Analitica Vol. 16 — 2023. Doi: 10.5281/zenodo.15068254
©2024 Alessandro Ventura – Creative Commons CC BY 4.0

Organizzazione spettrale, processo e forma in Solo pour deux di Gérard Grisey

Alessandro Ventura

Abstract La tendenza di Grisey a strutturare le sue composizioni mediante processi deriva da una ricerca di forme musicali che si dispieghino secondo una logica autogenerativa. Proprio in quest’ottica, tuttavia, un brano musicale non può ridursi ad una semplice giustapposizione di processi. In Solo pour deux il compositore torna su un’idea già sperimentata pochi anni prima, ovvero quella di processo unico. Una varietà eterogenea di processi, spesso strutturati mediante la serie di Fibonacci, viene coordinata e indirizzata in questo brano da un «processo unico di accelerazione continua». Lo stesso utilizzo prevalentemente orizzontale della serie degli armonici, pur dettato probabilmente dall’organico ristretto (clarinetto e trombone), può essere visto come una sorta di temporalizzazione di un’entità per sua natura statica come lo spettro armonico. Gli armonici di due serie costruite su due diverse fondamentali, infatti, vengono presentati nel corso del brano uno per uno in senso ascendente o discendente, così che lo spettro armonico stesso viene assunto in quanto tale come materiale compositivo. La ripetizione, pur nella varietà texturale e figurale del brano, di processi simili in forma sempre più contratta, pone il problema di come fermare l’accelerazione, concludendo il brano. Grisey opterà per una sistematica distruzione dei processi stessi, che negherà gli stessi principi organizzativi da cui ha avuto origine il pezzo.

Keywords Grisey, spettralismo, Fibonacci, processo, Solo pour deux

1. Introduzione

Coniato nel 1979 da Hugues Dufourt, il termine “spettralismo” è oggi inscindibilmente legato al gruppo di compositori francesi che, insieme allo stesso Dufourt, fondò nel 1973 l’ensemble l’Itinéraire. Il termine rimanda comunemente ad un’organizzazione delle altezze mutuata in qualche modo dall’analisi dello spettro di suoni complessi e, in particolare, di suoni armonici. Sappiamo infatti che ogni suono producibile in natura è scomponibile in un insieme infinito di sinusoidi, la cui rappresentazione grafica nel dominio delle frequenze prende il nome di spettro1. L’armonicità o inarmonicità di un suono dipende dal rapporto tra la sinusoide che ha la frequenza più bassa, detta fondamentale e le altre, dette parziali. In un suono armonico, la frequenza di ogni parziale corrisponde ad un multiplo intero di quella della fondamentale; le parziali vengono in questo caso definite armonici2. Il termine “spettrale” allude ad un procedimento compositivo mediante il quale la serie di armonici che si costruisce su una fondamentale viene impiegata come un serbatoio di altezze utilizzabili. Se lo spettro fotografa un istante di un suono complesso, la tecnica descritta temporalizza lo spettro, trasformandolo in scrittura musicale3.

Tutto questo è certamente presente nella musica di Grisey, il compositore probabilmente più emblematico, assieme a Murail, della musica così detta spettrale. In Transitoires, ad esempio, lo spettro del suono della corda più grave del contrabbasso viene indagato nel suo divenire temporale, cioè a livello sonografico, in diverse modalità di emissione – ordinario, pizzicato, sul ponticello4. Ai vari rintocchi del mi grave risponderà quindi l’orchestra, replicando l’andamento nel tempo delle varie parziali del suono concreto precedentemente udito. In Jour, Contre-jour, ancora, il percorso del sole nel cielo sarà tradotto in musica facendo coincidere il suo zenit con un accordo pienamente armonico, che si comporrà da un’iniziale inarmonicità e tornerà progressivamente, al termine del brano, all’inarmonicità5.

D’altro canto, il ricorso allo spettro armonico caratterizza solo una parte limitata, a livello di durate, della musica di Grisey; certamente esso assume spesso una rilevanza formale o drammatica, ma viene comunque affiancato da altri procedimenti non “spettrali” in senso stretto, come la ring modulation6 o la progressiva trasformazione di uno spettro armonico in senso inarmonico. Del resto, se la cifra della musica di Grisey si esaurisse nel ricorso ad un’organizzazione intervallare desunta dalla serie degli armonici, che valore dare ad una composizione per sei percussioni non intonate come Tempus ex machina?

Più che in una singola innovazione tecnica, la specificità della poetica di Grisey è forse da rintracciarsi in un’esigenza estetica di fondo. Seguendo Baillet (2000),7 il filo conduttore che accomuna la molteplicità di procedimenti che animano la musica di Grisey, ma anche di Murail, sembra essere un rifiuto dell’arbitrarietà che contraddistingueva, agli occhi di questi compositori, non solo il serialismo integrale ma anche quella variegata galassia a cui ci riferiamo col nome di musica aleatoria. C’è da osservare inoltre che, per lo meno nel caso di Grisey, l’accento non è tanto da porsi sull’organizzazione delle altezze quanto, piuttosto, sull’organizzazione del tempo. È vero che la scelta del materiale intervallare è spesso desunta da modelli naturalistici (lo spettro armonico) o tecnologici (p.es. la ring modulation), ma è altresì riscontrabile una certa dose d’arbitrio nel come questi modelli sono trattati, accostati e trasformati. È nell’idea di un’autogenerazione della forma che potremmo rintracciare, piuttosto, un fulcro della ricerca tecnica ed estetica di Grisey. Tale determinismo ci porta alla nozione di processo, necessaria per interpretare gran parte della musica di Grisey, ma anche al ricorso a modelli matematici, talvolta desunti dalla stessa serie degli armonici,8 per strutturare le durate e i vari parametri temporali.

Non è quindi un caso che, nel libretto del CD che contiene la prima registrazione del brano che ci accingiamo ad analizzare, lo stesso Grisey faccia riferimento tanto alla nozione di processo, su cui torneremo, quanto ad una sequenza matematica, ovvero la serie di Fibonacci9. Solo pour deux è un pezzo per trombone e clarinetto composto nel 1981, ovvero poco dopo Jour, contre-jour (1978-79) e Tempus ex machina (1979). La sua collocazione cronologica non è un dato irrilevante. Se nel primo di questi brani, come si è visto, Grisey si era servito di un unico grande processo per unificare l’intera composizione, nel secondo si può vedere, secondo Baillet,10 una novità nel modo di concepire il tempo musicale: «il ritmo, generalmente dissolto finora in una semplice elaborazione di durate, sarà infine ricercato nella sua natura pulsante e metrica». In effetti in Solo pour deux l’attenzione sembra focalizzarsi più sulle durate relative, organizzate capillarmente mediante la serie di Fibonacci, che non sulle durate assolute. Quanto al processo unitario, Baillet osserva che esso è “la migliore soluzione che possiamo apportare al rapporto tra forma e processo, ma appare molto raramente in Grisey, per il semplice motivo che un singolo processo è troppo breve per occupare un'intera opera”11.

Baillet prosegue notando come, dopo Jour, contre-Jour, Grisey abbia abbandonato questa soluzione cercando nuovi tipi di articolazione formale. Eppure, secondo quanto egli stesso afferma, Grisey torna in Solo pour deux sull’idea di processo unico. Gli esiti, però, saranno piuttosto differenti. In Jour, contre-Jour, infatti, il movimento di una compagine sonora piuttosto unitaria, prodotto grazie alla sinergia di diversi parametri (i timbri, i registri, etc.), catalizzava tutta l’attenzione verso un grande processo unitario. All’opposto, Solo pour deux è un brano incredibilmente stratificato in cui una grande varietà timbrica, ritmica e texturale accompagna un discreto numero di processi, per lo più coordinati tra loro. Se nel primo caso il materiale musicale è stato modellato sul concetto di processo unico, a rendere interessante la ricerca formale di Solo pour deux sarà, all’opposto, la capacità di un processo unitario di mantenere in un tutto organico un mondo sonoro eterogeneo e non privo di spinte centrifughe.

Nonostante l’interesse di Solo pour deux nell’evoluzione dello stile di Grisey, poco è stato scritto su questo brano – in Baillet (2000) non se ne fa menzione e neppure in Rose (1996). Fondamentale risulta dunque il recente studio di Gómez Márquez (2015) con cui la mia analisi ha trovato molta convergenza. Il mio lavoro ha seguito però un’impostazione a tratti diversa, innanzitutto nella scelta di discutere preliminarmente, in due paragrafi dedicati, due grandi principi organizzativi del brano, ovvero la successione di Fibonacci e le serie di armonici usate e presentate da Grisey prima della partitura. Questa indagine ha portato, assieme ad alcune osservazioni emerse durante l’analisi, a considerazioni che possono integrare il lavoro di Gómez Márquez.

Nonostante l’importanza di questi due livelli di organizzazione, tuttavia, il vero fulcro per un’analisi di questa partitura sembra essere il concetto di processo e in particolare di processo unico. Stando a quando ci dice Grisey, lo stesso uso della serie di Fibonacci è funzionale ad un processo di graduale comparsa della periodicità. Ancor più, come emergerà durante l’analisi, tale serie numerica regola molti dei parametri che servono a produrre l’accelerazione continua che sembra essere, in ultima istanza, il principale elemento di coesione del brano.

Eppure, tale elemento di coesione lascia spazio ad una grande complessità e stratificazione. Analizzare Solo pour deux vuol dire farsi strada in una selva di processi di natura eterogenea, alcuni dei quali sembrano invitarci a suddividere il brano in diverse parti. Come si vedrà nel corso del quarto paragrafo, questa operazione non è esente da problemi, in quanto è possibile segmentare il brano in modi leggermente differenti a seconda dei parametri a cui si sceglie di dare maggior peso. Rispetto a Gómez Márquez, proprio la scelta di dare risalto formale ad un maggior numero di parametri, alcuni dei quali percettivamente forti, mi ha portato a suddividere il brano stesso in modo non sempre sovrapponibile a quanto fa Gómez Márquez e tracciando cesure meno nette.

Se i processi di natura “locale” ci invitano a scomporre il brano in parti, quelli unitari ci riportano invece ad un’unità di livello superiore. Fondamentale sarà dunque, in sede di analisi, comprendere in che modo diversi processi possono coordinarsi tra loro. La tensione tra una forma di tipo “architettonico” e una forma di tipo “logico”, tra la scomposizione in parti e la sussunzione di queste in un tutto organico, rimane tuttavia forte in Solo pour deux.

La nozione stessa di processo ad ogni modo, e ancor più di processo unico, porta con sé un problema. Molti tipi di processo non hanno un limite teorico e parecchi tra quelli di respiro più ampio, che in questo brano si coordinano, come vedremo, per creare un’accelerazione costante a più livelli, avrebbero potuto proseguire ben oltre la durata della partitura. Come fermare dunque la macchina che si è messa in moto, portando il brano ad una conclusione? A partire dalla sezione 26, Grisey sembra voler negare sistematicamente i principi organizzativi del pezzo. Questo mi ha indotto a interpretare la parte conclusiva di Solo pour deux come una sorta di “distruzione del brano”, che fa irrompere inaspettatamente sulla scena un elemento di natura più drammatica che razionale.

L’analisi puntuale contenuta nel quarto paragrafo permetterà di verificare quanto detto nel concreto della partitura. Nel paragrafo conclusivo, infine, si discuteranno i temi e i problemi emersi nel corso della trattazione collocandoli all’interno della ricerca tecnica ed estetica di Grisey.

2. La serie di Fibonacci

La serie di Fibonacci è una successione numerica in cui ogni numero è la somma dei due precedenti eccetto i primi due, che sono rispettivamente 0 e 1. Ciò che rende interessante tale serie è che, procedendo verso l’infinito, ogni numero si trova col successivo e col precedente in un rapporto che si approssima con sempre più esattezza alla sezione aurea. Confrontando la coppia costituita dal secondo e dal terzo numero (1 e 2) a quella costituita dal decimo e dall’undicesimo (34 e 55), notiamo che mentre 2/1 ci dà un rapporto di 0,5, molto distante quindi dalla sezione aurea (1,6180339887...)12, con 55/34 otteniamo già una buona approssimazione (1.61764705882...)

Il fatto che in natura troviamo molti rapporti che coincidono con la sezione aurea sia nel mondo vegetale – pigne, broccoli, varie specie di fiori – che animale – alcune conchiglie, il viso umano – spiega l’interesse che essa ha suscitato presso artisti e architetti. Meno prevedibile, forse, è il suo utilizzo nel regno delle durate e del tempo, che pure ha una lunga e illustre tradizione che inizia (almeno) dai fiamminghi e arriva alla contemporaneità passando per molti compositori illustri quali Johann Sebastian Bach e Debussy.13

Prima di passare a illustrare l’impiego che Grisey fa della serie, sarà utile scrivere le prime cifre che la compongono:

0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, 144, 233, …

Nella partitura troviamo dei numeri arabi cerchiati che sembrano scandire diverse sezioni o, in ogni caso, suddividere il brano in altrettanti segmenti14. A ciascun numero, inoltre, corrisponde un cambiamento nella velocità di metronomo. Contando il numero di pulsazioni che compone ciascuna di queste sezioni, possiamo fare una prima interessante scoperta.

Come si vede nella Tab.1, il numero di pulsazioni che compone ogni sezione corrisponde ad un numero della serie di Fibonacci, fatta eccezione per i numeri 30 e 32 che, come spiegato nella didascalia della Tab. 1, mostrano delle caratteristiche peculiari. In tutti gli altri casi individuiamo chiaramente un pattern che va, in senso discendente, da 55 a 8. Il motivo per cui ci si ferma a 8 è legato probabilmente al fatto che sezioni ancora più brevi sarebbero difficilmente giustificabili musicalmente. Ad ogni modo, al numero 30 abbiamo comunque tre battute da cinque pulsazioni che si comportano similmente alle sezioni, dal momento che ad ogni battuta si ha un cambio di velocità. D’altra parte i numeri più bassi della serie, da 1 a 13, costituiscono la quantità di pulsazioni di alcune battute dell’ultima sezione. Qui ogni battuta presenta un metro diverso e i vari numeri appaiono in ordine sparso, né crescente né decrescente, così che il parametro che stiamo prendendo in esame sembra come esplodere in pezzi al termine del brano.

SezioniNumero di pulsazioniStruttura metrica
1-75511 bb. da 5/4
8-14348 bb. da 4/4 e una da 2/4
15-17217 bb. da 3/4
18-20219 bb. da 2/4 e una da 3/4
21135 bb. da 2/4 e una da 3/4
22132 bb. da 2/4 e una da 3/4
23-25135 bb. da 2/4 e una da 3/4
26-2982 bb. da 4/4
30153 bb. da 5/4*
3182 bb. da 2/4 e una da 3/4
32**
Tabella 1. Struttura metrica delle sezioni del brano.
  • *La velocità non si mantiene costante tra le diverse battute.
  • **Ogni singola battuta ha un numero di pulsazioni che corrisponde ad un numero della serie di Fibonacci.

Il «processo unico di accelerazione» di cui parla Grisey quindi, per lo meno per quanto concerne la progressiva contrazione delle sezioni, si struttura mediante la serie di Fibonacci. Un dato che tuttavia non possiamo mancare di sottolineare è che ad ogni nuova sezione troviamo un cambio di metronomo, il che non rende applicabile il rapporto matematico espresso dalla serie di Fibonacci alla durata del brano ma solo alla sua struttura metrica.

Esempio 1. Bb. 201-205 (fine sezione 20 e inizio della sezione 21), Edizione Ricordi (1 gennaio 2002). Ricordi & C., Solo pour deux. Musica di Gérard Grisey © 1982 Editions Durand, part of Universal Music Publishing Classics & Screen; Sub-editore per l’Italia: Casa Ricordi Srl; International Copyright Secured. All Rights Reserved; reprinted by Permission of Hal Leonard Europe BV.
Esempio 1. Bb. 201-205 (fine sezione 20 e inizio della sezione 21), Edizione Ricordi (1 gennaio 2002). Ricordi & C., Solo pour deux. Musica di Gérard Grisey © 1982 Editions Durand, part of Universal Music Publishing Classics & Screen; Sub-editore per l’Italia: Casa Ricordi Srl; International Copyright Secured. All Rights Reserved; reprinted by Permission of Hal Leonard Europe BV.

Altri processi,15 ad ogni modo, sembrano organizzati mediante la medesima serie numerica. Scorrendo la partitura, tra gli elementi texturali che colpiscono l’attenzione vi sono senz’altro le numerose acciaccature, spesso multiple, che precedono per lo più note tenute o variamente caratterizzate. Dapprima singole e rade, a partire dalla loro prima comparsa nella sezione 2 esse si fanno sempre più frequenti e ricche, fino a raggiungere le tredici note all’inizio della sezione 8. Il processo viene poi ripetuto successivamente e sfocia nell’acciaccatura di ventuno note all’inizio della sezione 21. Se andiamo a contare quante note compongono tali acciaccature, notiamo sempre dei numeri appartenenti alla serie, da un minimo di 1 a un massimo di 21. È interessante notare come Grisey tenda ad accostare acciaccature che formano numeri contigui della serie, per lo meno laddove esse appaiono ad una distanza abbastanza ravvicinata da permettere all’orecchio dell’ascolta-tore di fare un raffronto.16

In più punti nel corso della partitura accade, infine, che di sezione in sezione uno dei due strumenti introduca un numero sempre crescente di altezze, ovvero di parziali di una delle serie di armonici che, come vedremo nel prossimo paragrafo, vengono usate nel brano. Esaminando ad esempio il clarinetto dall’inizio fino al numero 7 possiamo notare che esso, prescindendo dalle acciaccature e da alcune note nei multifonici17, presenta ad ogni sezione un numero sempre crescente di altezze della prima serie di armonici, che va da uno a ventuno passando per tutti i numeri intermedi della serie di Fibonacci18. Il processo descritto avrà luogo in ciascuna delle quattro parti in cui suddivideremo il brano. La prima e la terza volta il clarinetto presenterà in senso ascendente gli armonici della prima serie; la seconda e la quarta il trombone passerà invece in rassegna, sempre in senso ascendente, gli armonici della seconda (cfr. Tabb. 3, 4, 5 e 7).

Di altre applicazioni della serie di Fibonacci diremo nel corso dell’analisi del pezzo. Quello che qui è importante sottolineare è che essa sembra costituire un principio organizzativo che pervade l’intero brano a più livelli.

3. L’organizzazione delle altezze

L’analisi delle altezze contenute in Solo pour deux è decisamente facilitata da due tavole che precedono la partitura, in cui vengono elencati e numerati gli armonici usati a partire dalle fondamentali mi e si♭ usati nel brano, approssimati al sesto di tono19. Le tavole ci mostrano però alcune peculiarità che è bene sottolineare. Innanzitutto le fondamentali che Grisey ha scelto sono a distanza di tritono. Questo vuol dire che esse avranno un numero di armonici in comune molto esiguo, per lo meno nella fascia che va dalla fondamentale al trentesimo armonico. Abbiamo quindi due diversi materiali costruttivi, posti tra loro in un rapporto di contrasto più che di somiglianza.

La scelta delle fondamentali, tuttavia, sembra avere a che fare anche con l’organico del brano e in particolare con il trombone. Come rileva anche Gómez Márquez (2015), le fondamentali della prima e della settima – e ultima – posizione del trombone sono infatti si♭ e mi21. In Solo pour deux la nota più grave del trombone è costituita proprio dalla nota pedale della prima posizione, si♭0, che risulta di più agevole emissione e rispetto alle note pedale più gravi22. Questo può giovare dal momento che, esaminando la sezione 6, notiamo che la nota pedale di si♭ è spesso preceduta da note molto rapide che coprono ampi intervalli, oltre al fatto che su tale nota si richiedono diminuendo dinamici fino al niente. Inoltre, grazie all’uso della ritorta, il trombone può arrivare sulla nota pedale di si♭ in modo più graduale, passando per il re della sezione 5, mentre ad altre note pedale dovrebbe arrivare di salto o a partire da altre note pedale, con tutte le limitazioni che ciò comporta. La fondamentale di mi, dal canto suo, viene sfruttata per eseguire gran parte di quei glissando di armonici tra le sezioni 9 e 14 che, come vedremo più avanti, avranno spesso una loro importanza a livello formale. Quanto al clarinetto, la scelta delle fondamentali è comunque felice. La nota mi è disponibile già nella gamma più grave dello strumento, mentre la nota più grave producibile è un re, che corrisponde al decimo armonico della serie di si♭. Uno sguardo alle prime due sezioni, ma anche alla 14, sembra confermare il fatto che Grisey fosse interessato a sfruttare il limite grave del clarinetto.

Osservando le tavole fornite da Grisey possiamo notare che le serie usate nel brano saltano alcuni armonici, come evidenzia la stessa numerazione fornita. Partendo dal trombone, è evidente la presenza di un vuoto tra il decimo e il diciottesimo armonico; gli armonici mancanti sono suonati in questo caso dal clarinetto. Per ragioni di registri, inoltre, nel trombone la prima serie inizia dal quarto armonico e la seconda dal secondo. Un dato interessante è anche il fatto che, nella seconda serie, il trombone omette il ventiquattresimo armonico. Dando uno sguardo al clarinetto, in effetti, notiamo che in entrambe le serie vengono omessi quasi la metà degli armonici a partire dalla regione acuta o medio-acuta.23 Sorvolando su alcune differenze negli armonici omessi tra le due serie – nella prima, ad esempio, c’è un vuoto tra il 40 ed il 43 –, è bene chiederci quali siano i motivi di queste scelte. La ragione è probabilmente da rintracciarsi nelle limitazioni che la tecnica così detta spettrale può produrre in sede compositiva.

Figura 1. Primi quaranta armonici a partire da mi e si♭. I numeri posti sopra le note indicano in cent quanto ogni altezza cresce o cala rispetto al suo corrispettivo temperato.
Figura 1. Primi quaranta armonici a partire da mi e si♭. I numeri posti sopra le note indicano in cent quanto ogni altezza cresce o cala rispetto al suo corrispettivo temperato.

Il carattere molto lato dei primi armonici e quello estremamente stretto di quelli più acuti, che a partire dal ventesimo eccedono persino la scala cromatica, fanno sì che, tendenzialmente, la zona tra il quarto e il ventesimo armonico possa risultare più “maneggevole” a livello compositivo. In questo range troviamo infatti intervalli che si aggirano approssimativamente tra il tono e il semitono, il che può aumentare le possibilità a livello di scrittura visto il loro carattere a tratti quasi diatonico. Dal canto loro la fondamentale e i primi armonici si trovano spesso in regioni gravissime, fuori estensione per la maggior parte degli strumenti, proprio per permettere di collocare la zona maggiormente duttile in un registro più o meno medio, raggiungibile da quasi tutti gli strumenti e confortevole a livello psicoacustico. Andando all’acuto, d’altra parte, abbiamo intervalli così stretti da creare una difficoltà sia nella loro intonazione che nella loro percezione e, parallelamente, la stessa differenza tra gli armonici delle varie fondamentali si attenua con l’aumentare delle altezze presenti nello spazio di un’ottava. La soppressione di alcuni armonici, in definitiva, potrebbe rispondere all’esigenza di attenuare questo tipo di inconvenienti. Anche la scelta di porre le fondamentali al di sotto del registro dei due strumenti si spiega con quanto detto sopra.24

Esempio 2. Bb. 60-67 (sezioni 5-6), id., © Ricordi & C. Il numero 34 è posto tra parentesi in quanto l’armonico corrispondente viene escluso nella tavola in cui Grisey presenta gli armonici dalla prima serie usati da clarinetto. Come vedremo più avanti, anche in altri casi verranno di fatto adoperati nel brano armonici che non figurano nelle tavole.
Esempio 2. Bb. 60-67 (sezioni 5-6), id., © Ricordi & C. Il numero 34 è posto tra parentesi in quanto l’armonico corrispondente viene escluso nella tavola in cui Grisey presenta gli armonici dalla prima serie usati da clarinetto. Come vedremo più avanti, anche in altri casi verranno di fatto adoperati nel brano armonici che non figurano nelle tavole.

Si potrebbe avere, arrivati fin qui, l’impressione di trovarci di fronte ad una partitura “spettrale” nel senso più canonico del termine. Bisogna tuttavia sottolineare che il modo in cui Grisey usa le serie di armonici in questo brano è tutt’altro che scontato. In Solo pour deux lo spettro armonico, un’entità per sua natura verticale e simultanea, viene interpretato in modo orizzontale. Le serie sono trattate infatti come successioni di note da porre temporalmente l’una dopo l’altra, più che per formare agglomerati sonori che ricreino la sonorità di uno spettro armonico.25 E non bisogna neppure pensare a dei surrogati delle scale tradizionali, adoperati magari come base per formare dei segmenti motivici o melodici ricorrenti; al contrario, le serie stesse sembrano rappresentare il materiale fondamentale del brano dal momento che Grisey le espone ordinatamente nel modo più semplice. Da 0 a 7 (bb. 1-77) vediamo il clarinetto percorrere uno per uno gli armonici della prima serie dal numero 10 fino alla fine, mentre il trombone discende lentamente dal decimo al settimo armonico (cfr. Es. 2 e Tab. 3). Bisogna chiarire fin d’ora che questo processo riguarda le note lunghe, tenute, ribattute o glissate che siano, mentre le acciaccature e i multifonici rispondono, come vedremo più avanti, ad un diverso principio organizzativo.26

Un elemento di novità si ha da 8: il trombone abbandona la prima serie per passare alla seconda,27 mentre il clarinetto continua ad andare verso l’acuto suonando sulla prima serie per poi scendere di nuovo, nel corso delle sezioni successive, fino al suono di partenza (cfr. infra, Tab. 2, che fornisce un quadro sintetico dei cambi di serie e di direzionalità nei due strumenti).28

Tralasciando per ora alcune questioni interpretative di cui si darà conto in sede d’analisi, noteremo che con la sezione 16 il trombone si avvia a tornare alla prima serie sfruttando una nota comune a entrambe.

Dalla sezione 17 il gioco si inverte: il clarinetto si sposta sulla seconda serie, passando inizialmente per alcuni suoni comuni,29 mentre il trombone continua con la prima dopo aver abbandonato la seconda serie a 14. Appare a questo punto chiaro che, almeno per ora, la scelta di due diverse fondamentali non è stata dettata tanto dalla volontà di realizzare una sorta di modulazione spettrale dell’intero brano, creando magari delle sezioni di contrasto; l’interesse compositivo dietro questa scelta è piuttosto la sovrapposizione di entità sonore alquanto lontane. Sovrapporre queste due serie vuol dire arricchire il colore di alcune zone della composizione, estendendo il serbatoio di note disponibili all’interno dello spazio sonoro.

Una novità in questo senso la si ha, tuttavia, a partire dalla sezione 22 fino alla fine del brano. Esplorate le due diverse sovrapposizioni possibili delle due serie, infatti, da questo punto entrambi gli strumenti si attestano sulla seconda, così che l’esigenza di una qualche forma di ripresa che caratterizza gran parte delle forme classiche cede il passo ad un processo di slittamento da un primo ad un secondo campo.

Quest’indagine globale sull’organizzazione delle altezze non potrebbe dirsi conclusa senza uno sguardo alle verticalità presenti nella partitura. Nell’impossibilità di esaminarle tutte, premetteremo innanzitutto che l’utilizzo di una serie di armonici garantisce, per sua natura, un certo grado di efficacia e solidità a tutte le verticalità che si possono produrre. Anche laddove entrambi gli strumenti si muovono su una medesima serie, tuttavia, troviamo un ulteriore livello di organizzazione. In più punti possiamo notare che, considerando le note suonate dal trombone come fondamentali o, eccezionalmente, come secondo o quarto armonico di una fondamentale assente,30 al clarinetto troviamo una parziale armonica. Prima di passare in rassegna alcuni casi, sarà forse utile precisare che, nel corso di questa trattazione, definiremo armonica una verticalità quando essa risulterà organizzata secondo quanto descritto e non semplicemente quando sarà formata da altezze appartenenti ad uno stesso spettro. 31

Saltando i numeri 0 e 1, in cui per lo più ci si allontana lentamente a partire da un unisono, da 2 possiamo notare un intervallo di quinta giusta32 (secondo e terzo armonico), seguito a 3 da un intervallo d’ottava (primo e secondo armonico) e, ancora, da una dodicesima a 4 (primo e terzo armonico). Alcuni intervalli possono essere di difficile interpretazione ma si tratta in molti casi, per così dire, di intervalli “preparati” a partire da verticalità che seguono la logica descritta e, spesso, di breve durata o all'interno di glissando. Le verticalità che si formano omoritmicamente, invece, risultano in genere armoniche,33 salvo in alcuni punti che verranno segnalati e discussi nell’analisi, e infatti prevalgono all’inizio delle sezioni. Proseguendo su 4, ad esempio, possiamo interpretare il fa del trombone e il mi♭ del clarinetto come un secondo e un settimo armonico,34 mentre le note a seguire del clarinetto sembrano formare intervalli di passaggio. È interessante notare fin d’ora che questi momenti di inarmonicità giungono in genere nel corso delle sezioni, dopo un’iniziale armonicità. All’inizio di 5, infine, il re e il fa♯ che attaccano in battere possono essere visti come un primo e un quinto armonico.

Il tipo di organizzazione delle verticalità che abbiamo descritto, non inconsueto nella musica di Grisey 35, diviene forse più cruciale nel momento in cui vengono mescolate serie di diverse fondamentali poiché, in quel caso, le due altezze non sono legate da una fondamentale comune e possono quindi porsi facilmente in un rapporto di maggiore inarmonicità. Dalla sezione 20 il clarinetto passa definitivamente alla seconda serie dopo aver abbandonato i suoni comuni alle due serie. Qui il trombone salta ad un re grave, mentre il clarinetto sale ad un re sovracuto che può essere interpretato come il suo sedicesimo armonico.

Quando invece, all’inizio di 8, è il trombone a passare alla seconda serie mentre il clarinetto continua sulla prima, possiamo vedere un intervallo di quattro ottave, interpretabile come un ottavo armonico su di una fondamentale di mi. Più avanti, all’inizio di 9, troviamo un si grave con un re sovracuto che costituisce il ventesimo armonico del si al trombone; poi, all’inizio di 10 (Es. 3), una fondamentale con tredicesimo armonico (mi al trombone e do al clarinetto) 36 e, quando più avanti nella stessa sezione il trombone si sposta su sol♯, una fondamentale con il suo undicesimo armonico (Es. 4).

Esempio 3. B. 107, id., © Ricordi & C.
Esempio 3. B. 107, id., © Ricordi & C.
Esempio 4. B. 112, id., ©Ricordi & C.
Esempio 4. B. 112, id., ©Ricordi & C.

La tecnica descritta, in definitiva, fa sì che la sonorità delle verticalità, molto importante a livello percettivo, non contraddica quella delle serie creando intervalli inarmonici, soprattutto dove le due serie vengono sovrapposte. Il modo di procedere di Grisey ci spinge tuttavia a porre una questione. Esaminando le verticalità date omoritmicamente nel corso del brano, e particolarmente quelle all’inizio delle sezioni, si nota una certa prevalenza di ottave e unisoni giusti e di terze maggiori e quinte giuste – o quindicesime, decime e dodicesime. La preferenza per questi intervalli potrebbe dipendere dal fatto che non parliamo di sinusoidi ma di suoni complessi. Due suoni a distanza di quinta o di ottava avranno un discreto numero di armonici in comune, mentre due note a distanza di seconda maggiore ne avranno molti meno. Se quindi si considerano non sono le fondamentali ma l’intero spettro dei suoni uditi nel brano, è chiaro che gli intervalli che si formano tra la fondamentale e il quinto armonico,37 assieme ai loro multipli, risulteranno maggiormente armonici.

Un punto che rimane da chiarire in questa disamina preliminare è rappresentato dalle numerose acciaccature, spesso multiple, che si incontrano nel corso della partitura, dal momento che esse sembrano sfuggire in più punti all’organizzazione delle altezze che abbiamo descritto. Un dato importante, in questo senso, è la totale assenza di tutte quelle alterazioni che servono a Grisey per ricreare un’intonazione microtonale che si approssimi all’intonazione di ciascun armonico.38 Bi-sogna chiedersi, tuttavia, quanto un’intonazione così dettagliata possa essere realmente realizzabile in note da suonarsi il più velocemente possibile e quanto, d’altra parte, essa possa essere apprezzabile a livello percettivo. Questo potrebbe spingerci a ipotizzare che, nel caso di queste note molto rapide, si richieda un’intonazione più approssimata – al semitono –, spostando l’attenzione sul dato ritmico, regolato invece tramite la serie di Fibonacci. Del resto, l’arrotondamento dell’intonazione che stiamo ipotizzando fa sì che queste note siano anche difficilmente interpretabili quando si spostano dalla regione più grave, dal momento che già dal quattordicesimo armonico troveremmo tutto il totale cromatico.39

Nell’impossibilità di esaminare il gran numero di casi presenti nella partitura ci limiteremo ad alcuni esempi. All’inizio di 8 troviamo un’acciaccatura multipla da ben tredici note, la prima del brano di questa lunghezza. Approssimando le altezze possiamo ricondurre tutte le note presenti ad armonici della seconda serie, il che è interessante perché è proprio in quel momento che il trombone, a partire dal quarto armonico, abbandona la fondamentale di si♭ in favore di mi. Nel corso di tutta questa sezione il trombone terrà sempre mi come pedale e il clarinetto alleggerirà progressivamente il gesto, togliendo sempre più note. Se però andiamo più avanti nella partitura e consideriamo l’acciaccatura all’inizio della sezione 19, i conti non tornano più. In questa parte del brano il clarinetto sta esponendo gli armonici della seconda serie, con fondamentale mi (fa♯ scritto), in senso ascendente. Le prime note dell’acciaccatura, però, non sono contenute in questa serie ma sembrano piuttosto riconducibili alla prima. In realtà, queste acquistano un senso se le poniamo in relazione al fa1 tenuto dal trombone. Se consideriamo tale nota come il secondo armonico di una fondamentale posta un’ottava sotto, le prime quattro note dell’acciaccatura del clarinetto sono interpretabili come quarto, quinto, sesto e ottavo armonico. Allo stesso modo, le note suonate dal clarinetto all’inizio della sezione 5 possono essere facilmente interpretate come secondo, terzo, quarto e quinto armonico (il sol♯ tenuto) del re tenuto dal trombone. Anche un gesto affine dal punto di vista sonoro alle acciaccature multiple, ovvero le otto semibiscrome che precedono la sezione 9, presenta numerose note che possono essere spiegate solo in relazione al si0 del trombone, di cui in effetti lo stesso trombone farà percepire lo spettro tramite un glissando di armonici proprio sulla fondamentale di si.

Un discorso simile vale per i numerosi multifonici del clarinetto. Essi, per lo meno quanto ai suoni che sono notati in partitura, danno in molti casi armonici di fondamentali che coincidono con le note suonate col trombone o che si trovano un’ottava sotto. Possiamo vedere ad esempio, in 4, che considerando il fa del trombone come secondo armonico i suoni del multifonico coincidono con gli armonici 6, 17 e 24 mentre, a 5, troviamo gli armonici 6, 14 e 20 a partire da una fondamentale che si trova un’ottava sotto al re del trombone. È da osservare che, in questo caso, il quattordicesimo armonico risulta approssimato al semitono nell’intonazione in quanto privo del simbolo ↓. Troviamo, ancora, la medesima organizzazione anche in un multifonico di 4 suoni come quello che inizia alla settima battuta di 6; esso dà, a partire dal si♭ del trombone, gli armonici 4, 9, 12 e 17. Nonostante alcuni multifonici siano di difficile interpretazione e altri presentino armonici approssimati nell’intonazione, altre volte troviamo al loro interno alterazioni microtonali che servono proprio allo scopo di creare accordi costruiti sugli armonici della fondamentale data dal trombone. Un esempio lo troviamo dalla seconda battuta di 10 (cfr. Es. 5), dove a partire dal trombone il multifonico forma gli armonici 4, 9 e 13 (fa♯, sol♯ e re scritto). Se dunque nelle acciaccature multiple l’approssimazione al semitono è la regola, nei multifonici la troviamo solo in alcuni casi.

Quando le acciaccature sono al trombone, troviamo per lo più armonici della serie che si sta adoperando in quel momento, arrotondati dove necessario. Nella quartultima battuta di 5 troviamo ad esempio, includendo la nota tenuta, gli armonici 8, 6 e 5 della prima serie, che non hanno bisogno di arrotondamento, mentre nella sesta battuta di 13 troviamo tra le note dell’acciaccatura, costruita sulla seconda serie, un do♯ anziché ‡ (tredicesimo armonico) e un re privo del segno ↓ (quattordicesimo armonico).

Esempio 5. Bb. 108-109, id., ©Ricordi & C.
Esempio 5. Bb. 108-109, id., ©Ricordi & C.

Dobbiamo precisare, infine, che l’uso dei multifonici appare in qualche modo ibrido in quanto, in molti punti della partitura, alcune delle note di cui essi sono composti appaiono integrate nelle esposizioni degli armonici delle due serie in senso ascendente compiute dal clarinetto. Osservando quanto accade durante 7, infatti, è evidente che le note acute dei multifonici fanno parte del movimento ascendente del clarinetto attraverso le note della serie. In definitiva le acciaccature, i multifonici ma anche le singole note suonate dal clarinetto si fondono con lo spettro delle note gravi suonate dal trombone, enfatizzandone alcune componenti e trasformando in armonia quello che, a livello percettivo, il nostro cervello interpreta come timbro.

Ora che abbiamo un quadro generale dell’organiz-zazione delle altezze in questo brano, possiamo tentare di dare una spiegazione a due apparenti stranezze che finora sono rimaste in ombra. Osservando le tavole possiamo renderci conto che le serie non sono due, bensì tre. La seconda serie del trombone, infatti, è costruita su una fondamentale che si trova un’ottava sotto rispetto a quella del clarinetto – e a quella della Figura 1. Questo può apparire tanto più strano nel momento in cui si considera che tutte le altezze presenti in una serie di armonici sono comunque contenute in una serie che inizia da una fondamentale più grave di un’ottava.40 Dobbiamo considerare, però, che una delle particolarità di Solo pour deux è proprio l’idea di una presentazione orizzontale e analitica, nota per nota, di una serie di armonici. Avere il doppio degli armonici da presentare avrebbe richiesto al clarinetto il doppio del tempo per giungere, tra le sezioni 14 e 21, dal limite grave fino al registro sovracuto del clarinetto.41 Anche la discesa per moto parallelo che inizia dalla sezione 26, fondamentale a livello formale come vedremo, sarebbe stata impossibile a livello di registri senza questo accorgimento. La stessa scelta di non usare alcuni armonici, oltre che alle esigenze già discusse, potrebbe rispondere anche a questo problema compositivo.

Un fatto meno evidente è invece l’approssimazione al semitono, dichiarata già nelle tavole, di alcuni specifici armonici. Nella prima serie il settimo e il quattordicesimo armonico, la1 e la2, sono privi del segno ↓, che abbassa l’altezza di un sesto di tono; il segno ricompare però in un’ottava superiore, cioè nel ventottesimo armonico del trombone – il clarinetto invece salta questo armonico. Similmente, il quattordicesimo armonico della serie seconda del trombone, re3, risulta privo del medesimo segno mentre il settimo armonico della stessa serie appare intonato regolarmente, così come il quattordicesimo e il settimo del clarinetto, che si trovano un’ottava sopra. Ancor più curioso è il caso del venticinquesimo armonico della prima serie, che viene approssimato al semitono solo dal clarinetto, ancora una volta eliminando il segno ↓. Infine, il ventinovesimo armonico della seconda serie del clarinetto risulta privo della freccia in su. Una prima osservazione che possiamo fare è che Grisey evita approssimazioni quando la distanza con la nota temperata è particolarmente accentuata, quindi nel caso di monesis, triesis, mezzi bemolli e doppi bemolli. Per capire il perché di queste eccezioni, però, bisognerà esaminare le occorrenze di queste altezze nel brano.

All’inizio della sezione 3 sia trombone che clarinetto suonano un la♭ privo del segno ↓ a distanza di ottava, mentre il re privo dello stesso segno si incontra al trombone nella sezione 13. Come osserva Gómez Márquez 42, in entrambi i casi (inizio sezione 3 e inizio sezione 13) il clarinetto suona un multifonico che, come spiegato in precedenza, deve dare armonici corrispondenti alla fondamentale data dal trombone, eventualmente abbassati di una o due ottave. Considerando che i multifonici danno in questo brano note dello spettro delle note del trombone, una fondamentale abbassata di un sesto di tono sarebbe stata problematica a questo proposito. Anche il fa♯ (sol♯ scritto) del clarinetto nella sezione 5 viene approssimato in prossimità di un multifonico che contiene la stessa altezza all’ottava superiore. Considerando che tale multifonico va suonato legato al fa♯, con un’unica emissione di fiato, ciò avrebbe potuto causare problemi d’intonazione. Ci sono tuttavia quattro casi in cui tali approssimazioni appaiono in assenza di multifonici. Il fa♯, venticinquesimo armonico della prima serie del clarinetto, compare ancora nella sezione 17 e il la♭, settimo armonico del trombone e quattordicesimo del clarinetto sempre appartenenti alla prima serie, tornano rispettivamente nelle sezioni 18 e 15. Si potrebbe ipotizzare che Grisey abbia semplicemente voluto evitare di proporre uno stesso armonico in due diverse intonazioni, però questo non spiega l’approssimazione del ventisettesimo armonico nella seconda serie del clarinetto. Si può ragionevolmente supporre che queste approssimazioni servano a produrre verticalità armoniche. Bisogna considerare che tali verticalità devono essere formate non solo servendosi esclusivamente delle altezze disponibili all’interno della serie su cui ci si sta muovendo, ma anche rispettando il processo di enumerazione degli armonici verso l’acuto o verso il grave 43. In tal senso è emblematico quanto accade nella sezione 15. Qui gli strumenti abbandonano l’unisono sulla nota re e riprendono a distanziarsi, similmente a quanto accade all’inizio del brano ma più rapidamente. L’unico intervallo che presenti un qualche grado di armonicità ma non risulti troppo lato è la terza maggiore, tuttavia le possibilità per intonare quest’intervallo sembrano esigue. Il la♭ del clarinetto privo della freccia in giù assieme al do del trombone, sembra perfetto per risolvere questa difficoltà.

Infine, è interessante notare che l’approssimazione di alcuni armonici produce delle note comuni tra le due serie nella zona che va tra il quinto ed il quindicesimo armonico, quindi relativamente vicino alla fondamentale. Nonostante Grisey sia evidentemente interessato ad utilizzare due campi armonici molto distanti tra loro, pure sembra aver sfruttato questa possibilità in due casi. All’inizio della sezione 13 i due strumenti finalmente, dopo essersi distanziati, convergono di nuovo su di un unisono. Questo accade, tuttavia, mentre ciascuno strumento suona all’interno di una diversa serie. L’approssimazione di cui già si è detto del settimo armonico della seconda serie del trombone (re3) rende possibile un unisono che sembra avere una certa rilevanza dal punto di vista compositivo. Il secondo caso riguarda le sezioni 17 e 18, in cui il clarinetto si sposta dalla prima alla seconda serie sfruttando suoni comuni. Uno di questi è proprio il venticinquesimo armonico della prima serie, che coincide con il nono della seconda a patto che venga di nuovo proposto senza il segno ↓.

Per concludere questa disamina, è utile sottolineare come il trattamento delle verticalità che abbiamo descritto risponda alla volontà, forte nella musica di Grisey, di una riunificazione o compenetrazione tra due parametri tradizionalmente tenuti separati nella musica colta occidentale, ovvero timbro e armonia. Le note singole del clarinetto infatti, ma ancor più i multifonici e le acciaccature multiple, si pongono come un’estensione del timbro del trombone, o meglio di alcune sue componenti, nell’ambito dell’armonia.44

4. Aspetti texturali, figure e forma musicale

Solo pour deux, come abbiamo detto, è un pezzo per trombone e clarinetto. Questi due strumenti si prestano sicuramente ad un brano in cui le altezze sono organizzate spettralmente, in primis perché rendono possibile un’intonazione piuttosto accurata degli armonici a livello microtonale, grazie alla coulisse del trombone e al gran numero di diteggiature con cui il clarinetto può produrre diverse altezze. Le tecniche eseguibili con entrambi gli strumenti, inoltre, risultano molto interessanti in una prospettiva spettrale. I glissando di armonici possibili tramite il trombone e impiegati più volte nel brano fanno udire varie parziali di uno spettro in un tempo quasi simultaneo e con un’intonazione praticamente perfetta. Si tratta, potremmo dire, di un’estrema contrazione dei processi di esposizione degli armonici delle serie che caratterizzano pressoché l’intero brano. Abbiamo visto, inoltre, come spesso il clarinetto suoni armonici della fondamentale corrispondente alla nota suonata dal trombone, talvolta abbassati di ottava. L’estensione grave, la potenza sonora e la ricchezza spettrale del trombone, di contro al suono più povero di armonici del clarinetto, rende felice la scelta di assegnare al primo il compito di far sentire una fondamentale insieme al suo spettro armonico.45 Il clarinetto si fonderà invece con questo enfatizzandone alcune componenti ma anche arricchendolo con alcune parziali estranee.46 L’uso dei multifonici rende ancora più forte ed evidente questo rapporto tra i due strumenti, dal momento che essi danno per lo più armonici delle fondamentali suonate dal trombone. Un discorso simile, come abbiamo visto, vale per le acciaccature multiple, anche molto estese, che uno strumento agile come il clarinetto può suonare efficacemente. Il secondo tipo di multifonici suonati dal clarinetto invece, che nella legenda vengono chiamati “suoni spezzati”, invertono i ruoli. Essi enfatizzano infatti bande di armonici relativamente lontani dalla fondamentale, così che in questi casi è il clarinetto a dare uno spettro, mentre il trombone, più all’acuto, si fonderà con esso.

La notevole estensione dei due strumenti, unita ad un buon controllo dinamico e ad un’efficacia timbrica nei diversi registri, rende poi possibile l’impalcatura formale del brano, in cui l’esposizione delle serie di armonici in senso ascendente o discendente ha un ruolo fondamentale. Anche il buon grado di amalgama timbrica dei diversi strumenti, grazie alla loro sonorità scura, ha una grande importanza. L’iniziale fusione timbrica è funzionale al gioco di battimenti, mentre la progressiva distinzione tra i due strumenti a partire da un’iniziale fusione sarà, di nuovo, significativa a livello formale. La possibilità del trombone di eseguire glissando incredibilmente lenti e costanti è funzionale parallelamente al processo di dilatazione dei registri, che dovrà essere molto lenta all’inizio per aumentare in un processo di lungo respiro. Quanto all’ampio uso di sordine del trombone, i suoni di puro soffio, l’uso del Flatterzunge e tutte le altre tecniche che incontreremo, esse creeranno la notevole stratificazione sonora che caratterizza Solo pour deux.

Come si è detto nell’Introduzione, una certa stratificazione possiamo ravvisarla anche ad un livello più strutturale nella pluralità ed eterogeneità di processi che compone il brano. Poiché il concetto di processo sarà centrale nell’analisi che segue, sarà necessario metterlo maggiormente a fuoco. Con questo termine indichiamo, particolarmente in riferimento alla musica di Gisey, un insieme di eventi o di trasformazioni posti in un rapporto causale tra loro e orientati secondo un percorso predefinito. È importante sottolineare che i processi finora descritti (cambiamenti metrici e metronomici, aumento del numero di altezze suonate in ogni sezione, inspessimento delle acciaccature multiple) hanno una natura discreta, ovvero procedono per gradini più che seguendo un continuum.47 Vedremo più volte, nel corso di quest’analisi, come vari eventi sonori concorreranno a scandire queste fasi, talvolta comportandosi come veri e proprio segnali più o meno ricorrenti. Non mancano, tuttavia, processi che non si articolano secondo fasi ben definite, come la progressiva distinzione timbrica e ritmica dei due strumenti, i passaggi dall’armonicità all’inarmonicità nel corso delle fasi, di cui si dirà più avanti, e «l’inesorabile comparsa di pulsazioni periodiche»48 di cui parla lo stesso Grisey.

Ciò che dovremo innanzitutto ricercare, in sede di analisi, è se e in che modo molteplici processi concorrono a segmentare il brano e a creare una forma musicale. Il notevole numero di processi che possiamo ravvisare in Solo pour deux, insieme alla loro natura spesso eterogenea, può rappresentare una difficoltà in tal senso. Eppure proprio il loro articolarsi su diversi parametri fa sì che essi possano sovrapporsi e concludersi in uno stesso momento, concorrendo a delimitare una parte del brano. Ciò si verifica solo in alcuni casi in Solo pour deux; in altri, accade che diversi processi finiscano non proprio in concomitanza ma con leggeri slittamenti. Questo, come vedremo, rende difficile segmentare il brano in modo univoco. Nella composizione si ravvisano sì diverse parti, ma pure tracciare un confine netto richiede talvolta di scegliere, in modo inevitabilmente arbitrario, quale parametro – e quale processo – privilegiare.

Un’altra modalità con cui più processi possono venire coordinati è la reiterazione di uno stesso processo in modo tale che esso si trasformi gradualmente ad ogni ripetizione. In Solo pour deux un certo numero di processi vengono ripetuti in forma sempre più contratta, diventando a loro volta le fasi di un unico processo di accelerazione. Questo, tuttavia, pone in alcuni casi il problema della mancanza di un limite teorico di tali “processi di processi”. Non è un caso che, come abbiamo anticipato, Grisey concluderà il brano distruggendo gran parte delle logiche organizzative che hanno concorso a strutturarlo.

Osservando la Tab. 2 e confrontandola con la Tab. 1, possiamo dare un primo sguardo d’insieme ai principali processi che si ravvisano nel brano. A questi si aggiunge un certo numero di processi di natura più “locale”, di cui si darà conto nel corso dell’analisi. Osservando la Tabella 1 possiamo notare che man mano che si procede nel brano la struttura metrica cambia molto spesso. Solo alcuni cambiamenti, tuttavia, mutano il numero di pulsazioni di ogni sezione, che come sappiamo decresce seguendo la serie di Fibonacci. Se raffrontiamo questo dato all’andamento della velocità di metronomo nel corso del brano, possiamo fare un’importante scoperta. Fino a 26, il metronomo reitera più volte uno stesso processo di accelerazione, che lo porta sempre da ♩=60 a ♩=90. Arrivati a ♩=90, però, si torna bruscamente alla velocità di partenza con la sezione successiva. Ogni volta che il processo si ripete, tuttavia, ad ogni sezione si cresce sempre di più: 4 BPM tra le sezioni 0 e 7, salvo che per il passaggio al numero 7, dove si aggiungono due punti di metronomo per poter arrivare a 90 BPM; 5 BPM tra le sezioni 8 e 14; 6 BPM tra le sezioni 15 e 21. Da 22 a 26 si dovrebbe crescere di 7 BPM per sezione ma si rende necessario crescere per due volte di 8 BPM per poter giungere a ♩=90, il che verrà fatto nelle ultime sezioni per assecondare il generale senso di accelerazione. Come si può notare, il metronomo torna a ♩=60 sempre in prossimità dei cambi metrici che riducono i numero di pulsazioni di ogni sezione.

Tabella 2. Uso delle serie, andamento dei metronomi e moto ascendente o discendente.
Tabella 2. Uso delle serie, andamento dei metronomi e moto ascendente o discendente.

L’andamento dei metronomi, dunque, scandisce le fasi di un processo di progressiva contrazione metrica che, usando le parole di Grisey, produce una sensazione di accelerazione continua, a patto che il passaggio tra una sezione e l’altra sia reso apprezzabile percettivamente. Oltre a questo, bisogna sottolineare che il processo di incremento della velocità di metronomo avviene in tempi sempre più brevi sia per la contrazione delle sezioni che per gli incrementi sempre maggiori in termini di BPM. Infine, questi incrementi maggiorati fanno sì che per passare da ♩=60 a ♩=90 occorra un numero sempre minore di sezioni (cfr. Tabella 2). Reiterare uno stesso processo, di accelerazione per giunta, in tempi sempre più rapidi procura quindi, così come la progressiva contrazione metrica, un’accelerazione costante. La concomitanza tra i riazzeramenti della velocità di metronomo e le diminuzioni nel numero di pulsazioni potrebbe indurci a segmentare il brano di conseguenza, salvo che a partire da 26 tanto il parametro metrico quanto quello metronimico sembrano uscire dalla logica descritta.49 Di questo si darà conto nel corso dell’analisi; per ora ci limiteremo a considerare questa parte, che conclude peraltro il brano, come una macrosezione a sé.

La Tabella 2 permette di confrontare l’andamento metrico e metronomico con altri due importanti parametri, ovvero l’uso delle serie e i cambi di direzionalità dei due strumenti.50 Il passaggio del trombone alla seconda serie a 8 avviene assieme al ritorno del metronomo a 60 BPM, ma il cambio di direzionalità dei due strumenti avverrà solo nel corso della sezione successiva. Il trombone torna alla prima serie a 14 e riprende a suonare in senso discendente, mentre il reset del metronomo avviene a 15, sezione in cui anche il clarinetto cambia direzionalità. Il successivo ritorno del trombone alla seconda serie avviene insieme ad una nuova inversione del moto dei due strumenti, a 22, sempre una sezione dopo rispetto al cambio metrico e metronomico. L’ultimo cambiamento di direzionalità avviene poi a 26, momento in cui sia l’andamento del metronomo cambia improvvisamente logica. Problematica è la zona tra le sezioni 15 e 20, visto che i cambi di direzionalità avvengono intorno al ritorno del metronomo a 60 BPM ma il passaggio alla seconda serie avviene verso la metà della macrosezione.

Nonostante alcuni disallineamenti, ad ogni modo, si ravvisa comunque un certo dialogo tra i parametri considerati. Sembra si possano già individuare delle macrosezioni, ma tracciare un confine netto tra l’una e l’altra risulta problematico. Rimane da verificare se il dato timbrico, dinamico e texturale si adatterà allo schema che stiamo delineando e se ci darà nuovi elementi. Bisognerà quindi procedere ad un’analisi dettagliata del brano, sezione per sezione, che si concentri su questi aspetti e faccia il punto sui molti processi che vi si incontrano.

4.1. La prima macrosezione

La pluralità di timbri, figure ed eventi che saranno messi in luce nell’analisi di questa macrosezione sembra rispondere ad alcune grandi linee di sviluppo. La prima consiste in una progressiva distinzione timbrica, ritmica e a livello di registri dei due strumenti a partire da un unisono. Parallelamente, e in funzione di questo, da una situazione iniziale in cui la scarsità di informazioni ci spinge a proiettare l’attenzione “dentro” il suono, apprezzando le sfumature timbriche più lievi, vedremo accumularsi una certa varietà di timbri, ritmi e figure. Di grande rilievo percettivo è anche il lungo crescendo, che diviene evidente nelle ultime sezioni di questa prima parte ed esplode nell’ottava sezione, preparando l’inizio di una nuova macrosezione.

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Ciò che caratterizza la prima sezione51 del brano è sicuramente il gioco di battimenti, progressivamente sempre più rapidi e protratti nel tempo, prodotti su di un unisono tramite l’introduzione della campana del clarinetto nel padiglione del trombone. Tali battimenti, espressi da appositi segni grafici, sono contrassegnati da alcuni numeri appartenenti alla serie di Fibonacci che sembrano fornire un’indi-cazione di massima, non essendo possibile prescrivere il numero esatto di battimenti da realizzare senza incorrere in errori ed approssimazioni, a maggior ragione quando i battimenti si fanno più veloci. Altri elementi caratteristici sono la poliritmia di ribattuti che, mutata e semplificata, aprirà anche la prossima sezione. Vediamo già che l’inizio di queste sezioni, quindi, viene scandito da alcuni segnali percettivamente importanti, che spezzano l’omo-ritmia e la rarefazione che caratterizza le prime pagine della partitura. La presenza di un glissando lentissimo porterà il trombone a formare, all’inizio della sezione 1, un intervallo di seconda maggiore col clarinetto, passando per varie note intermedie52. È l’inizio di un processo che porterà le due voci, a partire da un unisono, a distanziarsi sempre di più spingendosi fino all’estremo della loro estensione. Abbiamo detto che nella prima sezione figurano 55 pulsazioni, che è un numero della serie di Fibonacci. Ogni volta che si raggiunge un numero di pulsazioni corrispondente ad un numero di tale serie, le note tenute vengono ribattute dai due strumenti. Anche contando il valore di ciascuna di queste note, inoltre, si ha un numero di pulsazioni corrispondente a un numero della serie. Ribattuti sempre più lenti, dunque, che creano un senso di progressiva rarefazione assieme ai battimenti sempre più prolungati. Questa tendenza ad un progressivo affievolimento sonoro nel corso delle sezioni, ottenuto giocando su vari parametri nel corso del brano, è fondamentale per scandire l’inizio delle sezioni stesse e quindi le fasi dei processi in atto. Anche i cambi di dinamica cadono su pulsazioni corrispondenti a numeri della serie, così come, quasi sempre, l’inserimento della campana del clarinetto nel padiglione del trombone o il suo allontanamento (cfr. Es. 6).

Esempio 6. Bb. 1-10 (sezione 0), id., ©Ricordi & C.
Esempio 6. Bb. 1-10 (sezione 0), id., ©Ricordi & C.

La sezione 1 ci presenta alcuni elementi di novità, ovvero la comparsa di suoni completamente soffiati, l’intervallo di seconda maggiore tra i due strumenti e il fatto che, stavolta, sono entrambi gli strumenti a compiere un lento glissando fino a raggiungere, in 2, un intervallo di quinta giusta. Il progressivo allontanamento dall’unisono per moto contrario e, viceversa, il riavvicinamento verso l’unisono dopo aver toccato i registri più estremi costituiscono due processi simmetrici in questo brano, particolarmente importanti per la loro evidenza a livello percettivo. La serie di Fibonacci interviene ancora ad ordinare gli eventi nel tempo ma secondo una logica diversa, ovvero suddividendo la sezione in tre parti. Possiamo infatti notare che ventuno pulsazioni sono occupate da battimenti su accenti omoritmici, tredici dai glissando e ancora ventuno pulsazioni dal poco a poco vibrato del clarinetto, a cui corrisponde un poco a poco Flatterzunge del trombone 53. Per quanto concerne i battimenti, infine, essi sono piuttosto brevi e rapidi e non presentano più una disposizione in crescendo.

L’incipit di 2 viene sottolineato ancora una volta da alcuni ribattuti, che però ora divengono omoritmici e meno rapidi. In tutte queste sezioni i ribattuti si fanno sempre più radi man mano che si procede, fino a terminare su lunghe note tenute. Questo, come detto in precedenza, è utile a segnalare l’inizio di ogni sezione, scandendo le fasi dei processi di contrazione metrica e accelerazione dei tempi di metronomo. A partire da questa sezione il tessuto timbrico è ulteriormente arricchito dal ricorso al Flatterzunge, che accompagna i battimenti, e dal lungo crescendo di battimenti prodotti dai falsi unisoni generati mediante l’uso della voce dentro agli strumenti. Per la prima volta, dunque, i battimenti si creano separatamente in ciascuno dei due strumenti. Di grande importanza, inoltre, è la comparsa della prima acciaccatura – si tratta di un’acciaccatura singola – del brano, la quale introduce un gesto che, inspessendosi sempre di più, sarà fondamentale per realizzare il crescendo di cui si è detto sopra. Anche questa sezione, infine, appare suddivisa mediante numeri della serie di Fibonacci. Il passaggio del clarinetto dal dodicesimo al tredicesimo armonico, enfatizzato dall’accento del trombone dopo il silenzio, divide infatti la sezione in due parti da trentaquattro e ventuno pulsazioni. Dal numero 3, invece, la densità sempre maggiore di eventi e la crescente varietà ritmica renderanno difficile un’articolazione interna strutturata secondo la serie di Fibonacci, che tornerà però più avanti.

Anche l’inizio della sezione 3 è rimarcato da una figura di note ribattute in entrambi gli strumenti, ancora una volta omoritmica salvo per le due biscrome suonate all’inizio dal clarinetto. Tale figura dilata ancora l’intervallo tra i due strumenti da una quinta giusta ad un’ottava. Una novità più consistente è invece rappresentata dal primo multifonico della partitura, che introduce un ulteriore elemento di distinzione timbrica tra i due strumenti. Nella seconda metà della sezione, inoltre, i due strumenti cambieranno altezza in momenti diversi, differenziandosi ritmicamente. Da questa sezione fino alla 7 possiamo notare sempre un simile andamento, con un inizio per lo più omoritmico che cede progressivamente il passo ad una progressiva distinzione dei due strumenti dal punto di vista non solo frequenziale ma anche da quello timbrico e ritmico. Il tessuto sonoro, quindi, si disgrega e si affievolisce man mano che si procede lungo le sezioni.

A ben vedere, troviamo altri processi che avvengono a livello delle singole sezioni. Nel corso di queste prime sezioni, ma anche in altre parti del brano, vediamo la dinamica scendere e poi risalire, di colpo o mediante un rapido crescendo, all’inizio della sezione successiva. Questo, evidentemente, scandisce ogni singola sezione e dà risalto al suo incipit. Parallelamente, come osserva Gómez Márquez 54, a partire da una verticalità armonica si giunge all’inarmonicità prodotta dai battimenti e da lunghi glissando che portano ad una nuova verticalità armonica 55. Anche le verticalità inarmoniche, prodotte dai sempre più frequenti cambi di altezza del clarinetto, si formano dopo che si ha avuto modo di ascoltare per un certo tempo l’intervallo, di carattere armonico, che apre la sezione 56. Tutti questi processi interni alle singole sezioni hanno il compito di scandire le sezioni stesse ma sono anche posti in una linea di sviluppo unitaria. Si reiterano infatti processi analoghi in tempi sempre più brevi – le sezioni si accorciano – e con esiti sempre più pronunciati.

In 4 la quantità e la varietà di informazioni è ormai tale che l’attenzione non può più concentrarsi sulle sfumature timbriche. Scompaiono quindi i battimenti, insieme ai segni che indicano l’introduzione della campana del clarinetto nel padiglione del trombone. Il clarinetto introduce le prime acciaccature multiple del brano, che sono un primo indizio del grande crescendo che caratterizzerà il resto di questa macrosezione. La sempre maggiore varietà timbrica e ritmica, dal canto suo, oltre che alla progressiva distinzione delle due voci può essere vista come funzionale ad un generale senso di accelerazione. In questo senso si può leggere anche l’uso, per la prima volta in questa partitura, di una sordina al trombone.

Se all’inizio di 4 trovavamo un intervallo di ottava tra clarinetto e trombone, con 5 raggiungiamo, proseguendo ancora per moto contrario, una dodicesima. L’allargarsi sempre più rapido dei registri è dovuto al fatto che, come spiegato in precedenza57, il clarinetto ad ogni sezione fa sentire sempre più armonici della serie e, dunque, procede sempre più velocemente verso l’acuto. Entrambe le cose, evidentemente, sono funzionali a rafforzare il senso di costante accelerazione ricercato da Grisey. Da 5 le acciaccature continuano a farsi più frequenti e ad inspessirsi, con un’acciaccatura che arriva a tre note. Il multifonico e il lento glissando del clarinetto rappresentano ulteriori elementi di continuità.

Una certa continuità la troviamo anche in 6, dove troviamo un ulteriore multifonico, ancora più ripetuto e prolungato, insieme ad acciaccature di cinque note. Potremmo chiederci perché, dopo alcune sezioni iniziali piuttosto ricche di novità timbriche e texturali, ci si stia assestando su di un assetto sonoro relativamente stabile. Probabilmente una certa continuità sonora è funzionale a spostare l’attenzione sui parametri (densità, dinamica, dilatazione dei registri, estensione delle acciaccature) a cui è affidato il crescendo. Nel contesto di questa progressiva stabilizzazione texturale, alcuni elementi introdotti dapprima in modo fugace hanno guadagnato progressivamente terreno, compo-nendo un tessuto complesso ma unitario. È quanto accade con i gruppi di note rapidi, diversi dalle acciaccature in quanto non legati e misurati con precise figurazioni ritmiche. Tale elemento è stato introdotto fugacemente in 3 e, da quel punto, ha lentamente guadagnato terreno fino a diventare piuttosto rilevante in 6. Anche la sonorità dei multifonici conquista ancora più spazio, tanto che non ci si limita a suonare un solo multifonico ma se ne presentano ben tre. Del progressivo inspessirsi delle acciaccature multiple, che acquistano un numero di note sempre crescente seguendo la serie di Fibonacci, già si è detto. Esse saranno fonda-mentali nel momento finale del climax, occupando gran parte della linea del clarinetto. Il trombone, dal canto suo, inspessisce questo gesto più lentamente, presentando in genere acciaccature multiple meno frequenti e meno estese. L’ultima vera novità timbrica è rappresentata dal passaggio del trombone da una sordina bol ad una sordina wa-wa. In questa sezione, infine, si può ravvisare di nuovo una suddivisione interna strutturata mediante la serie di Fibonacci. Il clarinetto, infatti, introdurrà il ventunesimo armonico sulla ventunesima pulsazione, per poi passare agli armonici successivi, con una rapida figurazione, sulla trentaquattresima. Nella prossima sezione, invece, il trombone riattaccherà due volte dopo il silenzio con note in fortissimo, precedute da acciaccature, nuovamente sulla ventunesima e sulla trentaquattresima pulsazione.

Abbiamo anticipato in precedenza che, dall’inizio del brano fino a 7, il clarinetto presenta ad ogni sezione un numero sempre crescente di armonici passando per i numeri della serie di Fibonacci (1, 1, 2, 3, 5, 8, etc.). A questo aumento di densità nell’ambito delle altezze corrisponde una densità sempre maggiore a livello dei gesti, in buona parte grazie alle acciaccature multiple, che divengono sempre più numerose e più estese. Proprio con l’inizio di 8 esse raggiungono, per la prima volta, le tredici note in una singola acciaccatura del clarinetto. Questo apice, che verrà superato soltanto poco prima della fine del brano, viene preparato con un ispessimento progressivo di tale gesto nel clarinetto, che passa nel corso di 7 da una a tredici note, sempre seguendo i numeri della serie di Fibonacci58. Anche le durate delle note tenute dal clarinetto, se non si considerano le acciaccature multiple, danno numeri della serie di Fibonacci se si conta il numero di pulsazioni. L’andamento delle dinamiche, dal canto suo, accompagna questo climax giungendo a fff all’inizio di 8. Durante 8 la dinamica ridiscende gradualmente fino a p e con essa si assottigliano sempre di più le acciaccature multiple, seguendo all’inverso i numeri della serie fino a scomparire.

Il ritorno del metronomo a ♩=60, unito ad un cambio metrico che diminuisce il numero di pulsazioni ad ogni sezione (cfr. Tab. 1 e Tab. 2), potrebbe spingerci a considerare la sezione 8 come l’inizio di una nuova macrosezione. Proprio da 8, inoltre, il trombone passa alla seconda serie e inizia il processo di incremento del numero di armonici suonati ad ogni sezione passando per i numeri della successione di Fibonacci, fino a raggiungere i tredici suoni alla sezione 14. Il clarinetto, dal canto suo, aveva terminato questo processo proprio al numero 7. Il mancato cambio di direzionalità delle due voci (cfr. Tab. 2) e la sostanziale continuità a livello texturale della sezione 8 con le precedenti, unite in quanto parte di un medesimo climax, potrebbero invece indurci a individuare nel numero 9 l’inizio di una nuova macrosezione. Questa sezione, inoltre, è preceduta da un segnale forte, cioè un gruppo di otto biscrome per moto contrario tra i due strumenti, che sembra richiamare il moto contrario che ha contraddistinto finora le note lunghe, come a riepilogare in un gesto l’intera macrosezione.59 A questo segnale, tuttavia, segue un momento di sospensione, che termina con un nuovo slancio che introduce un gruppo di sezioni abbastanza compatte. La direzionalità degli strumenti non ci aiuta, poiché se il clarinetto ridiviene discendente all’inizio di 9, un cambio di direzionalità del trombone si percepirà solo all’inizio di 10. 60 La sezione 8, in definitiva, può essere vista come una cerniera tra le due parti. Essa infatti fa esplodere il climax, lo riporta alla calma e prepara un cambia-mento repentino a livello texturale. La sezione 9, dal canto suo, può rappresentare un momento di sospensione, come un intermezzo o un’introduzione di quanto segue.

Esempio 7. Bb. 88-100 (sezz. 7-8), id., ©Ricordi & C.
Esempio 7. Bb. 88-100 (sezz. 7-8), id., ©Ricordi & C.

Prima di procedere oltre sarà utile fare il punto sui principali processi che hanno caratterizzato questa prima parte. Essi sembrano in larga misura conciliarsi con l’idea di una «costante accelerazione». L’aumento della velocità di metronomo ad ogni sezione è in tal senso il processo più evidente ma a questo si accompagna l’aumento del numero di armonici suonati dal clarinetto ad ogni sezione. L’incremento della densità e in particolare la presenza di acciaccature multiple sempre più frequenti ed estese rafforzano, a loro volta, il senso di costante accelerazione.

Dal momento che a questo punto del brano tale accelerazione corrisponde principalmente agli incrementi della velocità metronomica, grande importanza hanno tutti quegli elementi che sottolineano l’inizio di una sezione, su cui ci siamo soffermati in precedenza. Come abbiamo già messo in luce, infatti, in ogni sezione troviamo un decremento dinamico e una nuova risalita, un progressivo affermarsi dell’inarmonicità, un dilatarsi degli accenti e un loro divenire non omoritmici. Questi processi, creando un senso di generale affievolimento e disgregazione del tessuto sonoro, sembrano opporsi localmente alla generale accelerazione. Essi vengono però reiterati in sezioni sempre più brevi e puntualmente troncati dall’inizio di una nuova sezione. Anche il modo in cui, nel corso di quasi tutto il brano, ad ogni sezione viene presentato un numero sempre maggiore di nuovi armonici concorre a creare un’articolazione interna nelle singole sezioni. Mentre infatti quasi sempre il primo armonico viene suonato a lungo, man mano che si procede lungo la sezione si cambia altezza sempre più frequentemente. Per quanto ciò avvenga in modo discontinuo, pure esaminando la linea del clarinetto nella sezione 5 ci si può facilmente accor-gere che durante le prime sei battute abbiamo solo due nuovi armonici, mentre nelle ultime cinque ne abbiamo ben 6 (cfr. Es. 2). Ancora, osservando l’Esempio 1 possiamo notare che nelle sole ultime due battute della sezione 20 vengono suonati dal clarinetto ben cinque nuovi armonici della seconda serie Anche i processi di minor durata, interni alle singole sezioni, appaiono quindi coordinati e legati alla costante accelerazione ricercata da Grisey. Un altro grande processo è sicuramente costituito da una progressiva differenziazione dei due strumenti, resa evidente innanzitutto dal costante moto contrario a partire da un unisono. A ben vedere, clarinetto e trombone si sono differenziati sempre di più anche ritmicamente, timbricamente (per esempio con la comparsa di sordine al trombone e multifonici al clarinetto ma anche con i battimenti, prima prodotti tra i due strumenti e poi separatamente con l’ausilio della voce) e a livello dinamico.61 In generale a partire dall’inizio del brano, in cui siamo portati ad apprezzare microvariazioni di suoni quasi fermi, notiamo una quantità sempre maggiore di informazioni e una crescente varietà, funzionale al processo di divergenza dei due strumenti ma anche alla costante accelerazione ricercata da Grisey. Quanto all’allontanamento per moto contrario, esso ha seguito un percorso obbligato, poiché ha coinciso con un’enumerazione ordinata di tutti gli armonici presentati e numerati a monte. Il processo, infatti, si invertirà ogni volta che si raggiungerà l’ultima altezza disponibile.

Le Tabb. 3, 4, 5 e 7 riassumono i principali processi messi in luce durante nell’analisi delle varie macrsezioni, ad esclusione di quelli messi in luce nelle restanti tabelle (Tabb. 1, 2 e 6). In ciascuna tabella si inseriscono le sezioni necessarie ad offrire un riepilogo di tali processi dal loro inizio alla loro fine. Non si vuole quindi suggerire, come si è detto in precedenza, una cesura netta tra una macrosezione e l’altra.

Tabella 3. Riepilogo dei principali processi della prima macrosezione
Tabella 3. Riepilogo dei principali processi della prima macrosezione

4.2. Seconda macrosezione

La seconda macrosezione, se escludiamo la sezione “cerniera” rappresentata dal numero 8, si apre con una texture rarefatta in cui abbondano note tenute e sfumature timbriche. Tutto questo può ricordarci i momenti iniziali del brano e farci presagire un nuovo processo di inspessimento sonoro e aumento di densità. In effetti, ad una sorta di riepilogo quasi sbrigativo dei timbri proposti nelle prime sezioni del brano, si accompagnerà un nuovo climax, che avrà il suo punto culminante, ancora una volta, al termine della macrosezione. Questa seconda parte del brano, tuttavia, si distingue dalla precedente per alcune novità a livello timbrico e texturale, che faranno la loro comparsa dalla sezione 12. In particolare gli accenti prodotti sul soffio senza riattaccare, contrassegnati da trattini, saranno fondamentali nella seconda metà del brano e particolarmente verso la conclusione. L’allontanamento per moto contrario, inoltre, cede invece il passo ad un riavvicinamento delle due voci, sempre per moto contrario. Infine, da questa seconda macrosezione si iniziano a intravedere dei momenti di periodicità ritmica che, come ci hanno anticipato le parole dello stesso Grisey,62 si faranno sempre più presenti nel corso del brano.

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Le rapide biscrome che precedono la sezione 9, in cui abbiamo visto una sorta di segnale, trovano prosecuzione nelle acciaccature multiple per moto contrario che tra 10 e 13 precedono le diverse sezioni, scandendole. Tutte queste figure, compresa l’anacrusi che precede il numero 9, sono costruite a livello intervallare sugli armonici di varie fondamentali, nella maggior parte dei casi collocate alcune ottave sotto alla nota d’arrivo del trombone, cioè ad armonici della seconda serie.63 Mentre però nel clarinetto gli armonici sono approssimati al semitono come di consueto, il trombone può darne un’intonazione precisa suonando glissando di armonici su diverse posizioni, indicate in partitura. In due casi (inizio di 10 e di 11) la fondamentale è mi, mentre nei restanti casi (inizio di 9 e di 12) abbiamo si e fa ♯, terzo e nono armonico della seconda serie; prima della sezione 13, invece, non si ha un glissando di armonici. A partire dall’inizio di 10, le acciaccature decrescono dalla prima, di otto suoni, fino a quella prima di 14, di una sola nota, seguendo la serie di Fibonacci.64 Questi segnali che scandiscono l’inizio delle sezioni sono enfatizzati da Grisey con due espedienti. Innanzitutto fino all’inizio di 12 tali acciaccature si trovano all’interno di un crescendo dinamico e, oltre a questo, le prime due sono rese più evidenti da glissando per moto contrario, che introducono ancora una volta inarmonicità alla fine delle sezioni. È da notare infatti che questi glissando, anziché scivolare verso l’intervallo che darà inizio alla nuova sezione, se ne allontana avvicinando i registri e rendendo più ampio il salto per giungervi. Questo uso dei glissando, che ritornerà tra le sezioni 14 e 16, enfatizza quindi con ancor più forza l’inizio della sezione successiva.65 Come già è accaduto durante la prima macrosezione, inoltre, tra 11 e 14 la tendenza all’omoritmia che caratterizza gran parte di questa seconda macrosezione si perde progressivamente per poi essere riaffermata energicamente all’inizio del numero successivo, il che scandisce ulte-riormente l’inizio delle sezioni.

Tornando alla sezione 9, essa costituisce il momento di maggior rarefazione sonora dell’intero brano, con lunghe pause e suoni di puro soffio. Tornano, come all’inizio del brano, le notazioni che prescrivono di inserire la campana del clarinetto nel padiglione del trombone e di allontanarla. Si tratta in realtà di una ripresa piuttosto breve e scarsamente avvertibile a livello sonoro. Gli inserimenti, infatti, avvengono su suoni di puro soffio e in due casi su tre avvengono in momenti in cui suona solo il trombone, mentre il clarinetto ha delle pause (cfr. Es. 8). Un elemento che aveva caratterizzato fortemente l’inizio del brano viene insomma brevemente citato, quasi mimato coreograficamente, per scomparire definitivamente dal brano.

Riguardo alla sezione 10, notiamo innanzitutto che il cambio di nota del trombone divide la sezione in due parti secondo numeri della serie di Fibonacci (ventuno pulsazioni in mi; tredici in sol♯). Ricompaiono, inoltre, sia i multifonici che il Flutterzunge. I timbri che all’inizio del brano avevano fatto la loro comparsa con una certa gradualità vengono ora riproposti in modo più frettoloso. Si può dire che il processo iniziale di arricchimento timbrico sta avendo di nuovo luogo ma in una forma più contratta. Il riproporre processi analoghi ma in tempi sempre più rapidi è, infatti, il modo in cui Grisey sembra voler riportare tali molteplici processi ad un processo unitario di accelerazione. Questo “riepilogo” dei timbri quasi sbrigativo, inoltre, lascia presagire qualcosa di nuovo, come vedremo dalla sezione 12. Una piccola novità timbrica, del resto è già presente in questa sezione e nella successiva, in cui si trovano gli unici armonici suonati dal clarinetto in questo brano.

Esempio 8. Bb. 99-102 (sez.9), id., ©Ricordi & C.
Esempio 8. Bb. 99-102 (sez.9), id., ©Ricordi & C.

La sezione 11 mantiene una certa continuità timbrica rispetto alla precedente, in cui emergono tuttavia alcune acciaccature multiple, costruite sulle serie usate rispettivamente dal clarinetto e dal trombone, e la ricomparsa di un’indicazione di sordina bol, che aveva caratterizzato le sezioni da 4 a 6. Il la tenuto dal clarinetto non sembrerebbe far parte di nessuna serie; eppure, a ben vedere, esso corrisponderebbe al sessantesimo armonico della prima serie, uno tra quelli scartati da Grisey. Il la naturale figura inoltre nel brano una e due ottave sotto, giacché il trentesimo ed il quindicesimo armonico sono invece tra quelli che Grisey dichiara di aver adoperato. Anche nel corso delle prossime sezioni si useranno degli armonici esclusi dalla prima serie; la ragione di questa scelta non è chiara 66. Un’ulteriore peculiarità è rappresentata dal fatto che la nota tenuta dal clarinetto non dà un armonico del sol.

La sezione 12 porta due importanti novità timbriche. Il clarinetto vi introduce, per ora sommessamente, i suoni “spezzati” di cui parla la legenda.67 Caratteristico di 12 è inoltre un elemento che sarà particolarmente importante alcune sezioni più avanti, ovvero i molti trattini che indicano un accento dato sul soffio, senza riattaccare. Da questa sezione, infine, si inizia ad intravedere un accenno di periodicità nelle quattro semiminime create da accenti sul soffio, interrotte a metà da un accento in levare. Anche nelle prossime sezioni la periodicità, sempre più evidente, sarà creata per lo più da accenti sul soffio.

Nella sezione 13 vediamo ancora la ricomparsa di due timbri ascoltati precedentemente solo per breve tempo, ovvero la sordina wa-wa al trombone ed un interessante ripresa del growling al clarinetto, in cui, su di un re tenuto, la voce fa dei glissando discendenti sulle note inferiori. Durante questi glissando, sempre più ampi, il trombone suona delle acciaccature multiple poste in crescendo seguendo la serie di Fibonacci. Le ultime due sono costituite di nuovo da glissando di armonici di cinque e otto note, stavolta ascendenti, che fanno sentire con chiarezza lo spettro armonico di mi in contrasto con l’inarmonicità prodotta dal clarinetto. I glissando e le acciaccature, sempre più ravvicinati, producono un notevole effetto di tensione, che sfogherà nella prossima sezione. Il ritorno all’unisono dei due strumenti che si ha in questa sezione, quindi, non deve farci pensare ad un punto di riposo in quanto termine del processo inverso a quello che ha caratterizzato la prima macrosezione 68. La sensazione di una convergenza, infatti, è fortemente limitata dalla persistente varietà ritmica e timbrica che tiene ben distinti i due strumenti. D’altra parte il re che forma l’unisono non solo è raggiunto dal clarinetto con un brusco salto ma è anche arricchito da un multifonico, che vi aggiunge un fa♯, e reso pulsante dai vari cambi di posizione del trombone 69. Non a caso l’unisono viene abbandonato dopo poco all’interno della stessa sezione 13 e le due voci, continuando per moto contrario, si incroceranno.

Esempio 9. Bb. 140-145 (sezz. 13-14), id., ©Ricordi & C.
Esempio 9. Bb. 140-145 (sezz. 13-14), id., ©Ricordi & C.

Con la sezione 14 il trombone torna a suonare sulla prima serie di armonici e inizia a ridiscendere verso il grave. Il clarinetto riprende a suonare gli armonici inclusi da Grisey nella prima serie riproponendoforza, sul decimo armonico della serie (re2), uno di quei multifonici che in legenda vengono definiti “suoni spezzati, che avevano fatto la loro comparsa a 12. Le bande di armonici così prodotte dominano tutta la sezione e danno un repentino slancio verso l’acuto, rimarcando l’inizio della sezione, laddove il growling, invece, aveva esplorato regioni sempre più gravi tramite i glissando discendenti della voce (cfr. Es. 9). In luogo delle acciaccature, inoltre, troviamo al trombone delle rapide note misurate, tutte accentate con altrettante emissioni di fiato, che si alternano a note tenute. L’ascesa che il trombone aveva iniziato con la sezione 9, infine, cede il passo ad una nuova discesa verso il grave. I glissando discendenti del trombone rappresentano un elemento di continuità timbrica con i glissando discendenti ascoltati nella sezione precedente, mentre il Flatterzunge era già stato ascoltato nelle sezioni 10 e 11. Anche gli accenti “sul soffio” concorrono a stabilire un rapporto di continuità con le sezioni precedenti, ancora una volta funzionale, come vedremo, alla realizzazione di un climax.

Il ritorno del metronomo a 60 BPM e il concomitante cambiamento metrico ci inducono a chiederci se a partire da 15 abbia inizio o meno una nuova macrosezione. Con tale sezione si assiste ad un cambio texturale piuttosto importante, mentre in quella precedente la novità era bilanciata da elementi di continuità. È importante notare come ciò coincida con il punto culminante di un crescendo, che si impone percettivamente con una sonorità estremamente aspra e con una dinamica di fff cuivré. Sebbene tale crescendo sia costruito su elementi texturali diversi da quelli del climax della prima macrosezione, pure possiamo ravvisare delle somiglianze. Il trombone, infatti, suona un certo numero di acciaccature multiple sempre più estese e ravvicinate, e raggiunge una nota quasi al limite della sua estensione verso l’acuto (la3) 70. Inoltre, similmente a quanto abbiamo visto alla fine della prima macrosezione, da 15 il clarinetto ricomincerà a suonare ad ogni sezione un numero sempre maggiore di armonici, mentre il trombone ha concluso lo stesso processo suonando tredici note durante la sezione 14, in concomitanza al suo ritorno alla prima serie. Con la sezione 15, infine, il clarinetto riprenderà a suonare in senso discendente. È vero che il trombone aveva invertito la sua direzionalità già dal numero 14, in cui era anche tornato a suonare sulla prima serie, d’altra parte però simili leggeri slittamenti tra i diversi parametri sembrano un fatto comune all’interno di questo brano 71.

Esempio 9. Bb. 140-145 (sezz. 13-14), id., ©Ricordi & C.
Esempio 9. Bb. 140-145 (sezz. 13-14), id., ©Ricordi & C.

Riassumere i processi che hanno contraddistinto la seconda macrosezione è forse meno agevole. Se da un lato il trombone ha incrementato il numero di armonici presentati in ogni sezione proprio come il clarinetto aveva fatto in precedenza, dall’altro abbiamo messo in luce come l’atteso processo di convergenza (frequenziale, di registri, timbrica e ritmica) tra i due strumenti venga in parte eluso. Sull’unisono, infatti, non si rimane che per poco tempo e per il resto della sezione i due strumenti si tengono ben distinti. Sono piuttosto il ritorno all’omoritmia e l’amalgama timbrica all’inizio di 14, per quanto esse si perdano nel corso della sezione, ad anticipare il ritorno ad una fusione tra i due strumenti che può ricordare quella all’inizio del brano. Questo avverrà con la sezione 15, in cui tuttavia il trombone passerà di nuovo all’acuto.

Proprio come in precedenza, invece (da 0 a 8), abbiamo assistito ad un incremento di velocità da 60 a 90 BPM, che poi ha portato ad un brusco ritorno a 60 BPM. La differenza è che il secondo processo di accelerazione, tra 8 e 15, è risultato sensibilmente più veloce sia per la riduzione delle pulsazioni di ogni sezione, sia perché gli incrementi di metronomo sono stati di cinque punti per sezione anziché di quattro, il che ha anche diminuito il numero di sezioni necessarie a raggiungere i 90 BPM. I due processi di accelerazione, insomma, vengono posti in questo modo all’interno di un processo di accelerazione di livello superiore, che riguarda l’intero brano. Da evidenziare, infine, è anche comparsa di una parziale, progressiva periodicità, che si ravvisa soprattutto a partire da 13. Anche l’affermarsi della periodicità, come ci dice lo stesso Grisey,72 costituisce di un processo che unifica l’intero brano.

4.3. Terza macrosezione

Se facciamo cominciare la terza macrosezione con il numero 15, notiamo che tale sezione sembra formare insieme alla successiva una sorta di intermezzo che riprende, grazie all’omoritmia e soprattutto ai battimenti sempre più estesi, la sonorità dell’inizio del brano. Le sezioni successive riprendono, dal canto loro, il climax che ha caratteriz-zato la seconda metà della prima macrosezione. La presenza sempre più preponderante degli accenti sul soffio e la crescente periodicità, invece, legano questa macrosezione a quella che l’ha preceduta.

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La texture decisamente omoritmica che apre la sezione 15 (Es. 8) spezza con quanto precedentemente ascoltato e richiama, invece, le sezioni iniziali del brano e in particolare la 2. Gli incipit delle due sezioni hanno in effetti un ritmo simile, con tre note ribattute e accentate di valore crescente. L’elemento forse più interessante è la ricomparsa dei battimenti, che hanno caratterizzato le prime sezioni del brano. Tali battimenti sono prodotti mediante l’uso del growling, tecnica che era stata impiegata alla fine, di nuovo, della sezione 2. Sarebbe stato strano in effetti se un elemento così caratteristico fosse comparso solo all’inizio del brano, e solo per pochi secondi, per poi venire abbandonato senza trovare una qualche forma di ripresa o sviluppo. L’armonicità della terza maggiore formata da la♭ e do, interpretabili come un quarto e un quinto armonico di un la♭ più grave di due ottave, è turbata da un si ed un si♭ aggiunti mediante la voce. Questo crea una sonorità estremamente “rugosa”, che sembra riprendere ed accentuare le sonorità già incontrate nelle prime sezioni, insieme anche agli ampi glissando per moto contrario che chiudono la sezione (cfr. Es. 10). Ad arricchire ulteriormente il tessuto sonoro intervengono inoltre, nelle sezioni 15 e 16, anche i cambi di posizione del trombone sulle note tenute, simili a quelli visti nel corso di 13.

Con la sezione 16 la terza maggiore si dilata ancora formando una quinta giusta, mentre scompare growling. Tra le due sezioni vi sono comunque elementi di continuità ritmica e timbrica, come i battimenti e i cambi di posizione del trombone, stavolta sulla nota sol. Entrambe le sezioni hanno inoltre una simile struttura: dopo un incipit omoritmico, gli accenti omoritmici si dilatano sempre di più, mentre i battimenti si fanno più lunghi, su note tenute. Al dilatarsi degli accenti iniziali corrisponde poi, in entrambi i casi, un accenno di periodicità. Nel primo caso abbiamo infatti quattro note dal valore di due terzine di croma, mentre nel secondo abbiamo due note dal valore di quattro terzine di croma. Ancora una volta, quindi, le sezioni appaiono scandite dal loro sviluppo interno, oltre che da figure che ne sottolineano l’inizio. A questo proposito, l’acciaccatura di due note al clarinetto, proprio all’inizio della sezione, ci anticipa la ricomparsa di un gesto ormai familiare. Come è accaduto nella prima macrosezione, infatti, all’inizio di ogni sezione troveremo sempre acciaccature multiple che cresceranno seguendo la serie di Fibonacci. I battimenti scompariranno invece nelle prossime sezioni, salvo una timida ripresa – l’ultima del brano – nella sezione 17. Tutti questi elementi, come detto più volte in precedenza, concorrono a scandire l’inizio di ciascuna sezione e quindi anche le fasi del processo di accelerazione metronomica. Di contro alla cospicua varietà ritmica che abbiamo ravvisato in molte parti del brano, dalla sezione 17 le terzine, l’andamento omoritmico e la periodicità prendono decisamente il sopravvento, esaltando un tessuto ritmico fatto, oltre che da note accentate da nuove emissioni di fiato, da un gran numero di accenti prodotti sul soffio, senza riattaccare, indicati con i trattini.

Nonostante il cambio texturale, ad ogni modo, la struttura delle sezioni ricorda ancora quella delle precedenti. Abbiamo infatti un’acciaccatura multipla all’inizio, seguita da accenti omoritmici, in cui vediamo sempre più periodicità, che cedono poi il passo a note tenute, in cui trovano posto acciaccature multiple sempre più estese e sempre più numerose del clarinetto. A spezzare la periodicità sono in genere i momenti in cui gli strumenti si spostano su un nuovo armonico della serie, il che già nella prima macrosezione interveniva a rompere l’omoritmia, o ribattono la nota precedente 73. Contando il numero di trattini presenti in ogni sezione, notiamo inoltre un incremento che segue i numeri della serie di Fibonacci – due nella sezione 15, tre nella 16 e così via fino ai ventuno trattini della sezione 20 74. A quest’aumento di densità corrisponde un incremento dinamico, con forcelle discendenti che iniziano da dinamiche sempre più elevate. La ricomparsa, al clarinetto, di acciaccature multiple che crescono seguendo la serie di Fibonacci 75 concorre, dal canto suo, a creare un climax che ricorda molto quello che è culminato con la sezione 8 76. Proprio come in 8, infatti, la sezione 21 prima fa raggiungere al climax il suo punto culminante, con una dinamica di fff ed un’acciaccatura multipla di ben ventuno suoni – la più estesa del brano – e poi porta questi due parametri ad un graduale ma deciso decremento. Anche l’ampia apertura dei registri, la massima riscontrabile nel brano, fa pensare ad una versione intensificata del climax già visto alla fine della prima macrosezione. Nonostante la tendenza all’omoritmia di questa macrosezione, inoltre, anche in questo caso si può osservare una crescente distinzione ritmica dei due strumenti man mano che ci si avvicina al numero 21, affidata alle acciaccature ma anche al fatto che i due strumenti cambiano altezza o ribattono le stesse note in punti separati. Un’ulteriore, importante analogia tra le sezioni 8 e 21 è il fatto che a partire da entrambe il trombone inizia a introdurre un numero sempre crescente di armonici della serie ad ogni sezione, secondo il processo più volte descritto 77. Lo stesso, come si è detto, fa il clarinetto nelle sezioni che precedono la numero 8 e la numero 21, con l’unica differenza che, in questa macrosezione, durante il processo si passa dalla prima alla seconda serie (cfr. Tab. 2). Come in 21, infine, il metronomo viene riportato a ♩ = 60 per poi risalire nelle sezioni successive.

Come per il passaggio tra la prima e la seconda macrosezione, allora, anche in questo caso potrà essere ragionevole considerare la sezione 21 come una cerniera tra due parti, poiché altri parametri potrebbero dal canto loro indurci a collocare l’inizio di una nuova parte piuttosto al numero 22. Innanzitutto il cambio di direzionalità dei due strumenti avviene anche qui nella sezione successiva a quella che fa esplodere il climax, ovvero alla 22. Inoltre la sezione 22 fa avvertire un’evidente discontinuità a livello texturale e dinamico. Scompaiono infatti le acciaccature multiple, mentre le dinamiche più tenui e i suoni soffiati danno un senso di sospensione simile a quello della sezione 9. Il segnale che precedeva tale sezione è qui ripreso molto vagamente dalle note ascendenti che fanno da anacrusi che precede il numero 22. Le acciaccature multiple per moto contrario alla fine della sezione, invece, introducono anche qui un insieme di sezioni piuttosto compatto. Si tratta tuttavia di una ripresa che perde molto del suo carattere di slancio, in quanto le acciaccature sono realizzate con suoni di puro soffio.78 Un’ulteriore e più sostanziale differenza rispetto a quando osservato in precedenza riguarda invece il passaggio dei due strumenti alla seconda serie. Mentre i cambi di serie erano in precedenza avvenuti per lo meno in prossimità degli snodi formali del brano, ora notiamo più libertà. Osservando la Tab. 2, notiamo infatti che il clarinetto è passato alla seconda serie già nel corso della terza macrosezione. Il trombone, invece, torna alla seconda serie a 22, insieme al cambio di direzionalità, aderendo maggiormente allo snodo formale che abbiamo messo in luce.

Tabella 5. Riepilogo dei principali processi della terza macrosezione.
Tabella 5. Riepilogo dei principali processi della terza macrosezione.

I processi che abbiamo potuto osservare in questa terza macrosezione sono in gran parte già noti. L’incremento della velocità di metronomo si è fatto ancora più rapido, con 6 BPM ogni sezione, mentre le sezioni si sono accorciate quanto al loro numero di pulsazioni (cfr. Tab. 1). Tutto questo, come già abbiamo detto, produce il processo unico di accelerazione che unifica l’intero brano. Il processo d’incremento degli accenti sul soffio, corrispondenti ai trattini sulla partitura, ha poi introdotto un aumento costante nella densità ritmica, sempre funzionale al processo di accelerazione interno alla macrosezione: sempre più trattini in sezioni sempre più brevi. Similmente, l’incremento del numero di nuove altezze suonate dal clarinetto ad ogni sezione, insieme il crescendo di numero e volume delle acciaccature multiple, ha contribuito ad un costante aumento della densità generale, come già accaduto in precedenza. Come nelle precedenti macrosezioni, infine, la progressiva differenziazione ritmica e di registro dei due strumenti ha creato un’articolazione interna alla macrosezione stessa.

4.4. Quarta macrosezione

La quarta macrosezione presenta, come vedremo, un’articolazione interna in tre parti, di cui le ultime (26-31 e 32) due hanno una funzione rispettivamente di conclusione e di coda del brano. La prima parte ricomincerà o continuerà alcuni processi già noti, mentre nella seconda una certa semplificazione texturale si accompagnerà ad un’inaspettata interruzione di tali processi. Questo, assieme ad una discesa al grave e ad un graduale decremento dinamico, darà a questa seconda parte un senso conclusivo, portandoci alla coda del brano.79

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Prima di esaminarla, sarà utile dare per la prima volta uno sguardo globale all’andamento dinamico del brano. Possiamo infatti notare tre grandi curve dinamiche, che consistono in un abbassamento più o meno rapido a partire da una dinamica intensa, seguito da una risalita più graduale 80. I punti di massima dinamica si collocano all’inizio delle sezioni 8, 15 81 e 21, in coincidenza cioè ai ritorni del metronomo a 60 BPM. Un medesimo andamento si ripresenterà tra le sezioni 21 e 26 e poi, come vedremo, sarà riproposto più volte in forma più contratta dalla sezione 26. Anche in questo caso, uno stesso processo si svolge in tempi sempre più rapidi, così che ogni sua ripetizione diventa una fase di un più generale processo di accelerazione 82. È interessante notare come lo sviluppo dinamico descritto può essere visto come una sorta di inversione di quello che ha caratterizzato le sezioni iniziali, caratterizzate invece da un lungo decrescendo seguito da un rapido incremento.

Da 22 anche il trombone si sposta sulla seconda serie, riprendendo a salire all’acuto. Escludendo il quarto armonico, tuttavia, gli armonici pari verranno saltati, il che renderà molto più rapida la risalita all’acuto. Nel frattempo, notiamo un sostanziale ritorno alla texture omoritmica che avevamo già osservato tra 17 e 20, arricchita da alcune acciaccature multiple in entrambi gli strumenti, non omoritmiche salvo quella che precede le sezioni e di non più di tre note. Esse si ridurranno progressivamente fino a scomparire con dal numero 29. Escludendo la sezione conclusiva, infatti, possiamo dire che quest’ultima macrosezione porta allo scoperto nel modo più evidente quel processo generale di accelerazione che, per così dire, è rimasto ad un livello più sotterraneo nel resto del brano. Tutto ciò che non è funzionale ad esso, siano sfumature timbriche o figure caratteristiche, diviene superfluo e viene via via eliminato, perché l’attenzione si concentri tutta sugli elementi che producono tale accelerazione, come gli accenti sul soffio.

Anche qui il numero di trattini cresce di sezione in sezione secondo la serie di Fibonacci, partendo da otto e raggiungendo, a 24, ventuno accenti sul soffio. Anche il numero di nuove emissioni di fiato, contrassegnate dal segno ^ quando non da accenti, sembra mostrare in certi punti un’organizzazione di questo tipo. Tale segno, infatti, appare tre volte a 24, cinque volte a 25 e otto volte a 26. Questo incremento di densità si accompagna ad un graduale crescendo, che raggiungerà uno sfffz nella sezione 26, momento in cui entrambi gli strumenti inizieranno, per la prima volta, a suonare per moto retto in senso discendente (cfr. Es. 11). Si interrompe quindi quel costante processo di allontanamento e ricon-giungimento delle due voci, piuttosto forte a livello percettivo, che aveva caratterizzato il brano fino ad ora.

Esempio 11. Bb. 232-235 (sez.26), id., ©Ricordi & C.
Esempio 11. Bb. 232-235 (sez.26), id., ©Ricordi & C.

Possiamo notare che dalla sezione 22 si riprende il processo di incremento del numero di accenti sul soffio che aveva avuto luogo durante la terza macrosezione. Dopo lo stacco della sezione 21, infatti, si ricomincia da otto trattini per arrivare a ventuno trattini al numero 24. La sezione successiva presenta tuttavia un’irregolarità, poiché di accenti sul soffio ne troviamo ventisette, numero non appartenente alla serie di Fibonacci. Nonostante infatti il trombone rimanga sui ventuno trattini, nella parte del clarinetto ne troviamo ventitré, alcuni dei quali non omritmici rispetto a quelli del trombone. Da questo punto, comunque, ogni sezione continuerà a riproporre ventuno trattini e infine a 30, ultima sezione con questo tipo di attacco, ne avremo ventuno in ciascuna battuta.83 Ancora una volta quindi, e sempre a partire dalla sezione 26, un processo già noto viene riproposto e interrotto. Ancora, le acciaccature multiple di tredici e otto note che danno inizio alle sezioni 23 e 24, per moto contrario e precedute da glissando, sono analoghe a quelle incontrate dall’inizio della decima sezione, se non che in questo caso il processo si interrompe.

È evidente, insomma, che si stanno distruggendo in vario modo molti dei processi che hanno caratterizzato il brano. Qualcosa di analogo succede a partire da 26 anche ad un parametro di grande importanza formale, ovvero all’andamento dei metronomi. Dopo l’arrivo a 90 BPM nella sezione 25, ci aspetteremmo infatti un brusco ritorno a 60 BPM, seguito da una risalita graduale ma ancora più rapida di quella che si è appena conclusa. Il metronomo, però, rimane fermo a 90 BPM nella sezione successiva, per poi scendere a 60 BPM mediante una diminuzione di 10 BPM ogni sezione. Lo stesso processo sarà ripetuto non più in tre diverse sezioni ma all’interno della sola sezione 30, scalando stavolta 15 BPM in ogni battuta. Uno dei principali processi del brano è stato dunque invertito nel suo andamento, oltre che sensibilmente accelerato, giacché si dispiegherà in pochi secondi. I processi di incremento della velocità, infatti, si sono realizzati aumentando il metronomo di 4, 5, 6 e poi 7 BPM. Ora non solo si inizia da 10 BPM ma alla successiva reiterazione del processo si passa bruscamente a decrementi da 15 BPM.84

Anche nel processo di contrazione metrica osserviamo qualcosa di simile. Si è già notato che la sezione 30 cambia velocità di metronomo al suo interno e conta in totale quindici pulsazioni. Questa apparente stranezza è probabilmente di natura per lo più grafica, dal momento che se considerassimo ciascuna battuta come una sezione avremmo tre sezioni da cinque pulsazioni, che corrisponderebbero a diverse velocità di metronomo. La sezione 31, tuttavia, anziché scendere a tre pulsazioni sale di nuovo a otto. Questo prelude alla sezione 32, la coda del brano, in cui come vedremo i cambi metrici saranno imprevedibili e scollati rispetto a quelli metronomici.

Sez. 26Sez. 27Sez. 28Sez. 29Sez. 30, b. 1Sez. 30, b. 2Sez. 30, b. 3
Clarinetto5321321
Trombone3211211
Totale8532532
Tabella 6. Il numero di altezze suonate decresce secondo la serie di Fibonacci.

Tornando al processo di decremento della velocità di metronomo, notiamo che esso è sottolineato dalle dinamiche, che decrescono ad ogni cambio metronomico e risalgono con un rapido crescendo in prossimità dei ritorni a 90 BPM. Quest’andamento, che consiste in un lento abbassamento della dinamica seguito da una repentina risalita, sembra invertire l’andamento dinamico che nel resto del brano accompagnava la discesa da 90 BPM a 60 BPM, salvo che ora i picchi dinamici si hanno quando si raggiungono i 90 BPM e non quando si ritorna a 60 BPM. Ogni volta che il metronomo raggiunge nuovamente ♩ = 90, però, si riparte da dinamiche sempre più contenute (sfffz alla sezione 26, sffz alla sezione 30 e mf alla sezione 31, che interrompe il processo). Questo generale decremento accompagna naturalmente la discesa dei due strumenti, contraddicendo per così dire l’accelerazione degli accenti e sottolineando il carattere conclusivo di questa parte. Esso ci condurrà gradualmente alla generale staticità che contraddistinguerà la sezione finale, interamente costruita sul quarto armonico delle due seconde serie.

Le curve discendenti di cui abbiamo parlato presentano, nelle prime due parti, un parallelo nel parametro delle altezze. Osservando la Tab.3, infatti, possiamo notare che, di sezione in sezione – e di battuta in battuta all’interno della sezione 30 – i due strumenti presentano sia singolarmente che nella loro somma un numero sempre minore di armonici, seguendo la serie di Fibonacci fino ai suoi primi numeri.85 Anche il processo di incremento del numero di altezze suonato ad ogni sezione, dunque, viene invertito. Come possiamo vedere nella Tab. 7, infatti, nel punto culminante della terza macrosezione, cioè al numero 21, proprio come ci si aspetterebbe il trombone aveva ricominciato a presentare un numero sempre crescente di altezze ad ogni sezione in senso ascendente. Questo processo, infatti, si era finora ripetuto ad ogni macrosezione. Singolare infine, sempre parlando di altezza, è anche il fatto che le verticalità, pur chiaramente udibili in un contesto di omoritmia o periodicità, presentano per lo più un carattere di inarmonicità. Anche questo principio organizzativo, dunque, si disgrega. Questa sistematica liquidazione o comunque inversione e manipolazione dei processi che sono stati fondamentali nel resto del brano, unita ad una certa semplificazione texturale e alla mancanza di nuovi elementi, si accompagna molto bene ad una parte di carattere conclusivo, giocata in larga misura sul senso di accelerazione.

È interessante notare, infatti, che il sistematico smantellamento dei processi che hanno strutturato le precedenti parti non vuol dire che non si percepisca più un’accelerazione costante, cosa che avverrà solo con la sezione finale. L’accelerazione è semplicemente affidata a parametri diversi. All’interno di una texture dove prevalgono ormai accenti periodici, dati dagli accenti sul soffio, troviamo infatti prima delle quintine di croma da 22 a 25, poi delle quartine di sedicesimo da 26, delle sestine di sedicesimo a 30 e infine, da 31, quintine e decimine di trentaduesimo che poi diventano un “più veloce possibile” eseguito con il vibrato delle labbra. Gli accenti, dunque, si avvicinano sempre più fino a sciogliersi nel suono continuo che avremo nella sezione 32. A questo si aggiunge che i processi di decremento della velocità di metronomo, che sem-brano contraddire l’idea di un’accelerazione, sono sempre più rapidi. Questo è fondamentale dal momento che proprio la reiterazione di uno stesso processo in forma più contratta aveva, nel resto del brano, prodotto il processo di accelerazione continua. L’accelerazione continua, in definitiva, non si avverte più in processi che mettono in relazione differenti sezioni ben scandite. La texture omogenea e l’estrema brevità delle sezioni fanno sì che tutto si sciolga in un continuum, facendo venir meno progressivamente la stessa suddivisione in sezioni. Il brano finirà infatti con un’unica, lunga sezione, senza partizioni interne.

Se è lecito pensare, insomma, che da 26 ci troviamo in una parte conclusiva del brano 86, l’ultima sezione, la 32, potrebbe rappresentarne una coda. Dopo tante sezioni brevissime, infatti, abbiamo una sezione di oltre due minuti, interamente costruita sui quarti armonici della seconda serie dei due strumenti, posti a distanza di ottava. Questa staticità, rafforzata anche dal permanere di una texture estremamente semplice, ci invita a focalizzare di nuovo la nostra attenzione sulle variazioni timbriche, date dai continui cambi di sordina del trombone. Tutto questo può ricordarci la prima sezione del brano, tanto che i ribattuti del trombone, inframezzati da pause in cui permane la nota tenuta dal clarinetto, potrebbero essere in effetti proprio una reminiscenza dei battimenti della sezione 0 87.

Eppure, mentre i processi delle ultime sezioni si erano fatti sempre più prevedibili, a questa staticità si accompagna una certa imprevedibilità. Nei continui cambi di metro, in particolare, è difficile ravvisare un pattern 88. È vero che il numero di pulsazioni in ogni battuta ci dà numeri della serie di Fibonacci, ma essi, non posti in successione, perdono tutto il loro valore. Lo stesso accade con i ribattuti del trombone, che per giunta sono separati da lunghe pause. Dopo un inizio di ventuno ribattuti – il numero ventuno, non a caso, aveva caratterizzato le sezioni precedenti –, si ripropongono i numeri più bassi della serie in ordine sparso fino ai due ribattuti della penultima battuta. Qualcosa di simile avviene anche con la velocità di metronomo, che viene riportata gradualmente da 90 a 60 BPM. Le riduzioni di velocità avvengono sempre sottraendo sei punti di metronomo, però avvengono ogni volta dopo un numero di pulsazioni sempre diverso, che non lascia intravedere un pattern, per poi fermarsi a lungo a 60 BPM, fino alla fine del brano. Il processo che abbiamo visto a partire dalla sezione 26 viene insomma ripreso in forma dilatata ma anche reso fortemente irregolare, apparentemente arbitrario.

La logica organizzativa del tempo sembra insomma essersi come frantumata; ne vediamo solo alcuni pezzi in ordine sparso e ciò è sottolineato dall’impiego di una diversa sordina ad ogni nuovo gruppo di ribattuti. Le lunghissime pause del trombone inoltre, durante le quali è presente soltanto una nota del clarinetto in ppp, ai limiti dell’udibilità, contribuiscono ulteriormente a spezzare ogni possibile connessione tra un gruppo di ribattuti e l’altro.

Anche il motore che ha organizzato il dominio delle altezze durante tutto il brano si è fermato dal momento che, dopo la discesa iniziata a 26, per tutta la sezione conclusiva entrambi gli strumenti rimangono fermi sul quarto armonico della loro seconda serie 89. La brusca e improvvisa impennata del clarinetto 90 che conclude il brano conta, dal canto suo, venti note – un numero che non fa parte della serie di Fibonacci – che si tramutano gradualmente in puro soffio, la cui altezza è lasciata indeterminata. La regressione di quest’ultimo gesto dalla misura all’irregolarità e all’indeterminatezza si accompagna ad una dinamica di mp che decresce fino al niente.

Tabella 7. Riepilogo dei principali processi della quarta macrosezione.
Tabella 7. Riepilogo dei principali processi della quarta macrosezione.

5. Processi e forma unitaria

La costante riflessione sulla forma che anima l’opera di Grisey passa per almeno due grandi temi, o problemi. Innanzitutto lo spettro armonico, per sua natura, tende alla staticità e rischia di ostacolare il dispiegarsi di una forma musicale. Donde trarre movimento, tensione, contrasto? Spesso Grisey, che pure predilige le durate lunghe, si serve dell’inarmonicità. Essa inoltre, ponendosi in un rapporto dialettico con lo spettro armonico, conferisce a quest’ultimo un maggiore rilievo formale e drammatico. In alternativa lo spettro può venire filtrato in modi differenti, fino a ricavarne delle porzioni che possono differire sensibilmente nella resa sonora. In Solo pour deux una temporalizzazione dello spettro avviene, come abbiamo visto, tramite un’esposizione orizzontale e per così dire analitica dei suoi armonici. È tuttavia il ricorso a due spettri ad introdurre quell’elemento di tensione che permette di delimitare plasticamente sonorità contrastanti. Un secondo problema è rappresentato dalla centralità del processo come mezzo privilegiato per strutturare un brano nella sua temporalità, che viceversa pone il problema di un principio che unifichi la composizione ad un livello superiore. Una musica costituita da una semplice successione di processi giustapposti con gusto, o magari secondo una logica più drammatica che razionale, cozzerebbe infatti col rifiuto dell’arbitrarietà che Grisey persegue, tanto più quando si parla di temporalità.

La presentazione di uno stesso elemento sonoro in diversi ordini di temporalità, fondamentale in un brano composto circa otto anni più tardi come Le Temps et l’Écume 91, sembrerebbe un buon candidato nella ricerca di un collante formale. In Solo pour deux il procedimento non appare così centrale ma, pure, si potrebbe scorgere una parentela tra il processo di esposizione delle serie e le acciaccature multiple, che sono composte grosso modo da una porzione di spettro approssimata al semitono e suonata in modo ascendente o discendente. Ciò è tanto più vero quando si tratta di acciaccature per moto contrario o gesti di natura simile 92. Ancora, i ribattuti periodici che troviamo nell’ultima sezione del brano insieme ad una nota tenuta, potrebbero far pensare ad una dilatazione dei battimenti presenti all’inizio e nella prima metà. Ricordiamo anche, infine, l’ipotesi di una corrispondenza tra l’andamento dinamico “a conca” che accompagna l’andamento dei metronomi e un tipo di inviluppo piuttosto comune nel corso del brano 93. La tecnica descritta, d’altra parte, presenta un carattere per così dire troppo astratto e sotterraneo per orientare in modo immediato l’attenzione dell’ascoltatore.

Se in molti casi l’organicità del brano tra i molteplici processi sembra effettivamente affidata soprattutto a parametri immediati a livello percettivo (dinamiche, trasformazioni texturali e timbriche, etc.), pure non mancano casi in cui si ricorre ad un processo unico di carattere per così dire più astratto. Accanto al caso emblematico rappresentato dal già citato Jour, Contre-jour, 94 anche Solo pour deux si struttura dal canto suo, per usare le parole di Grisey, come un «processo unico di accelerazione» che, come abbiamo visto, consiste principalmente in un progressivo contrarsi nella struttura metrica delle sezioni e negli incrementi sempre più rapidi della velocità di metronomo. Nonostante quindi i vari elementi di ricorsività che abbiamo messo in luce, Grisey sembra interessato, qui come altrove, ad una temporalità lineare e direzionale più che ciclica 95. In questo senso possiamo interpretare anche lo scivolamento da un primo a un secondo campo armonico, reso in certo qual modo graduale dalla loro combinazione durante lo svolgimento del brano.

Un ulteriore aspetto che sembra concorrere a strutturare una temporalità di tipo direzionale è costituito dalla periodicità 96, che dalla terza macrosezione si afferma sempre di più mentre è scarsamente presente nella prima metà del brano, escludendo i battimenti iniziali. È noto che Grisey pone spesso in relazione periodicità e armonicità, riconoscendovi una funzione distensiva, così come i loro opposti assumono una funzione tensiva 97. Certamente la sezione finale di Solo pour deux presenta un’evidente periodicità e armonicità – i due strumenti formano un intervallo di ottava –, per quanto la concomitante frammentazione timbrica introdotta dalle sordine del trombone risulti curiosa in un contesto distensivo.

Nel resto del pezzo, tuttavia, rintracciare queste due coppie sembra farsi a tratti più problematico. Innanzitutto bisogna premettere che in questo brano ci sono due diversi livelli di organizzazione spettrale, uno dato dall’uso delle serie, che temporalizza lo spettro in una successione di altezze, e l’altro riguardante invece le verticalità. Secondo il primo punto di vista il culmine dell’inarmonicità dovrebbero essere quelle parti, situate verso il centro del brano, in cui si usano entrambe le serie. Gómez Máquez, quando parla di armonicità in relazione alla periodicità in Solo pour deux, si basa sul dato verticale: 98 si ha armonicità quando ogni nota del clarinetto costituisce un armonico della fondamentale corrispondente alla nota del trombone, eccezionalmente abbassata di un’ottava.

Dal momento che Grisey ci parla di un processo unitario che va dalla non periodicità alla periodicità, dovremmo aspettarci un parallelo processo dall’inarmonicità verso l’armonicità. Nelle prime sezioni c’è un’evidente armonicità in senso verticale, che però viene turbata da battimenti prodotti in vario modo, ad esempio da lunghi glissando. L’inizio delle sezioni, ad ogni modo, presenta quasi sempre un’evidente armonicità non accompagnata da periodicità. Spostandoci molto più avanti nel brano, alla sezione 15, riusciamo già ad individuare un momento di periodicità, come abbiamo messo in luce durante l’analisi. La quasi totalità della sezione tuttavia, zona periodica compresa, è occupata da battimenti prodotti dall’uso della voce nello strumento, con cui si aggiungono note dissonanti che producono una sonorità decisamente ‘rugosa’. Nonostante la verticalità di partenza sia armonica, vi troviamo in ogni caso meno armonicità di quanta non ne avessimo nelle prime sezioni, che presentavano nei primi secondi quasi sempre verticalità armoniche senza periodicità. Nella sezione precedente, poi, i lunghi glissando del trombone, insieme ai rapidi gruppi di note estranei allo spettro di re dato dal multifonico del clarinetto, sono certamente elementi di inarmonicità. Ancora, è vero che a partire dalla sezione 17 possiamo vedere, globalmente, una sostanziale armonicità verticale unita ad una periodicità sempre più presente. Troviamo inoltre, molto spesso, armonicità accompagnata a periodicità ad inizio sezione, che scompaiono invece con l’approssimarsi della sezione successiva. Dalla sezione 26 tuttavia, cioè nella fase conclusiva del brano, prevalgono verticalità inarmoniche in un contesto di forte periodicità. Già in precedenza, inoltre, la sezione 22, con i suoi suoni di puro soffio, aveva portato un momento di decisa inarmonicità all’interno di una parte di prevalente periodicità e armonicità.

Una corrispondenza troppo puntuale tra periodicità e armonicità avrebbe probabilmente portato ad un decorso formale troppo scontato e limitante a livello timbrico. Solo por deux è un brano che presenta un certo grado di stratificazione e varietà, anche dal punto di vista delle tecniche esecutive. Molti elementi di inarmonicità, a ben vedere, sono legati a tecniche esecutive o gesti caratteristici di questo brano. In conclusione, dovremmo forse chiederci cosa, in questo brano, concorra maggiormente a raggiungere una coerenza e una necessità interna. Il problema è connesso ad un’altra domanda: esiste, nella grande varietà di processi descritti, un rapporto di tipo gerarchico? Lo stesso uso della serie di Fibonacci appare controverso, dal momento che essa viene usata per regolare processi del tutto eterogenei tra loro. Abbiamo visto che nelle prime tre sezioni del brano, ad esempio, essa interviene ad ordinare sempre un diverso parametro temporale (durata delle note tenute e loro inizio su pulsazioni corrispondenti alla serie; articolazione interna della sezione su base texturale; cambio di altezza in uno dei due strumenti) ma mai tutti insieme, quasi in un procedere per tentativi.99

Grisey inoltre parla di una progressiva «liquidazione di durate tratte dalla serie di Fibonacci» ma ciò non vuol dire una scomparsa di tale principio organizzativo. È vero, nell’ultima sezione i numeri della serie vengono proposti non in successione, il che li priva di senso, però nelle sezioni appena precedenti tale serie organizza il numero di diversi eventi all’interno delle singole sezioni. Il punto, a ben vedere, è che non parliamo di durate, come invece accadeva in diverse sezioni tra la 0 e la 8, ma di quantità di eventi in uno spazio di tempo. In ogni caso bisogna osservare che il processo che porta da durate tratte dalla serie di Fibonacci alla periodicità, forse proprio per la sua natura non scalare e difficilmente quantificabile, appare meno regolare e graduale rispetto ad altri processi osservati.

Il più grande principio unificatore sembra essere piuttosto il processo unitario di accelerazione, dal momento che esso coordina altri processi nel corso del brano. L’accelerazione dei metronomi e il loro successivo ritorno al punto di partenza viene ripetuto in forma sempre più contratta, perché avviene con incrementi sempre più ampi ma anche in sezioni sempre più brevi, visto che il loro numero di pulsazioni viene ridotto ad ogni reset del metronomo. Il fatto che il metronomo cresca con un numero sempre maggiore di BPM, inoltre, fa sì che per passare da ♩=90 a ♩=60 ci sia bisogno di un numero sempre minore di sezioni. La reiterazione di un processo forma dunque un processo più ampio, anche per l’intervento di un secondo processo, costante in gran parte del brano. Parallelamente, l’andamento delle dinamiche trova i suoi picchi quando il metronomo si trova a ♩=60. A questi picchi segue sempre, come abbiamo visto, una discesa repentina della dinamica e una graduale risalita che porta ad un nuovo picco. Anche l’esposizione degli armonici che compongono le serie aderisce a più livelli ad una logica di accelerazione costante. A livello del singolo processo, in molti casi troviamo un numero sempre maggiore di armonici in sezioni sempre più brevi; a livello macrostrutturale, la reiterazione del processo, che si cambi serie o meno, avviene in tempi sempre più rapidi per l’accorciarsi delle sezioni. Si tratta di un processo di grande importanza sia costruttiva che percettiva, in quanto coinciderà con allontanamenti e riavvicinamenti delle due voci.

Eppure, questa grande unitarietà è limitata dalla sorta di distruzione delle logiche costruttive del brano, che porta verso la sua fine. Alcuni tipi di processo possono portare con sé il problema della mancanza di un termine teorico del processo stesso. Fino a quando si procederà verso l’acuto? Fino a che punto si accelererà il brano? I limiti percettivi e strumentali hanno aiutato Grisey in questo senso. Tuttavia, i grandi processi del brano sarebbero potuti essere reiterati ancora per diverse volte. Questo ha fatto irrompere un elemento di carattere più drammatico che razionale, ovvero un’arbitraria, sistematica e quasi brutale distruzione dei processi stessi.

Altri processi legati a specifiche parti del brano, infine, così come i vari timbri e oggetti sonori, presentano un maggior grado di dispersione, eterogeneità e arbitrarietà che, d’altra parte, si adatta grosso modo alle principali linee di sviluppo descritte. Lo stesso confluire di molti processi in un processo unico di accelerazione non impedisce che nel brano si possano individuare zone ben delimitabili dal punto di vista texturale, timbrico e figurale. Ad esempio, la riproposizione di un climax costruito in modo molto simile alla fine della prima e della terza macrosezione e, tra questi, la presenza di una seconda macrosezione dove l’attenzione si sposta in gran parte sulla ricerca timbrica, appaiono frutto di scelte di gusto musicale più che concettuali. Esse inducono inevitabilmente l’ascoltatore a segmentare il brano in parti distinte secondo parametri texturali, timbrici e figurali, che non hanno di per sé un legame essenziale con l’accelerazione né con la comparsa della periodicità. Se da un lato tale ripartizione non contraddice i due processi unici di cui parla Grisey, insomma, pure essa sembra mantenere una sua autonomia. A questo si aggiunge il sistematico smantellamento dei processi in atto che porta il brano verso la sua conclusione, che a sua volta sembra delimitare una porzione della partitura rispetto a quanto è venuto prima. In altre parole, la sussunzione delle parti al tutto è solo parziale; le parti mantengono per così dire una loro fisionomia e un loro carattere di spontaneità. In questo senso, come anticipato in precedenza, la felice tensione tra una forma “logica” e una forma “architettonica” che contraddistingue questo brano è risolta solo in parte in favore della prima. Si tratta di una felice tensione, che vitalizza la necessità interna del brano anziché negarla. Proprio in questa adesione della spontaneità alla necessità di una superiore logica d’insieme risiede, probabilmente, la cifra estetica di molta musica di Grisey e non solo.

Riferimenti bibliografici

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Note

  1. L’insieme delle sinusoidi che formano un suono complesso è rappresentabile anche nel dominio del tempo come una forma d’onda. Se la forma d’onda è quindi la somma grafica di molte o di infinite sinusoidi, lo spettro rappresenta l’energia che un segnale complesso presenta in ognuna delle frequenze udibili in un determinato istante.
  2. Bisogna precisare che i suoni prodotti in natura non sono mai perfettamente armonici. Gli stessi strumenti musicali possono avere spettri più o meno vicini ad una piena armonicità. Cfr. ad esempio Frova (2016, pp. 175-177), in cui si mostra l’andamento non del tutto armonico delle parziali nello spettro di un pianoforte a coda, e Hasegawa (2009, p. 352).
  3. Sebbene muoversi sulla serie degli armonici a partire da un suono fondamentale più o meno grave possa garantire una qualche sensazione di consonanza, pure non si può non sottolineare che quanto si ottiene con la tecnica così detta spettrale si discosta notevolmente dai suoni armonici uditi in natura. Mentre in quelli i vari armonici sono composti da sinusoidi, in un brano spettrale ogni armonico è suonato da uno strumento e costituisce dunque, a sua volta, la fondamentale di un’ulteriore serie di armonici.
  4. Cfr. Baillet (2000, pp. 136-152).
  5. Cfr. ivi, pp. 157-166.
  6. Cfr. ivi,, pp. 17-18. La ring modulation, o modulazione ad anello, è una tecnica di sintesi che consiste nel moltiplicare due segnali, detti portante (A) e modulante (B). Se entrambi i segnali sono sinusoidi, il risultato sarà la formazione di due nuove sinusoidi che avranno come frequenza la somma (A+B) e la differenza (A-B) tra portante e modulante. Molto spesso, tuttavia, la ring modulation si usa per elaborare suoni complessi, dunque portanti con altre forme d’onda. In questo caso non solo la fondamentale ma anche ogni parziale sarà moltiplicata per la modulante, il che genererà per ogni parziale due sinusoidi secondo quanto detto sopra. Grisey non usa un modulatore ad anello per elaborare dei suoni ma si ispira a tale procedimento di trasformazione del segnale per ricavare, a partire da due o più altezze, delle nuove altezze secondo una logica autogenerativa (cfr. Baillet, 2000, p. 17 e p. 43).
  7. Cfr. ivi, Cap. 4.
  8. Cfr. ivi, p. 69 e pp. 81-82.
  9. «Formalmente, Solo pour deux è un processo unico di accelerazione continua e di inesorabile comparsa di pulsazioni periodiche attraverso la progressiva liquidazione di durate tratte dalla sequenza di Fibonacci» (cfr. Grisey et al.,2005).
  10. Cfr. Baillet (2000, p. 22, trad. mia).
  11. Cfr. ivi, p. 72, trad. mia.
  12. Con i puntini indichiamo il fatto che la sezione aurea è un numero irrazionale.
  13. Composizioni di tutte le epoche sono state analizzate tramite la sezione aurea in numerosi studi. Un esempio piuttosto celebre ci è dato da Guillaume Dufay, che nella Lamentatio Sanctae Matris Ecclesiae Constantinopolitanae gestisce l’entrata del tenor, il passaggio da un tempo ternario ad uno binario e le diverse frasi del testo secondo rapporti di sezione aurea (cfr. Vardell Sandresky, 1981). Dell’uso della sezione aurea nell’articolazione formale di La Mer di Debussy si occupa invece Howat (1983). Per quanto riguarda Bach rimandiamo infine a Sylvestre & Marco (2011). Non mancano, ovviamente, studi che si occupano dell’uso della sezione aurea durante il periodo classico. Per quanto riguarda il Novecento, dopo Bartók (cfr. Lendvai, 1971) autori più recenti come Karlheiz Stockhausen, Sofija Gubaidulina e Luigi Nono ne hanno fatto uso in alcune loro composizioni. È utile sottolineare che, in molti di questi casi, l’uso della sezione aurea coincide di fatto con quello della serie di Fibonacci, dal momento che si interviene sul numero di battute – dunque su numeri interi – più che sulla durata assoluta del brano. Grisey stesso tornerà ad usarla, benché in modo molto più circoscritto e meno sistematico, in Vortex Temporum (Cfr. Baillet, 2000, p.229).
  14. Userò in questa analisi il termine sezione nel modo più neutro, per delimitare le parti che Grisey individua nella partitura assegnandogli dei numeri cerchiati. Tali segmenti hanno una natura piuttosto disomogenea vista la loro lunghezza molto variabile, che muta significativamente da un minuto circa a pochi secondi. Per non generare confusione, mi riferirò invece agli snodi formali del brano come alle sue macrosezioni.
  15. Sul concetto di processo cfr. infra, §4.
  16. Con questo non si vuole dire che l’ascoltatore sia in grado di contare e memorizzare il numero di note di ciascuna acciaccatura, così come in un’opera architettonica non si misureranno esattamente i metri che compongono ciascuna parte. Quello che si produrrà è semplicemente, accettando l’assunto per cui la sezione aurea conserva la sua efficacia percettiva anche nell’ambito uditivo e temporale, l’impressione di una felice proporzione tra le parti.
  17. Di queste note apparentemente estranee diremo nel prossimo paragrafo. Bisogna anche precisare che vanno escluse dal conteggio le ripetizioni di armonici già ascoltati all’interno dell’esposizione della serie. Tali ripetizioni, comunque, avvengono per lo più in modo fugace e in passaggi rapidi.
  18. In realtà la ventunesima nota, cruciale in quanto rappresenta il punto di arrivo anche dell’esplorazione verso l’acuto della prima serie, arriverà all’inizio alla sezione successiva. Questa piccolo ritardo può avere lo scopo, insieme all’esplosione del crescendo all’inizio dell’ottava sezione, di enfatizzare tale punto d’arrivo.
  19. È possibile indicare l’esatta intonazione delle altezze corrispondenti agli armonici di una fondamentale solo in modo approssimativo con il nostro sistema di notazione. Per avere un’idea della reale intonazione dei primi armonici di una serie si può osservare la Figura 1, in cui viene indicato in cent quanto ogni altezza si discosta dal suo corrispettivo temperato.
  20. Cfr. Gómez Márquez (2015, p. 15).
  21. Per la precisione parliamo delle posizioni “standard”, cioè raggiungibili senza l’uso della ritorta, che aggiunge altre posizioni ed amplia verso il grave l’estensione dello strumento.
  22. Cfr. Adler (2008, p.385).
  23. Si potrebbe pensare che l’omissione di quasi tutti gli armonici pari a partire dal ventitreesimo abbiano a che fare con le proprietà timbriche del clarinetto. Nello spettro del clarinetto vediamo effettivamente una grande differenza di ampiezza tra gli armonici dispari, molto pronunciati, e quelli pari, estremamente attenuati. Questo tuttavia è evidente soprattutto nei primi armonici, mentre il clarinetto parte dal decimo armonico della serie. Quando il trombone suona la stessa serie, invece parte dal quarto e suona tutti gli armonici per poi tagliare quelli tra l’undicesimo e il diciassettesimo, cosa che non trova corrispondenza nello spettro del trombone e neppure del clarinetto. In genere l’ipotesi di un filtraggio degli armonici della serie aderente allo spettro dei due strumenti non sembra trovare corrispondenza.
  24. Il fatto che in questo brano non vengano mai udite le fondamentali ma solo i primi armonici di queste (il terzo nella prima serie; il quarto nella seconda) non costituisce un grande problema, se pensiamo che uno spettro può rimanere riconoscibile anche omettendo non solo alcuni dei suoi armonici ma persino la stessa fondamentale. Questa capacità di riconoscere un pattern incompleto avviene grazie ad un fenomeno detto mascheramento, di cui si dà una spiegazione sintetica in Parncutt (1988), pp. 69 e 75.
  25. Questo modo di trattare la serie degli armonici, legato qui anche a necessità connesse all’organico del brano, è simile a quanto si ritroverà più di dieci anni dopo in un brano per due voci e orchestra come L’Icône paradoxale. La differenza è che, in quest’ultimo caso, si può parlare più propriamente di scala in quanto Grisey si prende la libertà di spostare gli armonici scelti anche nelle ottave inferiori (Cfr. Baillet, 2000, p. 88 e p. 203).
  26. In alcuni punti del brano, particolarmente quando diversi armonici vengono suonati rapidamente, Grisey si prende alcune licenze rispetto all’ordine della serie. È quanto avviene durante le sezioni 7 e 14, rispettivamente al clarinetto e al trombone. Si tratta tuttavia di momentanee increspature che lasciano comunque percepire con chiarezza la generale direzionalità ascendente o discendente.
  27. Negli Ess. 1 e 2 si può vedere in concreto parte del processo di esposizione degli armonici, che ho contrassegnato con dei numeri (cfr. n. 18). Nell'Es. 1 (sezioni 20-21), inoltre, si può osservare che il trombone suona sulla prima serie e il clarinetto sulla seconda, mentre negli Ess. 3, 4 e 5 (sezione 10) avviene l’opposto.
  28. In realtà la percezione di tale nota è limitata dal fatto che essa costituisce la nota più grave di particolari multifonici, ottenuti spezzando il flusso d’aria all’interno del tronco dello strumento, che producono una banda di armonici. Seguendo la nomenclatura della legenda fornita da Grisey, ci riferiremo a questi multifonici come a “suoni spezzati”, per non confonderli con i multifonici di tipo più comune, che si trovano molto spesso nel brano. Anche la resa sonora di queste due tecniche è, del resto, piuttosto diversa.
  29. È interessante notare che tali suoni comuni si formano con armonici della prima serie piuttosto distanti dalla fondamentale. Come abbiamo già sottolineato gli armonici più acuti di una serie formano intervalli molto stretti, tanto da saturare per così dire ogni tono con varie sfumature microtonali. Se consideriamo che, in un ambito di musica suonata, non avrebbe senso notare precisamente i cent ma bisogna arrotondare distinguendo un numero limitato di microtoni, allora diventa chiaro che in due serie costruite su fondamentali molto distanti si creeranno numerosi unisoni tra la regione quasi-diatonica della più grave e la zona oltre il quarantesimo armonico – e parzialmente già da prima – dell’altra.
  30. Questo equivale a dire che l’armonico suonato dal clarinetto viene abbassato di una o due ottave, il che, come spiegato in Rose (1996, pp. 9-10), è un procedimento che altrove serve a Grisey per introdurre un leggero grado di inarmonicità. In Partiels, osserva Rose, si raggiunge un’inarmonicità sempre maggiore spostando gradualmente alcuni armonici di ottava. Si tratterà di un’inarmonicità leggera perché le parziali che danno le varie ottave della fondamentale in uno spettro armonico sono le più numerose e, particolarmente nel range dei primi armonici, quelli che generalmente hanno più ampiezza. Avremo quindi, tra le prime parziali, la nota nella sua ottava “giusta”. Lo spettro del clarinetto, tuttavia, attenuando fortemente proprio il secondo e il quarto armonico, aumenta in linea di principio l’inarmonicità introdotta da tale tecnica.
  31. Cfr. Gómez Márquez (2015, p. 28), in cui si usa una terminologia analoga, e cfr. infra n. 98. Bisogna far presente che, analizzando brani di Grisey per compagini strumentali più ampie, questa distinzione potrebbe non avere senso in molti casi. All’interno di verticalità più complesse i singoli intervalli hanno poco peso, mentre ne ha il rapporto di ciascuna nota con la fondamentale, che d’altra parte può non essere presente in ogni istante del brano senza che venga meno l’effetto d’insieme – sulla possibilità di percepire uno spettro in mancanza della fondamentale, cfr. n. 24. In Solo pour deux, al contrario, abbiamo nella maggior parte dei casi verticalità formate da un singolo intervallo e questo in un contesto in cui i due spettri, ricostruiti analiticamente in senso orizzontale, nota per nota, sono percepibili in modo assai meno immediato.
  32. Nel corso di questa trattazione intenderò, parlando di quinte giuste, le quinte pure che si intonano seguendo gli armonici. Se è vero che gli strumenti a intonazione non fissa – ma anche gli strumenti a tastiera nella musica antica – tendono anche nella musica tonale ad aggiustare l’intonazione su intervalli puri, in un brano spettrale a maggior ragione non ci si riferirà mai agli intervalli temperati ma sempre a quelli ricavati dalla serie degli armonici.
  33. Per semplicità, parlerò da qui in poi di verticalità armoniche anche quando la nota più acuta darà, rispetto alla fondamentale data dalla nota più grave, un armonico abbassato di una o due ottave. Per lo meno esaminando le verticalità omoritmiche, si tratta comunque di casi eccezionali. All’inizio delle sezioni 2 e 16 l’intervallo di quinta, quello che si trova tra un secondo ed un terzo armonico, appare funzionale ad un allontanamento graduale dei registri. Anche in Gómez Márquez (2015, pp. 24-25 e p. 48) l’intervallo di quinta giusta viene considerato armonico, sottolineando che ad inizio fase si hanno intervalli armonici «en mayor o menor grado». Solo all’inizio della sezione 7, invece, troviamo un intervallo che possiamo considerare armonico solo considerando la nota del trombone come un quarto armonico e quella del clarinetto come un quarantacinquesimo armonico.
  34. In tutta quest’analisi farò riferimento, dove non indicato diversamente, alle note suonate del clarinetto, non a quelle scritte che si trovano in partitura.
  35. In diversi brani di Grisey accade che uno dei primi armonici di uno spettro diventi la fondamentale di un nuovo spettro, i cui armonici vengono spesso approssimati al semitono. Ciò può succedere per intere parti del brano, come in Transitoires, o per un tempo più breve. La sovrapposizione dei diversi spettri così formati è in genere evitata ma pure la si riscontra in Modulations. Il fatto che in Solo pour deux questo procedimento si applichi a buona parte delle verticalità presenti è certamente un dato interessante, connesso alla presenza di due spettri sovrapposti ma anche all’organico. La possibilità di suonare, salvo in presenza di multifonici, solo due armonici simultaneamente, assieme al fatto che si udranno nel corso del brano solo le ottave delle due fondamentali e solo sporadicamente, ha verosimilmente indotto Grisey a rafforzare la sonorità spettrale generale giocando sulle singole verticalità. Inoltre, il fatto di dover gestire verticalità per lo più di due note fa sì che il clarinetto disponga di un certo numero di soluzioni per suonare armonici delle fondamentali date dal trombone rimanendo all’interno della serie che sta esponendo in senso orizzontale.Per una trattazione della tecnica decritta nell’opera di Grisey si rimanda a Baillet (2000, pp. 86-88) e, ivi, ai capitoli dedicati all’analisi delle opere.
  36. È forse interessante sottolineare che questa organizzazione delle verticalità non coincide in tutti i casi con una ricerca di consonanze in senso tradizionale. Negli esempi esaminati e in altri luoghi della partitura possiamo infatti trovare intervalli di carattere microtonale come una sesta minore o una settima minore “strette”. Nei due casi presi in esame è forse utile ricordare che il monesis costituisce un’approssimazione rispetto agli intervalli prodotti dagli armonici. Tale approssimazione, davvero minima nel caso dell’undicesimo armonico (48,68 cent contro i 50 del monesis) è comunque accettabile anche per quanto riguarda il tredicesimo (40,52 cent contro i 50 del monesis).
  37. Due fondamentali a distanza di terza hanno molti meno armonici in comune ma, soprattutto se la terza è pura, ve ne sono diversi anche vicini alla fondamentale. Oltre al fatto che il quarto armonico (due ottave sopra la fondamentale) del secondo suono coincide con il quinto armonico della prima, notiamo che il dodicesimo armonico del suono più acuto corrisponde quasi perfettamente, a livello di intonazione, al quindicesimo del suono più grave. Il ventesimo armonico del suono più acuto, invece, forma un unisono quasi perfetto con il venticinquesimo del suono più grave. Se il suono è a distanza di decima, si ha la stessa corrispondenza già dal secondo, dal sesto e dal decimo armonico della seconda serie, dunque gli armonici in comune aumentano.
  38. L’approssimazione degli armonici di una fondamentale al semitono non è rara nella musica di Grisey. Se ne fa uso, più o meno frequentemente, in Périodes, Modulation, L’Icône paradoxale, Temps et l’Écume e in altre opere (cfr. Baillet 2000, pp. 83-87 e, più in dettaglio, nei capitoli dedicati all’analisi delle opere).
  39. Ciò è mitigato solo parzialmente dal fatto che Grisey, come abbiamo detto, salta alcuni armonici nelle sue serie. Dal ventesimo armonico troviamo in ogni caso, arrotondando le altezze, il totale cromatico già saturato.
  40. Ogni volta che in una serie di armonici compare un’altezza, quella stessa altezza figurerà anche in tutte le ottave superiori.
  41. Ricordiamo a tal proposito che, come spiegato nel paragrafo precedente, il numero di altezze presentate ad ogni sezione in senzo ascendente è regolato nel corso del brano, e nelle sezioni in questione, dalla serie di Fibonacci.
  42. Cfr. Gómez Márquez (2015, p. 26 e p. 42).
  43. In Gómez Márquez (2015, p. 26) si afferma che l’organizzazione delle verticalità di cui si è detto richiede, qui e in altri brani di Grisey, un’approssimazione al semitono della fondamentale per facilitare «la scrittura e anche il lavoro degli interpreti». Tuttavia, come si è visto, in molti casi le note ad essere approssimate sono le note più acute. Inoltre, ci si potrebbe chiedere se in un brano per soli due strumenti, adatti per giunta a intonare microtonalmente, il fatto di suonare intervalli in cui la nota più grave devii dall’intonazione ordinaria costituisca davvero una difficoltà insormontabile. Gómez Márquez si riferisce al caso già citato della sezione 3, in cui due la♭ a distanza di ottava vengono approssimati al semitono. Ebbene, due note a distanza di ottava e tenute a lungo non avrebbero potuto essere intonate entrambe circa un terzo di tono sotto? È vero che in quasi tutto il brano il trombone evita di suonare note intonate microtonalmente in omoritmia con il clarinetto, dunque per così dire di passaggio. Dalla sezione 26, tuttavia, assistiamo ad un gran numero di verticalità formate omoritmicamente in cui ci sono note del trombone che deviano dall’intonazione ordinaria, talvolta contemporaneamente al clarinetto. Tra questi intervalli, in molti casi inarmonici, troviamo ad esempio re↓-mi o la‡-sol♯, assieme ad alcune seste maggiori (p. es. do↓-la↓), di più facile intonazione ma comunque non quanto un’ottava. Usando note di una o anche di entrambe le serie si potrebbero formare intervalli armonici e apparentemente meno problematici dal punto di vista esecutivo.
  44. Come si legge in Grisey – Molinari, Dierksen, Ensemble S (2005), citato in Gómez Márquez (2015, p. 12), l’idea iniziale di Solo pour deux venne a Grisey proprio ascoltando una conferenza in cui la professoressa Michèle Castellengo ipotizzava che la maggior parte dei multifonici del clarinetto dessero una porzione di spettro di una fondamentale assente. Benché ciò non sia vero in tutti i casi, pure Grisey trovò che molti multifonici potevano essere usati in questo senso. Per una trattazione più diffusa sulla genesi di questo brano e sui multifonici del clarinetto rinviamo a Gómez Márquez (2015, pp. 12-14). Sul tema della compenetrazione di timbro e armonia si rimanda invece a Baillet (2000, pp. 16-17).
  45. Come si osserva in Gómez Márquez (2015, p 19, p. 31 e p. 41), l’uso delle diverse sordine altera lo spettro del trombone. Per un’analisi accurata di questo aspetto, e di come il clarinetto sembra interagire con questi cambiamenti timbrici, rimandiamo a tale studio.
  46. Bisogna considerare tuttavia che lo spettro del clarinetto è povero di armonici pari, che danno all’inizio della serie le ottave della fondamentale, mentre al contrario è ricco di armonici dispari, che danno all’inizio dello spettro intervalli corrispondenti a quinte giuste, terze maggiori pure, settime minori calanti di circa 30 cent e none maggiori, chiaramente trasposti alcune ottave verso l’acuto. Queste parziali risultano abbastanza compatibili allo spettro del trombone se i due strumenti sono a distanza di quinta, oltre che di ottava e di unisono. Infatti gli armonici che danno la quinta e le sue ottave sono intonati in modo quasi temperato, così come quelli che danno la nona maggiore. In altre parole, il quinto armonico del clarinetto e le sue ottave si fonderanno con il nono del trombone e con le sue ottave. Un discorso analogo vale per il decimo armonico del clarinetto, calante di circa 13 cent rispetto al corrispettivo temperato, che si fonderà con il quindicesimo armonico del trombone, calante di circa 11 cent. Tra gli armonici di due spettri a distanza di una terza o di una decima maggiore invece le corrispondenze sono meno ma si rimanda comunque a quanto osservato in n. 37.
  47. Il tipo di processo descritto è trattato in Baillet (2000, pp. 49-50), che lo definisce «evoluzione discontinua in fasi successive». Rifacendosi a Baillet, Gómez Márquez sostiene che «Solo pour deux è un esempio di questa classe di processi» (cfr. Gómez Márquez, 2015, p. 10). Per una discussione del concetto di processo e una ricca classificazione delle sue tipologie nell’opera di Grisey, si rimanda al Cap. 5 del testo sopra citato di Baillet.
  48. Cfr. n. 9.
  49. Questo è il modo di procedere seguito in Gómez Márquez (2015). Esso appare certamente solido ed ha il pregio di suddividere il brano in parti tracciando confini netti con una logica unitaria, per lo meno fino alla sezione 26. A partire da tale sezione egli cerca di basarsi sempre sui cambi metronimici, per quanto essi siano ormai non siano più coordinati con l’andamento metrico. Questo lo porta a suddividere poco più di quattro minuti di brano in tre parti, seguendo criteri comunque pertinenti ma inevitabilmente più arbitrari. La presenza, inoltre, di altri parametri rilevanti a livello costruttivo e percettivo, come l’uso delle serie, la direzionalità degli strumenti e i cambi texturali, ci hanno indotto ad uno sguardo più problematico verso l’andamento formale del brano.
  50. Bisogna precisare che talvolta i cambi di direzionalità avvengono nel corso delle sezioni e non già dalla prima nota. Nella sezione 14, in particolare, la prima nota del trombone continua il processo di salita all’acuto, mentre il processo di ridiscesa inizierà solo con la quinta battuta. Si è collocato inoltre alla sezione 9 l’inizio della risalita all’acuto del trombone, benché non vi si trovi che un breve glissando ascendente, peraltro alla fine della sezione, solo lievemente percepibile in quanto fatto su un suono di puro soffio. Il fatto che in quest’analisi si rinunci in alcuni casi a tracciare un confine netto tra le diverse macrosezioni del brano, tuttavia, può rendere questo tipo di dettagli non sostanziali.
  51. Come emerge già osservando la Tab.1, la partitura di Solo pour deux è suddivisa da Grisey in 32 parti di lunghezza molto variabile. Per non creare confusione chiariamo che il numero uno indica la seconda di queste parti e, per tanto, ci riferiremo alla prima come al numero zero.
  52. Nel corso della partitura incontreremo diverse note apparentemente estranee alle serie. Come spiegato nel paragrafo dedicato all’organizzazione delle altezze in questo brano, esse si giustificano molto spesso o con l’esigenza di creare battimenti tramite falsi unisoni, come in questo caso, o in quanto note di passaggio di glissando molto lenti.
  53. Cfr. Gómez Márquez (2015, p. 23).
  54. Cfr. ivi, p. 25.
  55. La seconda maggiore che si forma all’inizio della sezione sembra costituire un’eccezione rispetto a quanto detto, poiché risulta inarmonica salvo considerare il re del clarinetto un nono armonico di do abbassato di ben quattro ottave. Certo, essa risulta comunque più armonica rispetto a quanto la precede e a quanto la segue, ma il vero motivo potrebbe essere che, per rendere graduale il processo di allontanamento delle due voci, non si poteva saltare già con la sezione 1 ad un intervallo più ampio.
  56. Dalla sezione 3 alla 7, le verticalità inarmoniche formate da cambi d’altezza del clarinetto, sfasati rispetto agli accenti dei ribattuti del trombone, occuperanno una parte sempre più ampia della sezione, mentre l’intervallo iniziale occuperà meno tempo. Questo modo di procedere ricorda quanto si descrive in Baillet (2000, pp. 55-58), ovvero il processo di «trasformazione simmetrica di due oggetti sonori». È interessante che il primo esempio proposto da Baillet sia tratto proprio da Jour, contre-jour, opera come abbiamo visto cronologicamente prossima a Solo pour deux. Anche in quel caso si tratta di segmenti divisi in due parti e si assiste ad un processo che, pur con qualche differenza di articolazione, porta al contrarsi dell’elemento più esteso e al dilatarsi di quello più breve.
  57. Cfr. §2.
  58. Cfr. §2.
  59. Cfr. Gómez Márquez (2015, p. 37).
  60. Cfr. n. 50.
  61. Il processo che abbiamo descritto rientra, secondo la terminologia di Baillet (2000), in un processo di divergenza che coinvolge vari parametri. A questo proposito sarà utile osservare che la differenziazione ritmica che sembrerebbe potersi ravvisare nelle figure che danno inizio alle prime due sezioni è, dal canto suo, per lo più apparente in quanto la velocità degli accenti rende difficile la differenziazione dei due timbri a livello percettivo. Per la trattazione di questo tipo di processo si rimanda a Baillet (2000, p. 58).
  62. Cfr. n. 9.
  63. Come abbiamo spiegato in §3, spesso le note del trombone vengono trattate come fondamentali il cui spettro viene sviluppato in verticale dal clarinetto tramite multifonici, acciaccature multiple o note singole. Ricordiamo che gli armonici che vi si costruiscono possono essere abbassati di una o, più raramente, di due ottave, come nel caso dell’acciaccatura che precede il del fa♯ all’inizio della sezione 12.
  64. Troviamo in realtà un’acciaccatura singola anche prima della sezione 14, eseguita però solo dal trombone.
  65. Alla fine della sezione 16 l’effetto sarà ancora più forte perché i glissando, prodotti con la voce nello strumento, produrranno crescenti battimenti fino all’inizio della sezione 17.
  66. Il do♯ della sezione 12 corrisponde al trentottesimo armonico della fondamentale della prima serie, un’ottava sopra al diciannovesimo. Il re della sezione 13 corrisponde invece ad ventesimo armonico. Entrambe le altezze figurano nella tavola fornita da Grisey all’ottava inferiore (diciannovesimo armonico e decimo armonico).
  67. Cfr. n. 28.
  68. Come accennato in precedenza (cfr. §3), si ha l’impressione che il quattordicesimo armonico della seconda serie, il re che qui viene suonato dal trombone, sia stato eccezionalmente approssimato al semitono per rendere possibile l’unisono con il ventesimo armonico della prima serie dopo il lungo processo di riavvicinamento dei due strumenti. Non risulta quindi chiaro perché Grisey abbia dichiarato nella tavola degli armonici di non voler usare questo armonico della prima serie.
  69. Cfr. Gómez Márquez (2015, pp. 42-43), in cui si spiega come Grisey non fosse interessato a dei falsi unisoni; le varie posizioni non dovrebbero, insomma, variare l’intonazione.
  70. Il fatto che la sezione 15 si apra con una dinamica di fff feroce potrebbe farci pensare che il punto culminante del climax non sia all’inizio di 14. Eppure la decisa riduzione nella densità e nella quantità di informazioni, i ribattuti su note che si trovano in una tessitura meno estrema, la scomparsa della sonorità aspra delle bande di armonici prodotte dal clarinetto e la ricomparsa dei battimenti conferiscono a questa sezione una sonorità percettivamente meno incisiva.
  71. È da osservare a questo proposito che lievi slittamenti tra i parametri possono contribuire, se ben gestiti, a dare ancora maggior risalto all’inizio di una nuova parte del brano, tanto che ne vediamo anche in ambito tonale.
  72. Cfr. n. 9.
  73. Cfr. supra, §4.1. e n. 56.
  74. Il metodo con cui vanno contati i trattini presenti in una sezione può non essere il più intuitivo visivamente ma è senz’altro quello più coerente col dato psicoacustico. L’obiettivo è contare tutti gli accenti sul soffio percepiti, dunque si sommeranno tutti i trattini di entrambi gli strumenti contando però come un solo trattino quelli presenti simultaneamente in entrambi gli strumenti.
  75. L’incremento presenta una piena regolarità se si guardano alle acciaccature all’inizio di ogni sezione. Anche durante le note tenute tuttavia, verso la fine delle sezioni, troviamo un numero sempre crescente di acciaccature. Anche in queste ultime si intravede un pattern: due note, poi tre, cinque, otto e poi, nella sezione 20, si riparte da tre e si arriva a tredici, precedendo con un ultimo rapido crescendo l’acciaccatura di ventuno note che dà inizio alla sezione 21.
  76. Cfr. Es.1, in raffronto con Es. 7.
  77. Si può notare una piccola peculiarità in quanto avviene tra la sezione 8 e la sezione 10. È vero che contando il numero di note da esso suonate ne vediamo una a 8, una a 9, due a 10, tre a 11 e così via seguendo la serie di Fibonacci. In questo processo di esposizione della seconda serie, tuttavia, il quarto armonico viene suonato sia a 8 che a 10, in quanto a 9 si scende fino al terzo per poi risalire verso l’acuto.
  78. Si tratta di una citazione quasi solo visiva, poiché il suono di puro soffio rende poco percepibile la direzionalità delle note diteggiate. Questo ricorda la ripresa, durante la sezione 9, delle notazioni che indicano l’inserimento e la rimozione della campana del clarinetto nel padiglione del trombone (cfr. supra, §4.2).
  79. Le peculiarità che la parte che va tra le sezioni 26 e 31 presenta potrebbero indurci a considerarla una macrosezione a sé. Così si procede in Gómez Márquez (2015), che suddivide il brano in sei sezioni considerando la parte in esame e la sezione finale come sezioni autonome – non si utilizza in questo caso il termine macrosezione. Nonostante le motivazioni non manchino, in quest’analisi si è ritenuto di dare un certo rilievo anche ad altri parametri, come la prevalente continuità texturale e il permanere di entrambi gli strumenti sulla seconda serie. Anche la durata alquanto breve delle parti che vanno da 21 a 26 e da 26 a 31, inferiore al minuto, mi ha indotto ad accorparle, pur riconoscendovi una chiara articolazione. Ritengo d’altra parte che la ripartizione di un brano in sezioni, per quanto possa costituire un momento importante in un lavoro di analisi, pure non ne costituisca il fine.
  80. Gómez Márquez – cfr. Gómez Márquez (2015, pp. 54-55) – interpreta quest’articolazione dinamica, che ricorre ciclicamente, come la dilatazione temporale di un tipo di inviluppo dinamico usato molto frequentemente nel corso del brano. Nel corso delle sezioni 7 e 8, ad esempio, o ancora nel crescendo tra le sezioni 18 e 21, molto spesso si ha un attacco deciso, seguito ad un repentino decremento dinamico (per esempio fffppp), a cui segue un lento crescendo. Potremmo aggiungere che questo tipo di inviluppo si trova in momenti importanti a livello formale e più volte troviamo nell’opera di Grisey procedimenti volti a dilatare nel tempo di un evento sonoro (cfr. Baillet 2000, pp. 185-198). Nonostante queste considerazioni, tuttavia, credo che la presenza di tale andamento dinamico accanto a diversi altri non permetta di andare oltre l’ipotesi.
  81. In realtà si è osservato in precedenza (cfr. n. 70) come l’inizio della sezione 14 abbia tendenzialmente un maggiore impatto percettivo rispetto all’inizio della sezione successiva, nonostante in entrambi i momenti si abbiano dinamiche importanti – fff cuivré alla 14; fff feroce alla 15.
  82. Ad ogni ripetizione il processo descritto, così come quello che riguarda i tempi di metronomo, si articola in tempi molto più brevi. A questo punto del brano quindi, considerando le durate che si ricavano dai metronomi, il processo dura meno di un minuto, contro gli oltre sei minuti tra l’inizio e il primo ritorno a 60 BPM. Per quanto concerne le durate assolute all’interno del brano cfr. n. 99.
  83. Questo è un ulteriore conferma di ciò che è stato già detto in §1 e che si argomenterà ancora poco più avanti, ovvero che le tre battute che compongono la sezione 30 sono da considerarsi come tre sezioni, accorpate graficamente in partitura per un fatto di brevità.
  84. Si può anche osservare che, perché sia possibile ravvisare un pattern, un tale processo deve avere luogo per almeno tre volte. Solo così possiamo accorgerci, ad esempio, che ad ogni ripetizione si hanno incrementi sempre maggiorati di un BPM (4 BPM, 5 BPM, 6 BPM, etc.).
  85. Cfr. Gómez Márquez (2015, p. 62).
  86. Precisiamo che anche qui è presente una sorta di lieve disallineamento dei parametri osservati, poiché uno dei processi osservati viene interrotto già da 25.
  87. Cfr. Gómez Márquez (2015, p. 67).
  88. Ci si può accorgere che le parti senza ribattuti danno un numero di pulsazioni che cresce secondo la serie di Fibonacci. È evidente però che la totale assenza di accenti in queste parti, unito al fatto che esse coincidono sempre a cambi di metronomo, rende impossibile percepire una qualche regolarità, tanto più che esse sono separate dalle battute con i ribattuti del trombone.
  89. Ricordiamo che la seconda serie, nel clarinetto, si trova trasposta un’ottava sopra rispetto a quella del trombone.
  90. Le tredici note segnate in nero di quest’ultima acciaccatura multipla sono tutte ricavate da armonici della seconda serie, arrotondati al semitono come di consueto.
  91. Cfr. Gérard Grisey, Intervista con Ivanka Stoïanova, Edizioni Ricordi, Parigi, 1990, p. 22-23, citato in Baillet (2000, p.25): «pensa alle balene, agli uomini e agli uccelli. Se si ascoltano i canti delle balene, sono così diffusi che quello che sembra essere un gigantesco gemito allungato e senza fine è forse per loro solo una consonante. Vale a dire che è impossibile con la nostra costante di tempo percepire i loro discorsi. Allo stesso tempo, ascoltando il canto di un uccello, si ha l'impressione che sia molto acuto e agitato. Perché ha una costante di tempo molto più breve della nostra. Difficile per noi percepire le sue sottili variazioni timbriche, mentre lui ci percepisce, forse, come noi percepiamo le balene [trad. mia]».
  92. È il caso della figura che dà avvio alla sezione 9.
  93. Cfr. n. 80.
  94. Bisogna precisare, tuttavia, che anche in questo caso la dialettica tra inarmonico e armonico viene sottolineata da parametri timbrici, frequenziali e di registro. Il processo dall’inarmonicità iniziale all’accordo spettrale al centro del brano coincide con un passaggio da pochi flebili suoni sovracuti ad un sonoro accordo che coinvolge tutti i registri e tutta l’orchestra. Analogamente, il nuovo passaggio all’inarmonico è anche una caduta verso il registro gravissimo e verso dinamiche tenui realizzate da pochi suoni.
  95. Cfr. Programme Radio France, “Journée Gérard Grisey, Perspectives du XXéme siècle”, 15 marso 1980, datato 1979, citato in Baillet (2000, p.11): «Sembra che ci siano due tipi di apprensione del tempo: uno, direzionale, è il tempo irreversibile della biologia, della storia, del dramma, il tempo 'occidentale'; l’altro, non direzionale, è il tempo dell'inconscio e delle droghe psicotrope, l’eterno presente della contemplazione, il tempo “orientale”. La musica che scrivo è decisamente e consapevolmente inscritta nel primo tipo di apprensione [trad. mia]».
  96. Grisey, nel libretto precedentemente citato (cfr. Grisey et al., 2005) sembra dare molto rilievo formale a questo parametro. Ciò che è singolare è che, prendendo in considerazione l’intera partitura, non sembra di scorgere la gradualità che si ritrova generalmente in un processo regolato. Prima di 10 osserviamo una sostanziale aperiodicità, mentre da 17 la periodicità è già prevalente e lo diventerà sempre di più. È soprattutto tra queste due sezioni, quindi, che ci sembra di poter collocare il grosso del processo trasformativo, salvo per la discontinuità rappresentata dalle sezioni 15 e 16, di cui si è detto sopra.
  97. Cfr. Baillet (2000, p.12).
  98. Cfr. Gómez Márquez (2015, p. 28). Qui Gómez Márquez ci dice che l’armonicità all’inizio della sezione 4, in cui il do (re scritto) del clarinetto è interpretabile come il terzo armonico del fa suonato da trombone, si perde nel momento in cui il clarinetto introduce note diverse, che non sono più parziali armoniche del fa grave. Gómez Márquez, quindi, sembra definire pienamente armonici due suoni non solo quando condividono una fondamentale – clarinetto e trombone stanno comunque suonando armonici della stessa serie in questa parte del brano – ma quando il più acuto corrisponde ad un armonico del più grave. Ci sono poi, per Gómez Márquez come per Rose (cfr. n. 30), diversi gradi di inarmonicità. Il multifonico che il clarinetto suona alla seconda battuta, infatti, presenta note corrispondenti ad armonici di una fondamentale posta stavolta un’ottava sotto al fa del trombone e questo riduce il grado di armonicità della verticalità.
  99. Non è stata per lo più riscontrata, invece, un’organizzazione delle durate assolute mediante la serie di Fibonacci o, come sarebbe forse più appropriato in questo caso, mediante la sezione aurea. Considerando la durata ideale del brano, basata cioè sulle indicazioni di metronomo, si può constatare che né alla sezione aurea né ai due terzi della durata complessiva vi sono eventi significativi. Il rapporto 3:2 è stato considerato non solo perché presente nella serie di Fibonacci ma anche, e soprattutto, perché tale è il rapporto tra la minima e la massima velocità di metronomo presente nel brano. Considerando come cesure i ritorni del metronomo a 60 BPM, notiamo invece che il secondo segmento, dalla sezione 8 a alla 14, è la metà del primo. I due segmenti hanno infatti una durata di sei e tre minuti ma con il segmento successivo, lungo 1:42, il pattern non prosegue né si individuano rapporti di sezione aurea. Anche la durata interna di tali segmenti non mostra eventi significativi nei punti corrispondenti ai rapporti esaminati. Se pure suddividessimo in altre modi il brano, ad esempio includendo la sezione 8 nella prima macrosezione (cfr. §4.1), non si otterrebbero comunque risultati significativi. Rapporti apprezzabili tra durate assolute, tuttavia, si possono riscontrare tra le sezioni in cui il metronomo è a 60 BPM, i cui numeri di pulsazioni decrescono seguendo la serie di Fibonacci su una velocità di metronomo identica, e tra la prima e l’ultima sezione dei processi di accelerazione del metronomo. Se il numero di pulsazioni è stabile, infatti, una sezione a 60 BPM durerà i due terzi di una a 90 BPM. Sull’attenzione di Grisey, durante questa fase della sua produzione, al tempo più come susseguirsi di pulsazioni che come un continuum di durate assoluta, cfr. §1.