
Questo grafico (Figura 3) è un diagramma che prova a rendere graficamente la percezione uditivo/emotiva provocata dall'ascolto del brano, come somma dell'effetto della dinamica, e, soprattutto, della trama strumentale, della condotta armonica e dell'uso timbrico degli strumenti. Come scrive Stefano Zenni a proposito dei principi stilistici ed estetici della musica afroamericana derivati dalla matrice africana:
… le musiche nere, più di qualunque altra musica al mondo, pongono al centro del discorso musicale il piacere di una tensione che, in forme cicliche o libere, rimbalza su punti di appoggio per poi involarsi verso nuove arcate tensive. Plasmare la tensione e il relax diventa il cuore del discorso e del senso musicale. (Zenni,2007, p. 112)
L'andamento dell'accumulo della tensione e del rilascio è un fattore la cui gestione si rivela fondamentale nella realizzazione di una qualsiasi improvvisazione musicale (Berliner, 1994, p. 63), e costituisce, tra gli elementi capaci di generare movimento, quello che maggiormente concorre al riconoscimento da parte dell'ascoltatore della presenza di un costrutto, di uno schema in grado di alimentarne l'interesse. Il grafico corrisponde ad un modello self-reported18 di misurazione della “densità emotiva” del brano: non misura l'intensità di una specifica emozione quanto l'intensità del mood, la densità “atmosferica”. Ho cercato quindi di utilizzare questo “parametro” musicale come strumento interpretativo e comparativo, perché nonostante non sia facilmente e univocamente identificabile, risulta di fondamentale importanza come elemento capace di plasmarne la forma e attrarre e guidare l'esperienza d'ascolto.
I momenti di maggiore tensione, rappresentati nel grafico con una scala di valori che va da 0 a 4 (lo stesso vale per il “rilascio”), corrispondono solamente in parte a quelli dinamici del Grafico II (Figura 2), e differiscono da questi proprio nei momenti in cui l'accumulo tensivo percepibile dipende maggiormente dalle scelte armoniche, ritmiche e timbriche dei musicisti, rispetto al solo aumento della dinamica. I picchi tensivi del brano sono quattro, tutti presenti nella seconda metà. Due di questi, il secondo e il quarto (da 12:20 a 12:42 e da 17:59 a 18:20), coincidono anche con il massimo livello dinamico raggiunto, e si verificano durante l'assolo di sax soprano di Wayne Shorter sul pedale di do, il primo, e con la V ripetizione tematica (sullo Statement II) della tromba di Miles Davis sul pedale di si, il secondo. La tensione viene raggiunta grazie all'aumento del volume di esecuzione dei solisti e dalla somma acustica degli strumenti che riempiono fino quasi alla saturazione lo spettro delle frequenze.
Negli altri due casi, il primo e il terzo (da 11:05 a 11:40 e da 13:20 a 14:00), la tensione musicale raggiunta è maggiore rispetto al livello dinamico espresso dagli strumenti, o meglio viene determinata da altri fattori. Avviene nel primo caso durante l'assolo di clarinetto basso di Maupin e nel secondo durante l'assolo di chitarra di McLaughlin. In entrambi i casi l'ambiguità della base armonica di riferimento, che vede la compresenza/alternanza delle note si e do, può essere considerata, insieme alle scelte timbriche dei solisti, come la causa principale dell’accumulo e del persistere di una forte tensione uditivo-emotiva. Anche nei momenti in cui l’escursione dinamica rimane piuttosto contenuta, come nella parte iniziale del brano fino a 3:30 circa, si può notare nelle rappresentazioni grafiche, e prima di tutto percepire all’ascolto, che l’andamento della tensione e del rilascio non corrisponde a quello più lineare della dinamica.
In calce al diagramma è stato aggiunto anche il Grafico IV dei pedali armonici (Figura 4), per mostrare visivamente la relazione tra gli excursus tensivi del brano e la stabilità o meno della base armonica di riferimento.
Grafico IV: pedali armonici
Il grafico (Figura 4) rappresenta la successione o la compresenza di una o più note singole come riferimento armonico (pedale) per gli strumenti. Si riscontra, lungo tutta la durata del pezzo, l’alternanza tra momenti di relativa “chiarezza” armonica e momenti di forte ambiguità. Considerata la natura del brano e la presenza di ben tre tastiere elettriche e due bassi, infatti, non sempre la presenza di un centro tonale risulta di immediata e facile definizione.
Tra le analisi utilizzate come supporto e controllo per la realizzazione di questo grafico ci sono quella di Darren Shekailo (2018), George Grella Jr. (2019), Enrico Merlin-Veniero Rizzardi (2022) e Paul Tingen (2001). L'unica completa è la prima, le restanti si limitano ad indicare solamente alcuni dei cambi armonici che si alternano, e lo stesso non concordano esattamente tra loro sul momento in cui avvengono e in alcuni casi perfino sulla nota che funge da pedale. Le difficoltà maggiori di identificazione si riscontrano nei momenti in cui il riferimento armonico non è affidato a una ma a due note/pedale, come nei due segmenti: 11:06-11:46 e 12:52-14:10. La presenza delle note do e si, è di fatto una coesistenza simbiotica, una fusione che rende la base armonica particolarmente instabile e quindi carica di tensione.
Grafico V: tagli di editing (“interludio”)
Si tratta di una rielaborazione grafica totalmente debitrice del lavoro di Merlin e Rizzardi (2022, 254) di identificazione dei tagli effettuati in fase di post-produzione da Teo Macero sul materiale registrato (Figura 5).
Il processo di editing risulta fondamentale per l'articolazione, o meglio la creazione stessa, della forma del brano, contribuendo a dare coerenza al materiale musicale improvvisato e all'alternanza dei momenti di tensione e rilascio (Shekailo, 2018, pp. 26, 33).
Avere precisa contezza degli interventi di editing in fase di post-produzione aiuta anche a definire e comprendere meglio l'importanza del ruolo ricoperto da Teo Macero e serve come guida indispensabile per analizzare la relazione tra i diversi segmenti musicali e il loro utilizzo, soprattutto nella prima metà del brano, in cui scandiscono l'alternanza e la ripetizione di porzioni identiche di registrazione. Il grafico mostra anche un ingrandimento della sezione “Interludio”, quella più fortemente editata dell’intera traccia, in cui gli interventi di Macero operano a livello microscopico attraverso il campionamento di frammenti lunghi un solo secondo di musica.
6. Analisi della forma e descrizione lineare di Pharaoh's Dance
00:00-00:03 – una brevissima introduzione di appena due battute è affidata all'attacco, dinamicamente sommesso, della batteria (sul canale destro di ascolto, suonata da Jack DeJohnette), con il rullante che marca i quarti, e il charleston tutti gli ottavi dal secondo quarto in poi (Esempio 2). Il tipo di scansione ritmica, con la sua serrata divisione binaria dei 4/4 a 170 bpm, e il timbro strumentale ottenuto da DeJohnette con colpi leggeri e dal suono ovattato, imprimono subito un'idea di movimento e riescono a far immergere l'ascoltatore nell'atmosfera sonora, caratterizzata dalla presenza di un costante e misterioso “ribollire”, che sarà propria dell'intero brano. Nella seconda battuta sentiamo la grancassa sul levare degli ultimi due quarti insieme al charleston, per lanciare l'ingresso degli altri strumenti.19
00:03 – il primo strumento ad entrare è la tastiera di Joe Zawinul che introduce un elemento melodico/tematico a carattere fortemente modale e sospeso (Esempio 3), che verrà riproposto numerose volte e in forme variate nel corso del brano. Questa prima porzione di registrazione, che abbiamo già identificato come “A”, si estende per 8 battute (4 + 4), da 00:03 a 00:14.
Dopo le prime due battute, in cui la tastiera suona da sola insieme alla batteria, fanno il loro ingresso la chitarra, il clarinetto basso e una seconda tastiera (00:06, bb. 3-4, Esempio 3) con delle frasi di commento e variazione del materiale appena esposto da Zawinul, che si ripete pressoché identico per le successive quattro battute.
Questo primo materiale tematico è costruito sulle altezze della scala minore naturale di Si, su quattro note che appartengono alla pentatonica minore: si-re-mi-(fa#, che non compare)-la, e l'enunciazione della tastiera rispetta “alla nota” (anche se più in alto di tre ottave) il tema d'apertura scritto dallo stesso Zawinul.20
In realtà si tratta anche delle note della pentatonica minore di Mi, mi-(sol)-la-si-re, e il dubbio, se il materiale tematico sia costruito sulla pentatonica di Si o quella di Mi rimane tale fino a quando non si afferma con stabilità il pedale armonico di Si con l'entrata del contrabbasso a 00:14. Questo tema deriva infatti direttamente dall'inciso, o vamp, della composizione Directions (Esempio 4), scritta da Joe Zawinul, registrata in studio nel 1968 e scelta da Davis come brano di apertura dei suoi concerti per almeno tre anni (dal 1969 al 1971), ma comparsa su disco solamente nel 1981 (Tingen, 2001, p. 55). Directions ha rappresentato per Davis una sorta di vero e proprio manifesto della sua avanguardia musicale, ed è stato anche il brano in cui ha iniziato a combinare una struttura a forma aperta con gli ostinati di basso. È un pezzo “semplice, potente e diretto, solidamente centrato su un propulsivo bass vamp in Mi” (Merlin & Rizzardi, 2022, p. 82), eseguito all'unisono da contrabbasso e Fender Rhodes. “Gran parte della novità e dell'impatto di questo brano derivano dalla presenza di Jack DeJohnette, che marca implacabilmente tutti i quattro tempi” (ibid.) già dalle due battute di apertura, affidate alla sola batteria. Lo stesso incipit, con la stessa figurazione ritmica, è quello che si sente all'inizio di Pharaoh's Dance (Esempio 2), in cui DeJohnette ripropone lo stesso groove con intensità sonora leggermente minore, ma tempo pressoché identico.
00:14 – primo taglio di editing, che separa A dalla sezione B; una porzione di 32 secondi circa (fino a 00:46), costruita, come accennato precedentemente, sull'espansione di due accordi, e presente sulla partitura scritta da Zawinul sotto la dicitura “play pattern for 8 bars”. La sezione B è fortemente caratterizzata dall'ingresso del contrabbasso, che dà ulteriore profondità allo spettro sonoro del brano e un più solido riferimento ritmico e armonico sulla nota/pedale si (Esempio 5).
Sull'attacco del contrabbasso si percepisce una sorta di vuoto, le due sezioni A e B sono infatti collegate solamente dal suono leggero e tenuto delle due tastiere, alle quali se ne aggiunge subito una terza (00:15), seguita dalla batteria che riprende l'ostinato ritmico dell'introduzione (00:19), e poi ancora da clarinetto basso e chitarra. L'effetto è dovuto al taglio di editing, abilmente mascherato da Macero attraverso la parziale sovrapposizione di due, o più, tracce.
Da 00:19 inizia a suonare anche la seconda batteria (Lenny White),21 percepibile nel canale sinistro di uscita audio, con una leggera rullata in crescendo. Si fa più presente da 00:30 scandendo i quarti, il secondo e il quarto, sul charleston aperto e aumentando gradualmente la dinamica, che tuttavia nel complesso rimane ancora piuttosto contenuta.
L'intera sezione B può essere considerata come un leggero e continuo crescendo sul pedale armonico di Si, sostenuto dall'incalzare della batteria di Lenny White e dalle frasi intrecciate delle tastiere più il clarinetto basso e la chitarra, che prolungano lo sfondo sonoro e coloristico ascoltato sin dall'inizio.
00:46 – il secondo taglio di editing segna l'inizio della terza sezione, C, dalla breve durata di circa 10 secondi. La tastiera elettrica di Zawinul espone nuovo materiale melodico fortemente caratterizzato (Esempio 6), anche questo derivato dallo stesso utilizzato per la sezione B e ascrivibile alla scala di Si lidio (si-do#-re#-mi#-fa#-sol#-la#), che farà da “ponte” per la ripresa della sezione B (più avanti svolgerà la stessa funzione per ricollegarsi alla sezione A, a 01:38, e al momento del primo ingresso della tromba di Davis a 02:31).
La batteria sul canale sinistro, dopo il crescendo, attacca subito su un groove più “seduto” con una sonorità e un'intenzione musicale vicina alle ritmiche funk e rock, con il piatto sempre presente sul secondo e sul quarto quarto. Tastiera (Zawinul) e batteria (White) sono gli strumenti più in primo piano nella sezione C, quelli che contribuiscono maggiormente a determinare una sensazione di arrivo, stabilità e rilascio della tensione accumulata, dovuta all'assestamento su un groove binario e “solido” e all'esposizione del nuovo materiale melodico.
00:56 – terzo taglio, stop improvviso di tutti gli strumenti sulla nota si del contrabbasso. È lo stesso che abbiamo a 00:14 con l'inizio della sezione B. Si ripetono a questo punto identiche (si tratta infatti della copia audio dello stesso materiale) le sezioni B e C iniziali (a 00:56-01:28 e 01:28-01:38).
01:38 – il quinto taglio di editing è come se facesse ripartire il nastro da capo: escluso l'intro di batteria, infatti, viene incollata nuovamente la sezione A, seguita da B e C, da 01:38 a 02:31. I primi 02:30 circa del brano sono quindi interamente costituiti dalla ripetizione di tre sezioni musicali alternate secondo l'ordine: A-B-C + B-C + A-B-C.
02:31 – alla fine della terza ripetizione di C la traccia prosegue con un segmento di circa 22 secondi (02:31-02:53) in cui fa il suo ingresso per la prima volta la tromba di Miles Davis (Esempio 7).
Le note lunghe, soffiate e lasciate risuonare morbidamente su un tappeto musicale rarefatto e a bassa tensione armonica e strumentale (in cui compare per la prima volta anche il basso elettrico sul canale sinistro), ruotano intorno a quel frammento di partitura che Zawinul aveva indicato come “Statement I”, interpolandone i quattro elementi fondamentali (sol-do-lab-mi). Possiamo osservare nella partitura, e ascoltare dalla registrazione, come Miles Davis utilizzi il lab e soprattutto il do come punti di arrivo o di sosta momentanea, e il sol e il mi con valori più brevi, per l'articolazione del fraseggio.22 Il pedale armonico del brano è ancora fermo stabilmente sul Si naturale, lontano armonicamente dall'intervento di Davis, più vicino alla nota do, ma comunque svincolato da qualsiasi riferimento (tonale o modale) univocamente identificabile.
02:53 – l'ottavo taglio di editing collega la C ''allungata'' con una sezione in cui ritorna, variato, il materiale melodico esposto in A, su un tappeto ritmico dalla dinamica controllata e dalla quasi assente tensione armonica e strumentale che serve a preparare l'arrivo degli assoli (03:30-07:30).
Parte I'
03:30 – nuovo ingresso della tromba, ancora con una dinamica contenuta, su un sol prolungato che scende a si (Esempio 8). La nota si corrisponde in realtà a un suono dall'area intervallare ambigua, che con un breve portamento si alza quasi di un semitono al do.
L'instabilità dell'intonazione è un mezzo che Davis utilizza per veicolare quella ricerca di espressività sonora basata sull'atto musicale, in cui il risultato non deve tenere conto della rigida intonazione temperata, quanto del timbro strumentale e della materia fonica prodotta. Si tratta di un'area intervallare compresa tra il riferimento del pedale armonico di Si naturale e il do come nota cardine scelta da Davis tra quelle dello “Statement I”. Durante questo breve “preludio” al vero e proprio assolo di tromba, la sezione ritmica, ormai allargata a due batteristi, due percussionisti, un contrabbasso, un basso elettrico, e tre tastieristi, aumenta gradualmente l'intensità e la dinamica del brano.
03:40 – inizia l'assolo di tromba (Esempio 9). Emerge per la prima volta in modo evidente, stagliandosi sopra l'accompagnamento, una voce solistica, caratterizzata da un'enunciazione molto netta e quasi perentoria delle note. La forte emissione del fiato con la spinta dei muscoli addominali permette di generare un suono controllato, che sembra cercare di ristabilire l'ordine dopo i minuti iniziali in cui l'intricata rete sonora e strumentale non ha mai dato la parvenza di seguire un preciso disegno musicale (ad esclusione dei brevi interventi tematici). Guardando la trascrizione ci si può rendere conto di come anche la prima parte dell'assolo sia costruita a partire dai quattro suoni fondamentali che costituiscono lo “Statement I”: sol-do-lab-mi. Davis aggiunge a queste quattro poche altre note di passaggio, ne troviamo solamente tre: si, fa e la naturale, nella porzione di assolo trascritta. Le note vengono scandite quasi tutte singolarmente fino a 04:04 (b. 18), quando il fraseggio di Davis inizia ad infittirsi e a crescere gradualmente di dinamica insieme al resto dei musicisti.
Nella prima parte dell'assolo il clarinetto basso risponde quasi sempre alle brevi enunciazioni della tromba, e anche le tastiere sono costantemente in dialogo con lo strumento solista, come si sente in modo evidente da 04:30 a 04:40.
Dal minuto 05:00 circa gli attacchi delle frasi suonate da Davis diventano quasi tutti in “sforzato”, la sezione ritmica e l'accompagnamento armonico di tastiere, chitarra e clarinetto basso raggiungono un apice sonoro che satura quasi completamente lo spettro frequenziale medio-basso, dando una forte sensazione di spinta e propulsione ritmica e lasciando al contempo relativamente libero il campo di frequenze medio-alto in cui si esprime la tromba.
Da 05:22 le note di Davis iniziano ad allungarsi, vengono attaccate e poi trascinate, creando la sensazione di qualcosa che si sta sfilacciando. Anche la base musicale si fa leggermente meno piena nella trama e nella spinta dinamica, ma solo brevemente, prima di una risalita finale e del passaggio all'assolo di clarinetto basso.
05:33 – un intervento ascendente e reiterato del contrabbasso provoca lo spostamento del centro tonale da Si a Mi (Esempio 10). Rimarrà tale fino alla ripresa del materiale della sezione B a 07:54 e quindi al ritorno del si come nota pedale.
05:39 – si sente emergere dal fitto accompagna-mento strumentale la voce del clarinetto basso di Bennie Maupin con un intervento solistico sempre profondamente immerso nella trama sonora e strumentale delle tastiere e dei bassi.
A 06:40 la chitarra propone un ostinato dal sapore cromatico che subito viene ripreso da una delle tastiere e poi variato dal clarinetto basso. La chitarra inizia ad assumere un ruolo da co-solista (da 06:49 circa) emergendo con un fraseggio stretto e veloce spesso in imitazione e variazione con Bennie Maupin.
Per tutta la durata degli assoli si può ascoltare il costante dialogo tra gli strumenti, che commentano e reagiscono alle frasi della tromba prima e del clarinetto basso poi, in un continuo scambio osmotico tra solista e accompagnatori. Il groviglio sonoro originato, più che dare la sensazione di avere una direzionalità musicale, sembra svilupparsi con un movimento a spirale continuo, che altera la percezione dello scorrere lineare del tempo e fa cogliere maggiormente le fluttuazioni dinamiche e tensive della musica.
07:25 – la tastiera sul canale destro accenna l'inciso melodico della sezione A, che subito viene ripreso dal clarinetto basso e a 07:31 lo stesso viene ripetuto dalla tastiera al centro, dando inizio a una nuova sezione come A ma variata, in cui la trama strumentale si fa sempre più rarefatta e la tensione musicale sempre minore.
07:54 – il nono taglio di editing dà inizio a una ripresa variata della sezione B che si concluderà a 08:29.
07:25 – la tastiera sul canale destro accenna l'inciso melodico della sezione A, che subito viene ripreso dal clarinetto basso e a 07:31 lo stesso viene ripetuto dalla tastiera al centro, dando inizio a una nuova sezione come A ma variata, in cui la trama strumentale si fa sempre più rarefatta e la tensione musicale sempre minore.
08:29 – con il decimo taglio di editing viene inserita l'unità musicale più fortemente segmentata dell'intero brano. In circa trenta secondi ci sono infatti ben nove tagli, compresi quello iniziale e finale (Figura 8). Verranno utilizzati, da Teo Macero, due diversi frammenti musicali: uno che inizia a 08:29 e si conclude a 08:40 (F1) di 11 secondi circa, il cui ultimo secondo (F1') andrà a costituire il materiale per il loop successivo; e uno che inizia a 08:40, dura poco più di 1 secondo e viene immediatamente ripetuto (F2). Quindi al frammento 1 seguono due ripetizioni del frammento 2 e poi la riproposizione di F1, al termine del quale, l'ultima porzione (F1'), viene ripetuta in loop altre quattro volte. Il frammento F1' contiene un'esclamazione: “Hey Joe”, rivolta a Zawinul da Dave Holland (ibid.) che si sentirà ripetuta per cinque volte nel finale. In realtà, tra la porzione finale di F1 e il frammento ripetuto (F1'), esiste una sostanziale differenza acustica dovuta alla manipolazione stereofonica a cui è stata sottoposta la traccia. Infatti, se nel primo caso la voce che esclama “Hey Joe” proviene chiaramente dal canale destro, nelle ultime quattro ripetizioni si sposta sul canale sinistro ad un volume notevolmente ridotto.
Il secondo elemento distintivo di questa sezione è il cambiamento della base armonica del brano. A 08:29 infatti, con l'entrata in forte di tastiere e contrabbasso, il pedale di Si fa uno scarto di un semitono fino al Do, dove rimarrà stabile fino a 11:06 circa. Questo ingresso improvviso avviene tramite un'appoggiatura dal suono ruvido e deciso, che ricorda un power chord di marca prettamente rock, e dall'area intervallare dai contorni sfumati, intorno al lab/la, in intervallo di ottava, che va a finire su un parallelo do/do, in cui il sol risuona come armonico. Un'armonia semplificata al massimo su cui Davis suona una parte costruita sulle note dello Statement I integrate nel modo lidio di Do (do-re-mi-fa#-sol-la-si), con l'aggiunta del lab (presente nello St. I).
Parte II
08:59 – diciottesimo e penultimo taglio; un brevissimo inciso discendente dà inizio a una nuova sezione di assoli, anche questa inaugurata dalla tromba di Davis (09:00). L'assolo è costruito, ancora una volta, sull'elaborazione dello Statement I e, come il primo, parte con delle frasi brevi e dall'attacco molto marcato, quasi sforzato (in particolare da 09:30 a 09:38). Davis prosegue con delle variazioni, aumentando l'intensità espressiva, cui segue quella dinamica dell'intero complesso, da 09:29 a 10:05. A 10:33 delle note tenute aprono l'ultima parte dell'assolo, in cui il clarinetto basso (da 10:46) assumerà il ruolo di comprimario, commen-tando, soprattutto nei vuoti, la frasi di Davis.
11:04 – i tre tastieristi più il clarinetto basso eseguono degli ostinati melodici con variazioni che portano al massimo grado la sensazione di strania-mento e la tensione armonica del brano, provocata dalla sovrapposizione delle note che creano un effetto di alto scontro cromatico vicino al cluster. La musica diventa un vortice sonoro dal sapore free per effetto delle frasi ripetute in loop, variate e sfasate, in cui tutto si mescola e sembra dover perdere la forma originaria per trasformarsi in qualcosa di diverso. Il pedale armonico non è più ancorato al Do, ma oscilla in un limbo in cui i due bassi e le tastiere non hanno la stessa nota come riferimento (tra si e do). Questo stato di alta ambiguità armonica andrà avanti fino a poco prima dell'intervento solistico del Sassofono.
11:46 – l'ingresso del sax soprano di Wayne Shorter, con il corrispettivo ristabilirsi di un pedale armonico stabile attorno al Do, provoca un momentaneo calo della tensione, sia armonica che acustica. Il suono tenuto e legato del sax arriva da lontano (sempre sulle note dello Statement I) creando, grazie al timbro strumentale e al materiale melodico già ascoltato in numerose variazioni precedenti, l'effetto come di un ricordo, che si trasforma, però, in un percorso più libero sulla scala esatonale di Do (do-re-mi-fa#-sol#-la#) con l'aggiunta cromatica del sol (presente nello St. I). L'assolo spingerà la dinamica strumentale verso un'altezza non ancora raggiunta, da 12:27 a 12:46 circa (cfr. Grafico II, Figura 2).
12:52 – a seguito di un rapido e progressivo rilascio della tensione accumulata inizia l'assolo di chitarra elettrica di John McLaughlin. L'atmosfera torna repentinamente più tesa, armonicamente si entra nuovamente in uno stato di ambiguità tra le note pedale Si e Do, e la dinamica strumentale ricomincia a crescere. McLaughlin inizia il suo assolo con trilli e brevi frasi che escono dalla chitarra sotto lo stimolo di un impulso improvviso, quasi nervoso, che si sviluppa “nell'improvvisazione più rock e virtuosistica di tutto l'album” (Merlin & Rizzardi, 2022, p. 252), particolarmente intensa per tutto il quattordi-cesimo minuto di musica.
14:03 – sul finire dell'assolo di chitarra si ascolta la riproposizione con variazioni del materiale tematico A, si abbassa momentaneamente il vorticare musicale e la dinamica strumentale generale (la chitarra continua a intervenire con accordi ritmati), che ricomincia però a prendere corpo già da 14:10, dal momento in cui il pedale armonico (espresso dal basso elettrico) si stabilizza sul Mi.
14:13 – una ripetizione del tema (A) a più alto volume è il segnale che apre la strada a una serie di variazioni delle tastiere, movimentate dai continui interventi accordali con spostamento di accenti della chitarra. Questa sezione si chiude con un calo dinamico abbastanza repentino: da 15:12, infatti, gli strumenti sembrano tutti avviarsi verso una conclusione, che arriverà pochi secondi dopo con un nuovo taglio.
Parte II'
15:18 – diciannovesimo e ultimo taglio di editing; segna una forte cesura con l'attacco solitario del vamp di Dave Holland al contrabbasso (un si ripetuto ogni primo e terzo quarto), con un immediato ritorno sul pedale armonico di Si, che rimarrà stabile fino alla fine. Suona come un nuovo inizio, con gli strumenti che rientrano gradualmente: DeJohnette a 15:21, Zawinul e White a 15:23 seguiti dalle altre tastiere e dalle percussioni.
A 15:26 la tastiera di Zawinul fa sentire una prima esposizione di quello che in partitura aveva nominato “Statement II”, in particolare la prima delle sei righe che lo compongono, che contiene un fraseggio più serrato, ma prospetto intervallare simile, rispetto alla parte scritta nelle tre righe successive, che verrà utilizzata da Davis come canovaccio per le otto esposizioni tematiche che seguiranno, e che nei suoi valori fondamentali è stata ''riassunta'' da Zawinul nelle ultime due righe con l'intestazione “Phrase your own way”.
La presenza strumentale, con l'ingresso di basso elettrico e clarinetto basso a 16:01, contribuisce a ricreare il tappeto musicale ''brulicante'' e misterioso ascoltato nelle parti iniziali del brano. Ogni musicista è impegnato a svolgere un suo compito: le tastiere e il clarinetto basso trattano lo stesso materiale (Statement II) con frasi brevi e ripetute che si avvolgono su loro stesse, il contrabbasso di Holland inizia a muoversi più liberamente da 16:19, e l'atmosfera ancora calma e laboriosa inizia a crescere dinamicamente (già da 16:05).
16:37 – esposizione I (Esempio 11); è quella temporalmente più dilatata, le note hanno tutte valori che, tranne un singolo caso, non scendono al di sotto della semiminima. Il suono della tromba risulta ''trascinato'', gli attacchi sono poco marcati e viene lasciato ampio spazio alle pause tra una frase e l'altra, su una lunghezza di 18 battute, circa 28 secondi (16:37-17:05).
17:05 – esposizione II; simile alla prima per quanto riguarda il trattamento delle note ma le durate e le pause iniziano ad accorciarsi. Il suono di Davis si fa più presente.
17:25 – esposizione III; l'enunciazione tematica è affine alla precedente, sulle ultime due note però il suono di tromba acquista maggiore corpo e brillantezza, un'intenzione musicale che continuerà nell'e-sposizione seguente. Il tappeto ritmico e armonico prosegue lungo un arco dinamico ascendente, iniziato già da 16:30, prima dell’esposizione I.
17:44 – esposizione IV; le note sono tutte staccate e suonate con più attacco, la sonorità della tromba si avvicina decisamente agli stilemi del genere funk. Gli strumenti salgono ulteriormente di volume durante tutta l'esposizione.
17:59 – esposizione V; al contrario della precedente Davis adotta un fraseggio tutto legato. L'accom-pagnamento raggiunge quasi lo stesso livello sonoro della tromba, che sembra confondersi in mezzo agli altri strumenti. Particolarmente in evidenza sono le tastiere e il clarinetto basso, specialmente sul finire dell'esposizione e poco oltre. La dinamica generale scende notevolmente di intensità da 18:16 a 18:20, creando un ambiente più calmo e controllato per la sesta esposizione.
18:22 – esposizione VI; sembra la più omogenea e “canonica” nel trattamento del materiale melodico, Davis utilizza un suono pulito e un'attenzione maggiore alla precisa scansione della durata delle note. A 18:35 si sente forte l'accompagnamento della tastiera Fender Rhodes, con accordi in controtempo che spingono nuovamente verso il funk.
18:48 – esposizione VII; Davis si associa al carattere della tastiera, riprendendo una lettura del tema più ritmata.
19:08 – esposizione VIII (Esempio 12); presenta da subito alcune novità ritmiche e melodiche nel materiale tematico. Il fraseggio è più condensato e arricchito da passaggi, ancora una volta dal sapore funk, che danno più spinta e incisività sul groove portato dalle batterie e dai bassi. Si tratta infatti dell'unica esposizione in cui l'attacco della prima e della seconda frase (b.1 e b.3), e quello conclusivo e isolato di b.9, viene realizzato con due crome staccate invece di una semiminima, o valori ancora maggiori come nell'esposizione V, che inizia con una minima. Le quattro “affermazioni” che compongono lo Statement II, procedono in questo caso simmetricamente e durano tutte due battute. La durata complessiva di questa esposizione è esattamente la metà della prima, ascoltata a 16:37; 9 battute invece di 18 e 14 secondi circa invece di 28.
Il tempo di quest'ultima esposizione/variazione tematica rappresenta uno dei momenti in cui si sente con maggiore evidenza il connubio e l'ibridazione fra diversi stili e tradizioni musicali: jazz, funk, rock e le musiche di origine africana e indiana (Tingen, 2001, p. 72), che Davis stava sperimentando, e che ha portato critici e musicisti a definire questa musica jazz-rock, o, più correttamente, fusion, fusione di stili. La presenza di una pulsazione continua e la condotta polifonica generata dall'interazione tra gli strumenti sono elementi musicali di origine africana. Le batterie e i bassi portano un groove binario che potrebbe accompagnare un pezzo rock o funk. L'armonia modale sul pedale di Si e più in generale la condotta strumentale di improvvisazione sono il legame più evidente con diversi stili di jazz. L'assolo di Davis, come detto, è in diversi momenti molto vicino alle sonorità funk, e il suono distorto dei Fender Rhodes e della chitarra elettrica al mondo del rock.
Terminata l'esposizione della tromba a 19:21, gli strumenti continuano a suonare sullo stesso groove e con la stessa intenzione musicale fino a 19:33, quando una tastiera (probabilmente di Zawinul) dà inizio a una breve ''coda'' conclusiva, con una lenta discesa accordale (fino a 19:50) alla quale cor-risponde un parallelo calo della dinamica. Negli ultimi secondi di musica gli strumenti rimasti non vanno verso una vera e propria conclusione pre-stabilita o definitiva, ma abbandonano la scena lentamente dissolvendo l'atmosfera, per lasciare il posto a qualche breve momento di silenzio prima dell'attacco del brano successivo (Bitches Brews).
7. Considerazioni finali e prospettive sul metodo e i parametri di analisi
La realizzazione di un apparato grafico per l'analisi musicale si può trasformare in uno strumento utile al ricercatore – soprattutto nel caso di un brano dalla grande lunghezza e intricata trama come Pharaoh's Dance – perché la riduzione a rappresentazione bidimensionale sulla base di una time line dei parametri considerati (dinamica generale e meccanismo di tensione e rilascio), permette sia uno sguardo d'insieme sull'intera traccia per ciascun parametro, che la possibilità di una rapida comparazione sinottica tra i diversi grafici (Figura 11), quindi tra i parametri in relazione tra loro e con le componenti strutturali formali e armoniche del brano (Grafico I, IV e V).
Le prospettive per utilizzare un tipo di trascrizione in forma di grafici, diagrammi o tabelle, come strumento analitico, sono molteplici e possono condurre a diversi livelli di approfondimento e comparazione. Con il termine “trascrizione” si vuole qui fare riferimento al concetto ampio e in prospettiva etnomusicologica espresso da Giovanni Giuriati in Grammatica della musica etnica (1991, pp. 247-248) come segue:
La trascrizione consiste, implicitamente o esplicitamente, in un primo momento di riduzione ed analisi del documento sonoro: il trascrittore interpreta ciò che ascolta dandone una propria versione grafica, determinata dall'interesse analitico che lo induce a trascrivere. Ciascun ricercatore ritiene pertinente trascrivere alcuni dati e tralasciarne altri, a seconda dei suoi interessi di studio ed analisi
Per il brano Pharaoh's Dance l'analisi potrebbe essere ulteriormente estesa alla condotta di ogni singolo strumento, in modo da delineare più precisamente sia il contributo individuale che il modo di interagire ed utilizzare risorse musicali, come ad esempio l'imitazione o la variazione; e applicata anche a parametri espressivi come il timbro o il trattamento dell'intonazione, spesso meno indagati rispetto alla componente melodica, armonica e ritmica. L'aspetto timbrico, in particolare, meriterebbe di essere sottoposto ad un'analisi più completa e comparativa, come possibile mezzo per svelare connessioni con stili e tradizioni musicali, e allo stesso tempo approfondire l'influenza delle nuove tecnologie di manipolazione del suono, e dei nuovi strumenti elettrificati (chitarra e tastiere), sull'espressività e lo sviluppo della tecnica strumentale.
L'analisi sul lavoro di post-produzione potrebbe poi essere allargata allo studio dello spazio sonoro del brano, creato dalle scelte di suddivisione strumentale e dinamica tra canale destro e sinistro di ascolto. Quello che ascoltiamo nel disco non corrisponde allo spazio “reale” della disposizione in studio di registrazione, ma è uno spazio che risponde ad esigenze acustiche e compositive che ne hanno modificato l'assetto, il tutto grazie alla possibilità di registrare su 8 canali differenti.26
La creazione di un apparato grafico in cui coesistono dati più oggettivi, come le suddivisioni formali, le entrate strumentali, i tagli di editing o il livello dinamico della traccia sonora, e dati invece in cui è più forte la presenza di una componente soggettiva, come nella determinazione dei pedali armonici e in particolare nel grafico “tensione e rilascio”, costituisce la forza, e inevitabilmente anche la debolezza, di un'indagine in cui la soggettività del ricercatore è uno dei fattori che necessariamente partecipano al risultato finale.
Graficizzare le risultanti sonore della dinamica generale e quella sonoro/emotiva della componente “tensione e rilascio” è stato un tentativo di ampliare i metodi di analisi fino ad ora utilizzati per la musica del “periodo elettrico” di Miles Davis. Tentativo guidato dalla convinzione che possa essere utile, per studiare e cercare di rappresentare visivamente un tipo di musica fondamentalmente “sperimentale”, proporre dei nuovi mezzi grafici, anche questi sperimentali e da sperimentare, focalizzati su quei parametri che fanno parte della materia musicale in modo più diretto e pervasivo.
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- Monson, I. (2003). Jazz improvisation. In M. Cooke (cur.) - D. Horn (cur.). The Cambridge Companion To Jazz. Cambridge University Press, pp. 114-132.
- Nicholson, S. (1998). Jazz–Rock: A History. Schirmer Books.
- Nicholson, S. (2003). Fusions and crossovers. In M. Cooke & D. Horn (cur.). The Cambridge Companion To Jazz. Cambridge University Press (pp. 217-251).
- Salvatore, G. (2007). Miles Davis. Lo sicamano elettrico. Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri.
- Shekailo, D. E. (2018). Electronics and the music of Miles Davis. CUNY Academic Works.
- Tingen, P. (2001). Miles Beyond: the electric exploration of Miles Davis. Billboard Books.
- Zenni, S. (2007). I segreti del jazz. Una guida all'ascolto. Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri.
Note
- Come sintetizza efficacemente Stuart Nicholson (2003, p. 224): “In the eyes of many, Davis sanctioned a move into rock-influenced music. Because of his reputation as a musical pathfinder, the portents seemed clear: jazz-rock represented the way ahead because Miles Davis said so, and subsequently it has not been unusual for jazz histoires to credit him with creating jazz-rock.”
- Oltre ai più noti: Alexis Korner con i Blues Incorporated, i Cream, Mike Bloomfield con la sua band Electric Flag, le diverse formazioni guidate da Julian “Cannonball” Adderley, i Lifetime di Tony Williams, Jimi Hendrix, James Brown, Sly Stone con la sua band, il quartetto di Charles Lloyd, Gianfranco Salvatore (2007, p. 25) segnala anche due precursori del jazz-rock meno noti: il sassofonista Steve Marcus e il flautista Jeremy Steig con il gruppo Jeremy & the Satyrs.
- Stanley Crouch, John Litweiler, Martin Williams e Amiri Baraka (Everett LeRoy Jones), solo per citarne alcuni.
- Stuart Nicholson (2003, p. 217) ne parla in questi termini: “Appropriation is a recurring theme in the subsequent evolution of the music and reveals a continuing dialogue, not only with popular culture but other musical forms, in order to broaden the scope of jazz expressionism. […] Jazz […] continued this practice, culminating in perhaps the most controversial moment in contemporary jazz history, the appropriation of rock.”
- Sul finire degli anni Sessanta, l'uso del pedale armonico e degli ostinati di basso, divennero per Davis gli unici punti di riferimento per lo sviluppo dello spazio improvvisativo, che di conseguenza andrà aumentando sia nella durata che per quanto riguarda le possibili scelte armoniche di cui il solista disponeva. Nello stesso periodo i concerti di Davis si trasformeranno in performance scandite da lunghe suites musicali di brani collegati spesso grazie all'uso di un pedale armonico condiviso o a fare da ponte tra un pezzo e l'altro (Tingen, 2001, p. 38).
- Sassofonista, compositore, arrangiatore e produttore, Teo Macero (1925-2008), attraverso un orientamento innovativo alla post-produzione musicale, ha permesso a Miles Davis, soprattutto nel suo cosiddetto periodo elettrico (ma già produttore di Kind of Blue, 1959), di compiere un vero e proprio scarto rispetto alle produzioni dei dischi jazz dell'epoca. Macero ha contribuito alla realizzazione e al successo di dischi come Bitches Brew e In a Silent Way incamerando nella fase di editing e post-produzione metodi e tecniche sperimentati in ambito rock e popular, le cui origini risalivano alle avanguardie europee del dopoguerra e a quelle americane di musica sperimentale con il nastro magnetico (Merlin & Rizzardi, 2022, pp. 207-209).
- Già dal 1968, con l'album Filles de Kilimanjaro, Miles Davis inizierà ad apporre sulla copertina dei propri dischi il sottotitolo “Directions in music by Miles Davis”, “in modo che nessuno potesse sbagliarsi nell'identificare chi avesse il controllo creativo della musica” (cit. di Davis in Gluck, 2020, p. 68). Come opportunamente evidenziato da Gianfranco Salvatore (2007, p. 41), “col termine “direzioni” Miles ci offriva una definizione autorevole dell'evoluzione del suo metodo compositivo, e al tempo stesso della sua evoluzione come persona: uno sviluppo multidirezionale …”.
- Bitches Brew è un titolo provocatorio che richiama l'espressione “Witches' Brew” (la “pozione delle streghe”), ma al posto delle streghe Davis utilizzò bitches. “La parola, in senso proprio, indica il cane femmina. L'uso di bitch come insulto rivolto a una donna è vecchio di secoli, ma nel corso del tempo si è attenuato, fino a ribaltarsi: già verso la fine degli anni Sessanta, in un contesto femminista, bitch è la donna forte, indipendente, sicura di sé. Nello slang nordamericano, poi, il termine ha finito per occupare un campo semantico molto ampio e frastagliato. Nel nostro caso, il senso è forse quello ulteriormente traslato di ‘cosa o persona fuori dal comune’: i musicisti scelti da Miles, cioè, responsabili di una prodigiosa miscela in fermentazione (brew) di ingredienti musicali” (Merlin & Rizzardi, 2022, p. 16).
- Il gruppo al completo suona solamente su Pharaoh's Dance e Spanish Key.
- Per quanto riguarda il repertorio, tre dei sei pezzi (Miles Runs the Voodoo Down, Spanish Key e Sanctuary) venivano già suonati live dal quintetto di Davis (vedi Salvatore, 2007, p. 87), i restanti tre sono composizioni nuove: Pharaoh's Dance, scritta da Joe Zawinul, Bitches Brew, che dà il nome all'album, di Davis, e John McLaughlin, nata come sezione di Bitches Brew e poi invece montata come brano a sé stante, firmata da Davis e dedicata al chitarrista inglese (Merlin & Rizzardi, 2022, p. 153).
- Davis stava sperimentando qualcosa di nuovo senza però voltare le spalle alla tradizione jazzistica, che, nel caso dell'improvvisazione collettiva, aveva un importante antecedente nelle pratiche del jazz di New Orleans, e nella jam session un modo per stimolare la creatività individuale e collettiva come principio compositivo e generatore di nuove forme e soluzioni musicali (Carr, 1998, pp. 249-250).
- Miles was hearing the collective. He was trying to capture moods and feelings and textures. He always went for the essence of things, and that was much more important to him than going back and redoing a note thath wasn't perfect. Perfection for him was really capturing the essence of something and being in the moment with it” (Jack DeJohnette, cit. in Tingen, 2001, p. 66).
- Davis ha infatti combinato risorse e stilemi musicali appartenenti a generi come rock, funk, rhythm&blues, free jazz e alla musica africana, con le tecniche di manipolazione del nastro magnetico della musica sperimentale d'avanguardia e le tecniche di post-produzione della popular music (Monson, 2003, p. 130).
- Pubblicata in forma completa in Bitches Brew. La musica di Miles Davis 1967-1970 (Merlin & Rizzardi, 2022, pp. 159-161).
- Per la stesura e la conferma di queste riflessioni più tecniche sulla tromba mi sono avvalso del contributo del trombettista Fabrizio Bosso, in una breve intervista condotta in data 29-01-2024.
- Interpretando in questo senso le “reazioni” e le elaborazioni dei musicisti, nell'improvvisazione e nell'interplay, come elemento fondamentale per la condotta e lo sviluppo del brano.
- Sviluppato dal Centre for Digital Music dell'Università Queen Mary di Londra e distribuito gratuitamente sotto licenza GPL.
- Negli studi su Musica e Emozioni il cosiddetto self-report approach è il metodo più usato e l'unico modo in cui gli stessi ascoltatori possono caratterizzare la propria esperienza direttamente (cfr. Eerola & Vouskoski, 2013).
- In questo punto la mia analisi è in parziale disaccordo con quella di Merlin e Rizzardi (2022, p. 247), che scrivono: “La danza si apre con Jack DeJohnette che attacca direttamente in tempo, marcando il levare di tutti i quarti sul rullante e con il charleston in ottavi. … quasi tutta la prima battuta è stata tagliata, e il brano si apre così sul colpo dato sull'ultimo ottavo in levare; in questo modo all'entrata del pianoforte elettrico, dopo due battute, si è indotti a percepire un'inversione del battere con il levare. … Due colpi di cassa aggiunti sul battere del terzo e del quarto tempo della seconda battuta servono da lancio …”. Se è vero infatti che il groove della batteria trasmette all'ascolto una sensazione di “levare”, dovuta al fatto che è stata montata a partire proprio da un “colpo dato sull'ultimo ottavo in levare”, come affermato da Merlin e Rizzardi, è però anche vero che all'ascolto le prime due battute di Pharaoh's Dance suonate dalla batteria presentano una successione di 4/4 + 4/4 in cui i colpi del rullante sono sempre sul battere, e non sul levare (anche se così erano stati suonati in origine da DeJohnette), e i colpi finali di grancassa sul levare, e non sul battere, degli ultimi due quarti. La strana sensazione provocata da questa scelta di montaggio, svanisce con il primo taglio di editing a 00:19, quando la batteria riprende lo stesso groove ma “normalizzato”, senza quella marcata sensazione di spinta in avanti data da un tempo portato in levare e rimontato poi in battere.
- L'ultima battuta che Zawinul aveva scritto in 3/4, con il si prolungato, come accennato precedentemente, viene però trasformata in una battuta che dura 4/4.
- In realtà già da 00:03 è percepibile il suono della cordiera del rullante di White sotto le prime note suonate da Zawinul, ma si tratta di una produzione acustica involontaria; a 00:11 c'è invece un singolo e isolato, ma intenzionale, colpo sulla campana di un piatto.
- Compaiono fugacemente delle note “estranee” (do#-si), suonate come note di passaggio, o abbellimento, solamente sull'attacco del quarto tempo di b. 3 (Es. 7).
- Un insieme correlato di gesti e saperi in azione, espressività e sensorialità, partecipazione psichica, emotiva e fisica, codici cerimoniali e rituali, livelli complessi e interrelati di significazione” (Salvatore 2005, cit. in Zenni, 2007, pp. 19-20).
- Come evidenziato nell'analisi di Merlin & Rizzardi (2022, p. 251), “L'ultimo quarto del loop viene tagliato per permettere la connessione alla porzione di nastro successiva” (2009: 216).
- Il colore delle percussioni e la presenza di un pedale armonico, o “drone”, come unico riferimento costituiscono un legame con le musiche indiane, che avevano una forte influenza sulla produzione musicale del tempo, soprattutto in ambito rock (Beatles, Doors, Byrds, Velvet Underground, The Rolling Stones), (Kukkonen, 2005, p. 12).
- “… La separazione dei canali di registrazione è, d'altronde, requisito fondamentale in Bitches Brew di Miles Davis per l'individuazione e localizzazione degli esecutori nello spazio acustico. Anche questo, accanto alle tecniche di montaggio e post-produzione sonora, è tra i messaggi della cultura rock (che, a sua volta, recepiva il senso della ricerca elettroacustica maturata in ambito eurocolto) recepiti da Davis” (Caporaletti, 2005, p. 419, in nota).